lunedì, luglio 30, 2007

Altro successo per l’ Under 19.

Come per l’ Argentina il Mondiale Under 20, per la Spagna è un po’ il giardino di casa questo Europeo Under 19. Negli ultimi 6 tornei disputati, 4 vittorie (2002 con Reyes, Torres e Iniesta, 2004 con Sergio Ramos e Silva, 2006 con Piqué e Mata, infine 2007). Vittoria anche in quest’ ultima occasione, nonostante la rosa (menomata anche dalle assenze di giocatori eleggibili ma impegnati con l’ Under 20 come Mata, Bueno, Adrian, Sunny e Diego Capel) sia probabilmente la meno dotata fra tutte quelle vincitrici negli ultimi anni, e nonostante un gioco certo non molto brillante. I momenti di gioco gradevoli (soprattutto contro il Portogallo e nella prima mezzora con la Francia) son stati sovente vanificati da un attacco sterile (Aaron crea, Nsue distrugge), ma la Spagna ha saputo comunque reggersi su un collettivo più che mai coeso e su un’ eccellente fase difensiva, solo 1 gol subito (però 4 gol fatti in 5 partite sono una vera miseria).


Il cammino

La prima gara del girone è con i padroni di casa dell’ Austria: gioco mediocre, centrocampo un po’ piatto e appesantito nella sua azione, così per risolvere la gara ci si deve affidare all’ estro del Deus ex-machina Aaron Ñíguez, che con due spunti tanto isolati quanto devastanti porta a casa la vittoria: prima fugge sulla sua fascia, la sinistra, e serve Azpilicueta per l’ 1-0, poi va in gol da solo con un’ azione memorabile: spalle alla porta, controlla si gira entra in area inventa un sombrero la palla non tocca mai terra e finisce nel sacco con un sinistro angolato sul secondo palo: da non credere ai propri occhi.
La partita col Portogallo è la migliore in termini di qualità di gioco, ma non viene premiata dai tre punti: la Spagna domina il campo, passa con Aaron su rigore, sciupa sin troppe occasioni, ma paga una disattenzione su calcio piazzato con l’ 1-1 del capitano portoghese Carriço.
Nell’ ultima del girone con la Grecia, alle due squadre basta il pareggio per qualificarsi entrambe, e questo come si può immaginare mette su un chiaro sentiero la partita. Per un’ ora comunque si gioca sul serio: all’ iniziale controllo spagnolo subentra nel secondo tempo il predominio dei greci, i quali addirittura mettono a rischio la qualificazione iberica quando Sanjosé regala un’ evitabilissimo calcio di rigore. Mitroglou però, una delle stelle dei greci (assieme a Papasthatopoulos, Pliatsikas e al diciassettene talento del Panathinaikos Ninis), rifiuta sdegnato il regalo, calciando debolmente fra le braccia di Felipe Ramos. Dopo quest’ episodio, uan stucchevole melina fino al fischio finale che manda visibilmente in collera gli sventurati presenti al Linzner Stadion.
La semifinale con la Francia è invece il trionfo della tensione e dell’ equilibrio: la Spagna parte a cento all’ ora, Aaron colpisce la traversa e lo sciagurato Nsue si mangia di tutto, poi però anche la Francia prende le misure, e inquieta soprattutto con la velocità del suo attaccante migliore, Kevin Monnet-Paquet. L’ equilibrio comunque non si smuove fino ai calci di rigore, dove risulterà decisivo l’ ingresso del secondo portiere spagnolo Asenjo al posto dell’ infortunato Felipe Ramos.
Asenjo gioca anche la finale, gara stavolta più che mai seria con la Grecia (sorprendente ed eroica vincitrice nella semifinale con la Germania). Seria però non vuol dire necessariamente bella: gli sbadigli non si contano, e in mezzo a un gioco spezzettato, una Spagna rimaneggiatissima (fuori Javi Martinez, Montoro e Modrego, praticamente il centrocampo titolare, anche la Grecia comunque lamenta le assenze di Pliatsikas e Papastathopoulos) trova la chiave per la vittoria grazie alla malandrinata di Parejo, che sorprende un censurabile Stratilatis su una punizione da posizione defilata sulla fascia sinistra. Il secondo tempo è di pura rinuncia per la Spagna: cede palla ai greci, e senza soffrire troppo si assicura il trofeo.


La squadra

----------------------------Felipe Ramos--------------------------------

-Pablo Gil-----------Echaide------------Sanjosé--------------Cantero-

-----------------------------Modrego------------------------------------
------------Javi Martinez------------------Montoro--------------------

-Azpilicueta------------------Nsue-------------------------------Aaron--


Santisteban ha proposto un 4-3-3, sempre mutevole negli uomini però, dati i numerosi contrattempi fisici e disciplinari e l’ intenzione del tecnico di far partecipare tutti e 18 i convocati (per questo lo schema presentato sopra lascia il tempo che trova, di fatto Santisteban ha potuto schierare tale undici soltanto nelle prime due gare). Poco continua nel controllo del gioco, questa Spagna ha saputo mantenersi a galla grazie alla disponibilità al sacrificio di tutti e undici i giocatori, diligenti e generosi nel rientrare dietro la linea della palla in fase di non possesso.

In porta, titolare fino all’ infortunio nella semifinale con la Francia, il madridista Felipe Ramos, non molto impegnato ma parso sobrio e affidabile soprattutto fra i pali. Vulcanico invece il suo sostituto in corso d’ opera, il 18 enne del Valladolid (quest’ anno sarà terzo portiere dietro ad Alberto e Butelle, si alternerà con la squadra B, ma il futuro dovrebbe essere suo) Sergio Asenjo, già portiere della super-talentuosa Under 17 edizione 2006. Sfrontato fino all’ eccesso, è uno di quei portieri che possono anche rischiare la paperaccia nel nobile intento di dare sicurezza totale alla loro difesa, ma pare sapersi imporre sulle uscite alte nella sua area, e non esita nemmeno a buttarsi con gran coraggio sull’ avversario lanciato a rete. Gran fisico, molto agile e reattivo fra i pali, con due rigori parati è stato l’ eroe nella semifinale con la Francia. Potenzialità che indubbiamente risaltano, anche se occorrerebbe una visione più attenta del giocatore prima di compromettersi con giudizi affrettati.

Difesa a 4 di notevole solidità: a destra Pablo Gil (Albacete), terzino eccellente nell’ aspetto difensivo. Rapido, duro e deciso nel tackle, buon tempismo negli interventi, molto attento ai movimenti della linea difensiva, l’ emergenza ha portato Santisteban ad impiegarlo sul centro-sinistra in finale, e anche lì Pablo Gil ha saputo disimpegnarsi al meglio. Della coppia di centrali, a dispetto delle doti di partenza, ha convinto di più Echaide (Osasuna, ha già assaggiato la prima squadra) del maggiormente reclamizzato Mikel Sanjosé (il Liverpool lo ha fregato all’ Athletic Bilbao, che pareva contare molto su di lui). Concretissimo il navarro, non certo un esempio di eleganza con la sua curiosa postura ingobbita, ma efficace in ogni intervento, roccioso nei contrasti, affidabile nel gioco aereo, raramente fuori posizione e sempre pronto a dare la copertura in seconda battuta ai compagni di reparto.
A Sanjosé non mancano certo le qualità (fisico slanciato, colpo di testa, forza e tecnica non disprezzabile), ma in alcuni momenti gli ha fatto difetto la concentrazione, intempestivo o ingenuo in alcuni suoi interventi (come il rigore regalato alla Grecia nella gara del girone, poteva costare carissimo). Col procedere della competizione, ha comunque assestato su livelli soddisfacenti le sue prestazioni, impiegato oltrettutto nel ruolo di centrocampista davanti alla difesa nella finale, con risultati non disprezzabili non solo in termini di protezione del pacchetto arretrato, ma anche di visione di gioco e pulizia di tocco. Molto continuo sulla sinistra l’ espanyolista Javier Cantero, sicuramente il più propositivo dei 4 difensori. Spesso in sovrapposizione, buono in accelerazione ma un po’ meno sulla lunga distanza, dialoga bene coi compagni e propone discreti traversoni.
Primo rincalzo per la difesa Victor Diaz (giocherà nel Sevilla Atlético, unica filiale presente nella prossima Segunda), terzino destro cui le tante assenze hanno concesso il privilegio di disputare la finale (Pablo Gil al centro, Sanjosé davanti alla difesa: ecco trovato lo spazio).

Nelle prime due partite ha fatto un’ impressione ottima Javier Modrego (Valladolid, probabilmente resterà anche l’ anno prossimo nella squadra B), giocatore determinante per gli equilibri della squadra. Davanti alla difesa, grande intelligenza tattica e continuità d’ azione, tanti i palloni intercettati e rigiocati con criterio. Infortunato Modrego, lo ha sostituito come vertice basso Angel Montoro (Valencia, forse verrà dato in prestito da qualche parte), uno dei giocatori più interessanti della rosa.
Un po’ troppo bloccato nel ruolo di mezzala nelle prime due partite, la contemporanea presenza sua e di Modrego, due giocatori di posizione, appiattiva forse eccessivamente l’ azione del centrocampo, perciò il valenciano è piaciuto di più davanti alla difesa, ruolo che interpreta con caratteristiche abbastanza diverse da quelle di Modrego: Montoro è infatti il classico centrocampista elegante e compassato, dall’ ottima visione e dal lancio ben calibrato, uno di quelli che devi pressare sin dal primo minuto per impedirgli di ragionare. Fisicamente ben messo, ha anche un destro insidioso dalla distanza. Espulso per doppia ammonizione nella semifinale con la Francia, ha buoni margini di miglioramento.
La stella di questa Under 19, assieme ad Aaron, era però sicuramente il bilbaino Javi Martinez, la cui già consistente esperienza in Primera è stata ricompensata con la fascia di capitano. Anche lui assente per squalifica nella finale, ha disputato un Europeo ampiamente sufficiente, ma deve a mio avviso incidere molto di più per quelle che sono le sue reali, enormi potenzialità.
Non gli manca assolutamente nulla: forza fisica? Ce l’ ha. Dinamismo, resistenza e impegno in fase difensiva? Abbondano. Tocco di palla, geometrie e rifinitura? Non difettano. Tiro da fuori? Se si concentra, può tranquillamente arrivare a 6-7 gol stagionali. Gioco aereo? Quando salta nell’ area avversaria, ostacolare i suoi chili e i suoi centimetri è una vera impresa. Ha tutto per diventare il grande centrocampista universale che manca al calcio spagnolo dai tempi del miglior Baraja, deve solo imporre la sua legge: Caparros è il tecnico ideale per crescere.
Costretto agli equilibrismi dalle assenze, Santisteban ha dovuto riciclare nel ruolo di mezzala sia Azpilicueta nelle due partite con la Grecia che Carlos Martinez detto “Carletes” nella semifinale con la Francia. Carletes gioca nell’ Albacete, è una seconda punta-centrocampista offensivo di ridotta statura (di qui il nomignolo), cui sicuramente non mancano rapidità e vivacità, ma che con altrettanta certezza deve migliorare sul piano puramente tecnico. Mezzala di ruolo è invece Dani Parejo, vero eroe della finale con la sua astutissima e decisiva punizione. Giocatore di ottime qualità tecniche, ama cercare il dialogo palla a terra e svariare sulla trequarti ed è dotato di un destro molto sensibile e di buone intuizioni in rifinitura. Quasi certamente verrà aggregato da Michel nel Real Madrid Castilla retrocesso in Segunda B.

Parlare dell’ attacco significa soprattutto parlare di Aaron Ñiguez, responsabile unico del settore “creatività” in questa Under 19 più sostanza che fantasia. Diciotto anni, un vero funambolo, il Valencia ha fra le mani una perla assoluta e aspetta di vederla maturare nella prossima stagione, in prestito in Segunda all’ ambizioso Xerez. Santisteban lo ha fatto partire largo a sinistra, ma le caratteristiche son quelle della seconda punta: gran cambio di ritmo, strepitose doti di palleggio (il gol all’ Austria non è casuale: è il suo numero preferito divincolarsi tra gli avversari senza far toccare terra al pallone), va via in dribbling con facilità sfruttando oltre all’ esplosività la grande abilità nell’ eseguire il doppio passo e la possibilità di calciare con tutt’ e due i piedi, aspetto che aumenta l’ incertezza dei difensori avversari, i quali non sanno infatti se Aaron cercherà il fondo o se convergerà verso il centro per il tiro. Ha infatti un eccellente destro (deve però migliorare nelle punizioni), ma sa coordinarsi bene anche quando calcia l’ altro piede, sia che si tratti di conclusioni al volo o da difficile angolazione. Ovviamente va ancora un po’ sgrezzato, perché delle volte si fa prendere dalla foga, parte a tutta birra senza calcolare le distanze oppure si abbandona a qualche giocata poco pratica.
Prima punta, Emilio Nsue Lopez (Mallorca, nel giro della prima squadra): dispiace fare queste considerazioni, ma probabilmente era il punto debole di questa nazionale. Ottime potenzialità atletiche, generoso al massimo, prezioso nel gioco spalle alla porta e nell’ aprire varchi ai compagni con il suo costante movimento orizzontale lungo tutto il fronte d’ attacco, però è un centravanti, e gravissima risulta la totale assenza di killer instinct, oltre a una tecnica rivedibile. Ci si può comunque lavorare sopra, a 18 anni la strada è ancora lunghissima e aperta ad ogni esito.
A destra, César Azpilicueta (Osasuna, ha già esordito in prtima squadra, anche in Coppa Uefa, da titolare contro i Rangers), molto più tornante che vera e propria ala. Tecnicamente non più che sufficiente, l’ uno contro uno non ce l’ ha proprio, e le sue virtù risiedono soprattutto nel contributo di generosità e dinamismo che sa offrire alla squadra. Intelligente nei tagli e negli inserimenti senza palla, quando è stato impiegato come interno di centrocampo non ha fatto mancare un apporto prezioso nel pressing.
Alternativa più offensiva di Azpilicueta è Carlos Coto (canterano del Barça passato ai belgi del Mouscron), classica ala specializzata nelle accelerazioni e negli uno contro uno, magari un po’ troppo fumoso e discontinuo. Meno esplosivo di Coto, ma più dotato sul piano del palleggio (ha delle giocate interessanti nello stretto), l’ espanyolista Zamora, cui Santisteban ha concesso qualche scampolo a partita in corso.
Altro elemento dell’ Espanyol, ma recentemente traferito al Real Madrid Castilla, è il centravanti Jesus Berrocal, che in numerose occasioni ha dato il cambio a Nsue: classico combattente d’ area di rigore, sempre pronto a sgomitare e a farsi valere sulle palle alte.

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sabato, luglio 21, 2007

Spagna Under 20, beffati sul più bello.

Il post è chilometrico, leggetelo con calma.


Proprio quando gli esaltanti 120 minuti negli ottavi col Brasile, rimonta da 0-2 a 4-2, sembravano aprire la strada ad un tabellone in ampia discesa verso la finale, ai ragazzi di Ginés Meléndez è andata di traverso la Repubblica Ceca, ai quarti e nel modo più amaro, ai calci di rigore.
Classica partita-trappola quella coi cechi, e gli spagnoli ci son cascati con tutt’ e due i piedi. Gli avversari sul piano tecnico non reggevano neanche il confronto, ma la loro tattica ultra-ostruzionistica (è francamente una tristezza vedere in finale una squadra che gioca con l’ unico obiettivo di arrivare ai rigori) ha reso la partita tremendamente spigolosa, complice una Spagna dai ritmi esgeratamente bassi, soprattutto nel sonnolento primo tempo.
Così vanno le cose, passa il tempo e chi si accontenta di poco prende fiducia, mentre chi ha tutti i pronostici dalla sua sente sempre più mancare il terreno sotto i piedi. Adan decide di fare la prima e unica papera del suo Mondiale, e stavolta l’ ennesimo scatto d’ orgoglio (oltre alla rimonta col Brasile, quella con l’ Uruguay, da 0-2 a 2-2, testimonianze di un notevole spirito di squadra), col pareggio di Juanin Mata, non serve a scampare i calci di rigore, senza che peraltro fosse mancato qualche piccolo dispetto dalla sorte, come i legni colpiti da Adrian (a porta vuota!) nei tempi regolamentari e da Piqué nel supplementare, o il diagonale di poco a lato di Bueno proprio all’ ultimo secondo del secondo tempo supplementare. Quella sorte che, al di là di un collettivo sicuramente più coeso rispetto agli irrazionali verdeoro, aveva ad onor del vero dato una buona mano alla Spagna negli episodi decisivi col Brasile (1-2 di Piqué di braccio e in fuorigioco, ingenuità dei brasiliani+furbata di Javi Garcia sul 2-2 a pochi minuti dal novantesimo).
Le citate impennate d’ orgoglio e la qualità dei singoli hanno compensato una scarsa continuità dei ritmi e dell’ intensità di gioco, accompagnata soprattutto nelle gare del girone con Uruguay, Zambia e Giordania da ricorrenti cali di tensione e distrazioni difensive inattese per chi dall’ Euro Under 19 dominato l’ anno scorso si ricordava questa come una squadra completa, bella da vedere ma al tempo stesso molto solida difensivamente. Il modulo e la filosofia di gioco, seppure interpretati con alterne fortune, son stati quelli di sempre: 4-2-3-1, possesso-palla insistito nelle zone interne alternato a frequentissimi cambi di gioco (sfruttando anche l’ abilità nei lanci di Piqué) a cercare gli esterni, larghi e incisivi, la nota dominante e probabilmente il punto forte di questa nazionale.
Al di là del deludentissimo responso del campo, rimane un potenziale fra i migliori delle nazionali giovanili degli ultimi anni (assieme a mio avviso all’ Under 17 arrivata terza nell’ Europeo del 2006), con non poche possibilità di affermazioni future per alcuni elementi. Su tutti Piqué, ma anche Sunny, Marcos e Adrian faranno ottime cose, discorso che potrebbe valere anche per Adan, Mata, Granero, Javi Garcia e (soprattutto) Diego Capel, qualora completassero con successo la loro maturazione.

Il cammino:

Fase a gironi
Spagna-Uruguay 2-2: Cavani 47’ (U); Suarez 56’ (U); Adrian Lopez 72’ (S); Diego Capel 93’ (S).
Zambia-Spagna 1-2: Mario Suarez, rig. 30’ (S); Mata 40’ (S); Njobvu 74’ (Z).
Spagna-Giordania 4-2: Adrian Lopez 29’ (S); Adrian Lopez 32’ (S); Adrian Lopez 38’ (S); Loiy 48’ (G); Abdallah 56’ (G); Marcos 76’ (S).

Ottavi di finale
Spagna-Brasile 4-2: Leandro Lima 38’ (B); Alexandre Pato 41’ (B); Piqué 43’ (S); Javi Garcia 84’ (S); Bueno 102’ (S); Adrian Lopez 121’ (S).

Quarti di finale
Spagna-Repubblica Ceca 3-4 dopo i calci di rigore (1-1 nei tempi regolamentari): Kalouda 103’ (R); Mata 110’ (S).


Formazione tipo (4-2-3-1): Adan; Barragan, Marc Valiente, Piqué, Crespo (Canella); Javi Garcia, Mario Suarez (Sunny); Toni Calvo (Diego Capel, Mata), Mata (Granero), Diego Capel (Marcos); Adrian (Bueno).




UNO PER UNO:


Portieri

-Adan (portiere; 13-5-’87; 1,92x88; Real Madrid): La papera che nel primo tempo supplementare con la Repubblica Ceca ha regalato lo 0-1 a Kalouda ha purtroppo rovinato un mondiale fin lì stupendo. Nell’ occasione peggiore è venuto fuori il principale punto debole del giocatore, cioè le uscite alte. Repertorio che invece in altri fondamentali raggiunge picchi altissimi, vedi le parate tutte riflessi (tipo un salvataggio sulla linea contro la Giordania) o gli uno contro uno con l’ attaccante avversario, dove si butta e chiude lo specchio con tempismo e coraggio eccezionali (provvidenziale in più d’ un’ occasione contro l’ Uruguay). Stagione un po’ paradossale la sua: riserva di Codina nel Real Madrid Castilla, ma ben visto da Capello, che quest’ anno lo ha spesso aggregato agli allenamenti della prima squadra e che gli ha anche concesso di partecipare alla festa per la vittoria del campionato. Può avere sicuramente futuro in Primera, ma non nel Real Madrid, almeno finchè troneggia San Iker. Presenze: 5 (510 minuti). Voto: 6.
-Angel Bernabé (portiere; 11-8-’87; 1,91x87; Atlético Madrid): Secondo portiere.
-Javi Martinez (portiere; 27-6-’87; 1,79x73; Albacete): Terzo portiere.


Difensori:

-Antonio Barragan (terzino destro; 12-6-’87; 1,85x76; Deportivo): Mondiale regolare, senza grosse sbavature ma anche senza troppi entusiasmi, forse poteva supportare con più costanza l’ azione offensiva invece che prendere palla stringendo troppo al centro e proponendo cross fin troppo prevedibili dalla trequarti. Non è un giocatore che a dire il vero mi entusiasmi più di tanto: grande corsa, buona propensione offensiva, ma evidenti carenze in fase difensiva, dove può farsi prendere alle spalle sia sui passaggi in profondità che sui cross dall’ altra fascia e dove mostra qualche disagio nell’ affrontare l’ avversario in uno contro uno, un po’ indeciso nei tempi e nei modi dell’ intervento e per questo costretto o a vedersi saltato oppure a commettere falli ingenui. Anche nel suo pezzo forte, la fase offensiva, lascia perplessi la qualità del tocco: ha un destro potente e ci prova spesso dalla lunga distanza, ma al coraggio raramente si accompagna la precisione, discorso che vale anche per i cross. Presenze: 5 (377 minuti). Assist: 1. Voto: 6.
-Marc Valiente (difensore centrale; 29-3-’87; 1,83x71; Barcelona): Poco appariscente ma insostituibile, non ha certo l’ impatto fisico-carismatico né il gioco aereo di Piqué (anzi, non essendo un marcantonio, tende a soffrire a contatto con quegli attaccanti molto fisici che fanno da boa spalle alla porta), ma è più agile e rapido nei recuperi e negli spostamenti laterali. L’ aspetto più apprezzabile del suo gioco è l’ estrema pulizia e precisione degli interventi: presente sull’ uomo, attento alle traiettorie del gioco avversario, ma mai sopra le righe nelle entrate, la fedina penale immacolata lo conferma. Mai a disagio anche nell’ impostare il gioco dalle retrovie, sebbene non siano certo nelle sue corde uscite imperiose palla al piede o cambi di gioco come quelli di Piqué. Già adocchiato e provato da Rijkaard in Copa del Rey col Badalona, può essere utilizzato anche davanti alla difesa. Presenze: 5 (467 minuti). Voto: 6,5.

-Gerard Piqué Bernabeu (difensore centrale; 2-2-’87; 1,93x87; Manchester United): La ancora molto eventuale nazionale di Sudafrica 2010 ha già una certezza: la coppia di difensori centrali Piqué-Puyol. Ed è una certezza che nasce non tanto dal mondiale buono ma non trascendentale disputato dal catalano (coinvolto anche lui nei black-out difensivi, specie nel momentaneo 0-2 di Pato contro il Brasile), ma da qualità in tutta evidenza da predestinato.
Fra i pari età, gioca con una personalità debordante, pur se scivolando di tanto in tanto in correggibili eccessi di confidenza. Fisico imponente, una roccia nei contrasti, dominante nel gioco aereo, nella sua area come in quella avversaria, pericolo pubblico sulle azioni da calcio piazzato e per questo improvvisato addirittura come centravanti d’ emergenza da Ginés Meléndez nelle situazioni di rimonta più disperata, palla in area a cercare la mischia insomma, come contro l’ Uruguay e nei supplementari con la Repubblica Ceca, dove ha colpito anche una clamorosa traversa.
E’ uno di quei difensori nati per comandare, bravi non solo a spezzare il gioco altrui, ma anche a reimpostarlo una volta recuperata palla (aspetto questo fondamentale nelle grandissime squadre), primo regista della squadra con le sue splendide aperture di 30-40 metri verso gli esterni. Il punto debole, oltre all’ inevitabile macchinosità sul breve, è che talvolta tende ad aggredire con eccesiva precipitazione gli avversari, commettendo falli poco intelligenti e rischiando di sguarnire la sua zona.
Presenze: 5 (463 minuti). Gol: 1. Cartellini gialli: 2. Voto: 6,5.
-José Crespo (terzino-difensore centrale; 9-2-’87; 1,83x72; Sevilla): Una delle note più positive oltre che una passione personale. Dà soddisfazione vederlo giocare non in quanto paradigma di raffinatezza, ma perché è il classico tipo sveglio che sa sempre cosa fare. La sua eccezionale duttilità ha permesso a Ginés Meléndez di rischiare convocando solo 5 difensori, potendo contare su un elemento in grado di doppiare tutte le posizioni della linea arretrata. Destro naturale, solitamente impiegato come terzino destro o sul centro-destra della difesa, non ha avuto alcun problema a spostarsi a sinistra per supplire, a partire dal match con lo Zambia, alla cattiva prestazione di Canella nell’ esordio.
Rapido sul breve ma anche veloce nell’ allungo, per questo cliente difficile nell’ uno contro uno (per dire: è stato quello che ha limitato di più i danni contro gli incontrollabili folletti dello Zambia). Attento nella diagonale difensiva, specialista nell’ anticipo, generoso nel ribaltare l’ azione con sovrapposizioni e cavalcate a sorpresa, nonostante la fase offensiva non sia il suo forte e nonostante la scomodità nel giocare sulla fascia inversa rispetto al piede preferito. Eccezionale prestazione nell’ impresa col Brasile, l’ anno prossimo rimarrà nella squadra B del Sevilla, il Sevilla Atlético, che proprio quest’ anno ha ottenuto la promozione in Segunda.
Presenze: 4 (420 min.). Cartellini gialli: 2. Voto: 7.
Roberto Canella (terzino sinistro; 7-2-’88; 1,82x72; Sporting Gijon): Ha perso il posto dopo la svagata e sofferente prima partita con l’ Uruguay, poi è stato riproposto (con Crespo spostato a destra) contro la Giordania ma per motivi esclusivamente di turnover. Giocatore sobrio, si prodiga raramente in attacco ma ha tempi giusti nelle sovrapposizioni e un mancino abbastanza ben calibrato. Tatticamente diligente, va abbastanza in difficoltà sul piano atletico. Titolarissimo in questa stagione nello storico Sporting Gijon (famosissimo per la sua cantera, David Villa tanto per fare un nome), sta avendo anche richieste nelle zone medio-basse di Primera. Presenze: 2 (180 min.). Voto: 5,5.


Centrocampisti:

-Javi Garcia (centrocampista centrale; 8-2-’87; 1,86x82; Real Madrid): Centrocampista potenzialmente molto completo, apprezzato tanto da Capello quanto da Schuster (che lo vuole in prima squadra come vice-Diarra), è però ancora abbastanza acerbo e timido ed ha offerto un rendimento un po’ discontinuo in questo Mondiale. Inizio così così, scavalcato dalla vitalità di Sunny nei match con Uruguay e Zambia, è tornato saldamente titolare con la Giordania ed ha avuto un crescendo finale, contraddistinto soprattutto dalla furbata con la quale ha fregato i pollastri verdeoro (che su una punizione non hanno chiesto la barriera e si son visti quatto quatto entrare in rete il pallone) nell’ ottavo di finale.
Struttura fisica ragguardevole, forte nei contrasti e ben dotato nel gioco aereo, ma ha anche buon tocco di palla e chiare geometrie. Volendo potrebbe anche sfruttare il suo destro e il colpo di testa con qualche inserimento efficace, se non fosse consegnato a una posizione soprattutto di protezione della difesa sul centro-destra del centrocampo (in un centrocampo a tre per caratteristiche sarebbe il vertice basso ideale). Non ha carenze particolari sul piano tecnico, però la scarsa reattività lo frega e gli costa anche qualche cartellino di troppo.
Presenze: 5 (373 min.). Gol: 1. Cartellini gialli: 1. Voto: 6.
-Mario Suarez (centrocampista centrale; 24-2-’87; 1,85x78; Atlético Madrid): Uno dei più deludenti, quasi sempre ai margini degli sviluppi del gioco, lui che per caratteristiche dovrebbe starne al centro. Dei due centrocampisti centrali è quello che più si occupa della costruzione del gioco e dei collegamenti con la trequarti, magari tentando in prima persona qualche inserimento a sorpresa (come quello che ha procurato il rigore da lui stesso trasformato contro lo Zambia). Debole in interdizione, atleticamente non irresistibile, ha però ottima visione di gioco e buon piede, in grado all’ occorrenza di superare la routine del gioco orizzontale e di imbeccare negli spazi attaccanti ed esterni. Anche la conclusione da fuori area non è male. Doti però restate solo sulla carta in questa manifestazione. Primo rincalzo del doble pivote Alvaro-Borja nel Valladolid dei record in Segunda, torna per fine prestito alla casa madre colchonera. Presenze: 3 (264 min.). Gol: 1 (rig.). Cartellini gialli: 1. Voto: 5.

-Stephen Sunday “Sunny” (centrocampista centrale; 17-9-’88; 1,80x74; Valencia): Attesa rivelazione, il nigeriano naturalizzato spagnolo ha confermato in pieno tutto il bene che si diceva sul suo conto. Il Valencia ha fatto un affarone aggiundicandosi questo piccolo Makelele, non è assolutamente da escludere un impiego esteso nel corso della prossima stagione, e, a seconda del rendimento, state attenti anche alla lista di Aragones per Euro 2008, sempre che la Spagna ci vada… Il suo ingresso rivitalizza la squadra nella rimonta con l’ Uruguay, ruba il posto a un Javi Garcia partito al rallentatore, ma poi farà coppia in mezzo al campo col canterano madridista nell’ ottavo col Brasile, grande prestazione personale. Il mancato inserimento nell’ undici titolare con la Cekia, invece, non ha convinto molto.
Centrocampista difensivo di personalità e dinamismo vorace, vuole stare sempre nel vivo dell’ azione. Rapido, elastico ed eccezionalmente reattivo, ruba palloni su palloni e li rigioca sempre con apprezzabile criterio, divincolandosi con grande naturalezza in mezzo al pressing avversario con finte di corpo di notevole eleganza ed efficacia. Col pallone fra i piedi si trova a suo agio nello stretto, ma si limita a recapitare il pallone al compagno più vicino, raramente azzarda l’ inserimento. Non è certamente un organizzatore di gioco, ma l’ ideale guardaspalle per un regista (quindi il rimpiazzo di Albelda, non di Baraja).
Presenze: 4 (219 min.). Voto: 7.
-Toni Calvo (esterno-ala destra; 28-3-’87; 1,71x67; Aris Salonicco): Presenza molto poco incisiva quella dell’ ormai ex canterano del Barça, ora reclutato dal calcio greco (dove gli spagnoli ultimamente vanno piuttosto di moda). Male con l’ Uruguay e con lo Zambia, Ginés Meléndez ha poi preferito adattare a destra mancini come Diego Capel o Mata, lasciando a Toni Calvo solo ingressi a partita in corso con Brasile (impiegato addirittura, in piena ansia da rimonta, come terzino destro ultra-offensivo) e Repubblica Ceca. E’ la classica ala dal baricentro basso, che si gioca tutte le sue carte nello spunto sul breve. Non possiede un gran repertorio di dribbling, ma ha una buona tecnica che gli consente un ottimo primo controllo a seguire, cosa che gli permette di guadagnare metri preziosi per arrivare al cross, fondamentale dove mostra di cavarsela. Si coordina con facilità, e sa rendersi pericoloso anche calciando da fuori area o incrociando il destro da posizione defilata. Gioca con apprezzabile semplificità, chiede triangolo ai compagni e si smarca nello spazio. Presenze: 4 (231 min.). Cartellini gialli: 2. Voto: 5,5.
-Esteban Granero (trequartista; 2-7-’87; 1,79x77; Real Madrid): Giocatore di talento acclarato, nelle occasioni in cui lo avevo osservato precedentemente non mi aveva convinto la sua scarsa personalità. In questo mondiale però il passo avanti è stato netto: nonostante con la Repubblica Ceca non ne abbia azzeccata una che sia una (ciccando anche indegnamente un’ occasionissima a tu per tu col portiere ceco Petr), ha fatto valere tutta la sua qualità nello spezzone contro lo Zambia, nella splendida partita contro la Giordania (ispiratore di tutte le iniziative più interessanti) e anche quando Ginés Meléndez lo ha buttato nella mischia nel corso dell’ ottavo col Brasile. Schuster ha preso nota, e il Real Madrid ha preferito non ripetere la sciocchezza commessa con Mata, mettendolo sotto contratto fino al 2011. Unico vero rifinitore della rosa, il suo stile di gioco per interderci è simile a quello di Valeron: gli manca il cambio di ritmo, ma è bravissimo a tenere su il pallone nascondendolo agli avversari e dando respiro all’ azione. Notevole padronanza tecnica, è destro ma prova da fuori anche col sinistro, deve migliorare nella potenza delle conclusioni. Il pezzo forte del repertorio è indiscutibilmente l’ assist, inventore davvero geniale di passaggi nello spazio. Il suo look da hippy poi è assolutamente degno di nota. Presenze: 4 (251 min.). Voto: 6,5.

-Diego Capel (esterno-ala sinistra; 16-2-’88; 1,73x68; Sevilla): Delle volte l’ apparenza inganna: a vederlo fronteggiare con tanta spudoratezza e abilità due o tre avversari per volta, si rimane superficialmente estasiasti, ma il fatto è che quei due-tre avversari se li trova sempre di fronte perché non si libera mai, dico mai, del pallone nel tempo dovuto, rallentando così l’ azione della sua squadra e dando tutto il tempo di piazzarsi agli avversari (questo è uno dei fattori che tra gli altri hanno inciso in negativo contro la Repubblica Ceca). Gioca poi sempre a testa bassa e tende a venire a prendersi il pallone in posizioni un po’ troppo arretrate, dando pure le spalle al terzino avversario, aspetti che contribuiscono a rendere ancora più contorta la sua azione (ma sembra che lui ci provi un gusto tremendo a crearsi da solo enormi difficoltà da risolvere sempre e comunque con azioni individuali preferibilmente oltre il limite della logica). Tutte queste doverosissime critiche non tolgono però che Diego Capel sia stato il giocatore più brillante di questa Spagna, una spina nel fianco per ogni avversario: l’ Uruguay, beffato da un pallonetto maradoniano allo scadere del recupero, e ancora di più il Brasile, letteralmente devastato da una serata di estri irrefrenabili.
Del resto le potenzialità sulle quali lavorare per farne un giocatore vero sono infinite: incontrollabili le accelerazioni palla al piede, cambia direzione e disorienta con irrisoria facilità il suo avversario. Il dribbling è quasi sempre lo stesso (prende palla, fa per tornare indietro, gira su stesso con una piroetta e riparte a tutta velocità), ma anche a saperlo non si riesce a tenere il suo passo. Arrivato sul fondo, si inarca e sforna cross a ripetizione col suo calibratissimo mancino: veri inviti a nozze per gli attaccanti (vedi il gol di Bueno contro il Brasile), palloni a mezza altezza, morbidi ma mai troppo e collocati chirurgicamente nello spazio fra portiere e difensori avversari. Richiesto dall’ Almeria, potrebbe essere integrato alla prima squadra del Sevilla (nella quale peraltro esordì già con Caparros).
Presenze: 5 (405 min.). Gol: 1. Assist: 2. Voto: 7.
-Marcos Garcia Barreno (esterno-ala sinistra; 21-3-’87; 1,76x68; Recreativo Huelva): La sua sfortuna è stata un Diego Capel in grande spolvero, che lo ha relegato inevitabilmente in secondo piano. Spiccioli con l’ Uruguay, buona prestazione (con gol) nel match delle seconde linee con la Giordania, maluccio invece col Brasile, dove Ginés Meléndez gli aveva concesso la titolarità facendo partire Diego Capel a destra. Rivelazione del Villarreal quest’ anno, il Submarino crede in lui anche se ha preferito girarlo in prestito al Recre per la prossima stagione.
Leggero e agile, tecnicamente brillante, rapido e ficcante nello stretto, non è esplosivo come Capel, ma ha tempi di gioco più razionali e a differenza dell’ andaluso sa proporsi anche senza palla, molto sveglio e bravo a prendere le spalle al terzino smarcandosi nello spazio. Buon crossatore.
Presenze: 3 (178 min.). Gol: 1. Assist: 2. Voto: 6.
-Adrian Gonzalez (mezzala-esterno sinistro; 25-5-’88; 1,84x75; Real Madrid): Proposto da Ginés Meléndez contro la Giordania e nei supplementari con la Repubblica Ceca (forse cercando di sfruttare la sua abilità nei calci piazzati), il figlio di Michel non ha convinto. Nel Castilla papà suo lo ha impiegato mezzala nel 4-3-3 o esterno sinistro nel 4-4-2, qui è parso spaesato nel doble pivote del 4-2-3-1. Un po’ carente sul piano del ritmo, dell’ intensità e della personalità, ha il passo abbastanza lento e per questo è sicuramente meglio in zone interne piuttosto che sulla fascia. Gioca a testa alta e si caratterizza soprattutto per la sensibilità del suo mancino. Presenze: 2 (115 min.). Assist: 1. Voto: s.v.
-Iriome Gonzalez (esterno destro; 22-6-’87; 1,86x78; Tenerife): Piccola partecipazione con lo Zambia, ha avuto la sua chance da titolare contro la Giordania, ma ad un’ occhiata sommaria non ha impressionato granchè. Non posso perciò farne una descrizione dettagliata. L’ impressione è che preferisca gli spazi ampi dove poter far valere la sua progressione e il suo fisico ben piazzato, mentre in spazi stretti fa più fatica ad andare via in dribbling. Già richiesto, tanto per cambiare, dal Liverpool, ha chiarito di voler giocare col suo Tenerife in Primera, dei cui tifosi è già diventato un idolo grazie alla doppietta segnata, nell’ anno del suo esordio, nel derby col Las Palmas. Curiosità: il nome Iriome vuol dire “lancia di fuoco” in una delle lingue berbere diffuse nelle Canarie. Presenze: 2 (88 min.). Assist: 1. Voto: s.v..
-Gorka Elustondo (centrocampista centrale; 18-3-’87; 1,82x73; Real Sociedad): Centrocampista d’ ordine, è stato però impiegato come difensore centrale nell’ unica partita disputata, contro la Giordania, esperimento poco riuscito. Superato nel contropiede del primo gol giordano, non pare proprio avere le caratteristiche fisiche per giocare al centro della difesa. Lanciato in prima squadra da Lotina quest’ anno. Presenze: 1 (90 min.). Voto: s.v..


Attaccanti:

-Juan Manuel Mata (seconda punta-esterno-trequartista; 28-4-’88; 1,74x65; Valencia): Uno dei giocatori più attesi, ma nonostante i due gol non abbiamo visto certo il miglior Mata. Forse si è trovato un po’ troppo lontano dalla porta, lui che per elezione sarebbe seconda punta e non trequartista, ancora di più quando la contemporanea presenza di Granero lo ha costretto a partire defilato dalla fascia destra, come contro la Repubblica Ceca, soluzione scomoda non solo per il giocatore ma anche controproducente per la squadra, che ha perso la necessaria ampiezza contro un avversario ben oltre i confini del catenaccio più spudorato. Il talento in ogni caso c’è, lo sappiamo, e il Valencia merita ogni elogio per aver raccolto i frutti dell’ incomprensibile politica di mercato madridista, con l’ unica incognita della grossa concorrenza che Mata dovrà affrontare per emergere al Mestalla (per il posto da esterno, mancini come se piovessero: Vicente, Gavilan e Silva; mentre come seconda punta, dovrà guardarsi alle spalle pure dal fenomeno dell’ Under 19 Aaron).
Come detto, Mata è una seconda punta: non è un rifinitore, e a venire a prendere palla a centrocampo un po’ si perde; non ha nemmeno l’ esplosività e la velocità dell’ uomo di fascia (nonostante in quest’ anno al Castilla Michel lo abbia schierato soprattutto lì), dove veramente si esalta è nello spazio stretto al limite dell’ area avversaria. Tecnica limpidissima, sfrutta la sua abilità per fintare, prendere in controtempo l’ avversario e liberarsi lo spazio per l’ assist o la conclusione. Fa tutto col suo mancino sopraffino, capace di domare qualunque lancio e di disegnare traiettorie di millimetrica precisione, sia morbide che tese e cariche d’ effetto, che sbrigano già tre quarti del lavoro del fortunato che si trova a riceverle. Per nulla egoista, anzi molto ben disposto al dialogo coi compagni, anche spalle alla porta sa dare al gioco quelle accelerazioni imprevedibili negli ultimi metri, sfruttando mirabilmente il tacco o l’ esterno del piede per scambiare di prima o addirittura per liberarsi dell’ avversario con uno spettacolare controllo a seguire.
Presenze: 4 (420 min.). Gol: 2. Assist: 2. Voto: 6,5.

-Adrian Lopez (centravanti; 8-1-’88; 1,82x74; Deportivo): Altra prevedibilissima rivelazione, ci ha messo un nulla a rubare a Bueno il posto di centravanti titolare, raccogliendo le preghiere di Ginés Meléndez col gol che aprì la rimonta con l’ Uruguay. Da lì in poi, altri quattro centri, con tripletta ai giordani: se Aguero (ma anche Maxi Moralez) se ne starà buono nella finale, Adrian potrà fregiarsi anche del titolo di capocannoniere della manifestazione.
Spiccato fiuto del gol, a tratti si assenta dal gioco ma sa ricomparire al posto giusto in area di rigore (anche quando, nella partita con la Repubblica Ceca, si mangia un incredibile gol a porta vuota…) e colpire con freddezza. Ha tutto per diventare un ottimo attaccante: buon fisico, discreto gioco spalle alla porta, appoggi sulle fasce, velocità notevole in profondità, ottima tecnica e buona coordinazione quando va al tiro, potenzialità rimarchevoli nel gioco aereo (stacca bene anche da fermo). Intravisto in questa stagione, con quella perla di gol al Camp Nou, questo può essere l’ anno del lancio in grande stile, ovviamente se Lotina è d’ accordo.
Presenze: 5 (418 min.). Gol: 5. Cartellini gialli: 1. Voto: 7.
-Alberto Bueno (centravanti; 20-3-’88; 1,78x66; Real Madrid): Inesistente nell’ esordio, successivamente si è ripreso negli ottimi spezzoni con Brasile e Repubblica Ceca, ma ciò non è ovviamente valso a spodestare Adrian in un modulo che prevedeva tassativamente un solo centravanti. In questo ruolo paga sin troppo il suo fisico esile, che lo fa partire svantaggiato contro praticamente ogni difensore avversario, per questo deve sopravvivere con l’ astuzia, l’ opportunismo e la tecnica. Incapace di esprimere velocità e potenza in una corsa prolungata, deve fare la differenza sul breve, sfruttando i movimenti agili e l’ ottimo controllo di palla. Nonostante il fisico sfavorevole, sa giocare con intelligenza spalle alla porta, molto abile a girarsi e preparare la conclusione col primo controllo. Dotato nel dribbling stretto, gli manca la potenza nella conclusione ma vede benissimo la porta e ha nelle corde eccellenti soluzioni di precisione, piazzandola o in pallonetto. Presenze: 3 (141 min.). Gol: 1.
FOTO: Fifa.com

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mercoledì, luglio 18, 2007

Calendario Liga 2007-2008

Avvio col botto: subito il derby di Madrid e un non meno stuzzicante Valencia-Villarreal (e alla seconda Villarreal-Real Madrid: le ambizioni del Submarino, che pochi giorni fa ha paradossalmente perduto Ayala, verranno subito misurate con la massima severità).
Barça-Sevilla alla quarta giornata, Valencia-Real Madrid alla decima, Sevilla-Real Madrid alla undicesima, Valencia-Barça alla sedicesima e, dulcis in fundo, il Clasico Barça-Madrid alla diciassettesima.


JORNADA 1 26/08/2007
Athletic -- Osasuna
Deportivo -- Almería
Espanyol -- Valladolid
Racing -- Barcelona
Real Madrid -- Atlético
Sevilla -- Getafe
Valencia -- Villarreal
Mallorca -- Levante
Murcia -- Zaragoza
Recreativo -- Betis

JORNADA 2 02/09/2007
Atlético -- Mallorca
Barcelona -- Athletic
Betis -- Espanyol
Valladolid -- Deportivo
Zaragoza -- Racing
Almería -- Valencia
Getafe -- Recreativo
Levante -- Murcia
Osasuna -- Sevilla
Villarreal -- Real Madrid

JORNADA 3 16/09/2007
Athletic -- Zaragoza
Deportivo -- Betis
Espanyol -- Getafe
Racing -- Levante
Real Madrid -- Almería
Sevilla -- Recreativo
Valencia -- Valladolid
Mallorca -- Villarreal
Osasuna -- Barcelona
Murcia -- Atlético

JORNADA 4 23/09/2007
Atlético -- Racing
Barcelona -- Sevilla
Betis -- Valencia
Valladolid -- Real Madrid
Zaragoza -- Osasuna
Almería -- Mallorca
Getafe -- Deportivo
Levante -- Athletic
Villarreal -- Murcia
Recreativo -- Espanyol

JORNADA 5 26/09/2007
Athletic -- Atlético
Barcelona -- Zaragoza
Deportivo -- Recreativo
Racing -- Villarreal
Real Madrid -- Betis
Sevilla -- Espanyol
Valencia -- Getafe
Mallorca -- Valladolid
Osasuna -- Levante
Murcia -- Almería

JORNADA 6 30/09/2007
Atlético -- Osasuna
Betis -- Mallorca
Espanyol -- Deportivo
Valladolid -- Murcia
Zaragoza -- Sevilla
Almería -- Racing
Getafe -- Real Madrid
Levante -- Barcelona
Villarreal -- Athletic
Recreativo -- Valencia

JORNADA 7 07/10/2007
Athletic -- Almería
Barcelona -- Atlético
Racing -- Valladolid
Real Madrid -- Recreativo
Sevilla -- Deportivo
Valencia -- Espanyol
Zaragoza -- Levante
Mallorca -- Getafe
Osasuna -- Villarreal
Murcia -- Betis

JORNADA 8 21/10/2007
Atlético -- Zaragoza
Betis -- Racing
Deportivo -- Valencia
Espanyol -- Real Madrid
Valladolid -- Athletic
Almería -- Osasuna
Getafe -- Murcia
Levante -- Sevilla
Villarreal -- Barcelona
Recreativo -- Mallorca

JORNADA 9 28/10/2007
Athletic -- Betis
Barcelona -- Almería
Racing -- Getafe
Real Madrid -- Deportivo
Sevilla -- Valencia
Zaragoza -- Villarreal
Levante -- Atlético
Mallorca -- Espanyol
Osasuna -- Valladolid
Murcia -- Recreativo

JORNADA 10 31/10/2007
Atlético -- Sevilla
Betis -- Osasuna
Deportivo -- Mallorca
Espanyol -- Murcia
Valladolid -- Barcelona
Valencia -- Real Madrid
Almería -- Zaragoza
Getafe -- Athletic
Villarreal -- Levante
Recreativo -- Racing

JORNADA 11 04/11/2007
Athletic -- Recreativo
Atlético -- Villarreal
Barcelona -- Betis
Racing -- Espanyol
Sevilla -- Real Madrid
Zaragoza -- Valladolid
Levante -- Almería
Mallorca -- Valencia
Osasuna -- Getafe
Murcia -- Deportivo

JORNADA 12 11/11/2007
Betis -- Zaragoza
Deportivo -- Racing
Espanyol -- Athletic
Real Madrid -- Mallorca
Valladolid -- Levante
Valencia -- Murcia
Almería -- Atlético
Getafe -- Barcelona
Villarreal -- Sevilla
Recreativo -- Osasuna

JORNADA 13 25/11/2007
Athletic -- Deportivo
Atlético -- Valladolid
Barcelona -- Recreativo
Racing -- Valencia
Sevilla -- Mallorca
Zaragoza -- Getafe
Levante -- Betis
Osasuna -- Espanyol
Villarreal -- Almería
Murcia -- Real Madrid

JORNADA 14 02/12/2007
Betis -- Atlético
Deportivo -- Osasuna
Espanyol -- Barcelona
Real Madrid -- Racing
Valladolid -- Villarreal
Valencia -- Athletic
Almería -- Sevilla
Getafe -- Levante
Mallorca -- Murcia
Recreativo -- Zaragoza

JORNADA 15 09/12/2007
Athletic -- Real Madrid
Atlético -- Getafe
Barcelona -- Deportivo
Racing -- Mallorca
Sevilla -- Murcia
Zaragoza -- Espanyol
Almería -- Valladolid
Levante -- Recreativo
Osasuna -- Valencia
Villarreal -- Betis

JORNADA 16 16/12/2007
Betis -- Almería
Deportivo -- Zaragoza
Espanyol -- Levante
Real Madrid -- Osasuna
Valladolid -- Sevilla
Valencia -- Barcelona
Getafe -- Villarreal
Mallorca -- Athletic
Murcia -- Racing
Recreativo -- Atlético

JORNADA 17 23/12/2007
Athletic -- Murcia
Atlético -- Espanyol
Barcelona -- Real Madrid
Sevilla -- Racing
Valladolid -- Betis
Zaragoza -- Valencia
Almería -- Getafe
Levante -- Deportivo
Osasuna -- Mallorca
Villarreal -- Recreativo

JORNADA 18 06/01/2008
Deportivo -- Atlético
Espanyol -- Villarreal
Racing -- Athletic
Real Madrid -- Zaragoza
Sevilla -- Betis
Valencia -- Levante
Getafe -- Valladolid
Mallorca -- Barcelona
Murcia -- Osasuna
Recreativo -- Almería

JORNADA 19 13/01/2008
Athletic -- Sevilla
Atlético -- Valencia
Barcelona -- Murcia
Betis -- Getafe
Valladolid -- Recreativo
Zaragoza -- Mallorca
Almería -- Espanyol
Levante -- Real Madrid
Osasuna -- Racing
Villarreal -- Deportivo

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sabato, luglio 14, 2007

Bilancio finale Liga 2006-2007: le altre squadre/3 (ultima puntata)

Chiedo scusa per il mostruoso ritardo con cui pubblico questo post. La Liga 2006-2007 è indiscutibilmente finita: d'ora in poi giuro che parlerò soltanto della Liga prossima ventura.


Villarreal

La strepitosa rimonta nel girone di ritorno ha dato senso ed un ottimo sapore ad una stagione che a un certo punto sembrava di mera e faticosa transizione. Soddisfazione doppia per il quinto posto, date le trappole, della sorte e non, schivate per conquistarlo.
In estate, dopo la clamorosa eliminazione dall’ Intertoto con il Maribor, l’ infortunio serissimo ad un pilastro come Gonzalo Rodriguez (che, ahilui, ci è ricascato di recente e ne avrà anche per la prima parte della prossima stagione) e poi a due nuovi importante acquisti come Pirés e Nihat; successivamente, alla svolta fra 2006 e 2007, il divorzio da Padron Riquelme, cioè la fine di un’ epoca e l’ inizio di una nuova, non meno promettente, storia, quella che vede cioè il Villarreal forte candidato a contendere nel futuro prossimo il ruolo di principale outsider al Sevilla, come sta dimostrando la politica di mercato ambiziosa e al tempo stesso oculata del club, mirata ad ottenere il salto di qualità decisivo attraverso un’ azzeccata miscela di giovani molto quotati (in Gennaio Matias Fernandez, ora Martin Caceres, Diego Lopez e Rio Mavuba) ed elementi dall’ esperienza ed affidabilità già ampiamente certificate (Capdevila ma soprattutto Ayala).
Più vicino al fondo che alla vetta della classifica, il Villarreal post-Riquelme ha piano piano trovato (possiamo indicare come inizio della riscossa la vittoria casalinga sul Real Madrid) i suoi equilibri, abbandonando definitivamente il rombo a centrocampo, consolidando la coppia di centrocampo Senna-Josico e alternando il 4-2-3-1 al 4-4-2, ravvivato prima dall’ esplosione del canterano Marcos sulla sinistra, poi dal buon rientro di Pirés e soprattutto dall’ incredibile striscia realizzativa di Forlan che, una volta iniziato a segnare, non l’ ha più smessa, passando di doppietta in doppietta . Villarreal che, nonostante prediliga un calcio “di possesso”, per le sue caratteristiche strutturali si è trovato meglio ad agire di rimessa, perché Forlan non è un ariete ed ha caratteristiche da contropiedista, e perché sugli esterni mancano, in particolare sulla fascia destra, uomini in grado di allargare l’ azione ed arrivare sul fondo. Voto: 7.

Punti: 62 (quinto posto, Uefa). Vittorie: 18. Pareggi: 8. Sconfitte: 12.
Gol fatti: 48. Gol subiti: 44. Classifica marcatori: Forlan 19 gol; Tomasson 4; Cani 4; Fuentes 4.
Formazione tipo (4-4-2): Viera (Barbosa); Josemi (Javi Venta), Fuentes (Gonzalo Rodriguez), Cygan (Quique Alvarez), José Enrique; Cani (Matias Fernandez), Senna, Josico, Marcos (Pires); Guille Franco (Tomasson), Forlan. Allenatore: Manuel Pellegrini.

PROMOSSI: Forlan il grande protagonista della rimonta: 19 gol, 11 nelle ultime 10 giornate, dove sembrava una specie di Re Mida del pallone. Giusta la sua cessione davanti agli irripetibili 21 milioni dell’ Atlético orfano di Torres.
Due rivelazioni hanno rivitalizzato la smorta fascia sinistra del Submarino: José Enrique, che ha scalzato la bandiera Arruabarrena proponendosi attualmente come il miglior terzino sinistro spagnolo (gran velocità, spinta costante, discreta attenzione nei movimenti difensivi, non semplice da superare nell’ uno contro uno); Marcos, novità più intrigante della stagione, talento tutto rapidità e insolenza, sgusciante nel dribbling e con una predilezione per le vittime eccellenti, vedi Madrid e Barça bastonate al Madrigal.
Senna solito padrone dei ritmi a centrocampo: con Mavuba formerà una coppia da leccarsi i baffi, per quest’ anno si è accontentato di un Josico umile e prezioso. Cygan, soprattutto per chi come me se lo ricordava catastrofico all’ Arsenal, non è dispiaciuto.
Non ha più le accelerazioni dei bei tempi, ora fa più il vecchio saggio sulla trequarti, ma l’ antipasto di Pirés (11 partite, 3 gol) ha inciso in questa rinascita del Villarreal. L’ esperienza del francese può essere un elemento chiave nella crescita anche internazionale di questa squadra. I 4 gol in 11 partite di una vecchia volpe come Tomasson sono stati un altro prezioso mattone.
GIUDIZIO IN SOSPESO: Matias Fernandez è il “sospeso” per eccellenza. Propongo anzitutto di togliergli quel soprannome, “Matigol”, perché anche se suona bene il gol non è il suo mestiere principale. Il ragazzo è arrivato a stagione in corso, caricato di attese sia per il suo lampante talento che per la pesante responsabilità di sostituire Don Roman, e ha avuto le consuete difficoltà che hanno i sudamericani ingaggiati nel mercato invernale.
Forse inserito un po’ a tappe forzate da Pellegrini (e pure con qualche difficoltà di collocazione tattica: anche se con ampia libertà di movimento, partire dalla fascia destra non è certo il suo forte), ha mostrato di trovarsi meglio nella parte finale del campionato, quando entrando a partita in corso ha giocato più sciolto, con ottimi spezzoni soprattutto a Tarragona e a Pamplona. Questa Copa America col Cile è stata per lui quantomai triste (in condizioni atletiche impresentabili dopo più di un anno senza riposo, è stato accantonato dopo soli 45 minuti della prima sfida con l’ Ecuador), in ogni caso l’ anno prossimo, la stagione del dunque, potrà ripartire da zero, con le gambe e la mente fresche.
Cani, l’ acquisto di lusso dell’ estate, è stato, nonostante qualche leggero miglioramento nella seconda parte della stagione, una vera delusione. Spento, a volte ridotto a un insolito lavoro da gregario, il suo talento cristallino merita sicuramente un’ altra chance, anche se dovrà darsi una mossa per mantenere il posto da titolare, visto Mati Fernandez e visto anche il probabile rientro di Cazorla (comunque Cani lo vedo molto meglio a sinistra piuttosto che a destra dove ha quasi esclusivamente giocato quest’ anno).
BOCCIATI: Un acquisto sbagliato Somoza: al Velez mi aveva fatto una buona impressione, qui ha mostrato solo goffaggine e spaesamento. L’ ultima stagione al Villarreal di José Mari, ideale per il dimenticatoio. Josemi è un giocatore del quale ogni squadra che nutre ambizioni serie non può fare a meno di disfarsi. Bisogna essere chiari su Guille Franco: grande impegno, qualche buona giocata, ma è pur sempre un attaccante lentissimo e che la porta la vede col binocolo…
Mai convinto dai portieri del Villarreal: Barbosa talvolta spettacolare ma troppo discontinuo e “particolare” nel suo gioco; Viera non ha neanche questi guizzi, e talvolta si fatica a nascondere l’ imbarazzo (vedi il gollonzo preso a Huelva…)



Atlético Madrid

Settimo posto, altro fallimento per un ambiente sempre più impaziente ma che in realtà dovrebbe rendersi conto che la classifica ha solo rispecchiato il reale valore della rosa (almeno in questo ci avevo preso l’ estate scorsa), sebbene il modo in cui il posto Uefa (non quello Intertoto però) sia stato buttato via nelle ultime giornate è stato a dir poco vergognoso, passando dalla sconfitta senza opporre resistenza del Montjuic, all’ inqualificabile grandinata di gol subita dal Barça, per terminare con l’ inconcepibile 2-3 casalingo col Celta, la mazzata finale.
Ma molto più che il risultato l’ aspetto peggiore dell’ Atlético di quest’ anno è stato il gioco, miserabile oltre ogni immaginazione, il peggiore della Liga assieme a quello del Betis, della Real Sociedad, e, ci mancherebbe, dei cuginastri del Real.
Non credo che la causa sia stato questo difensivismo tanto rimproverato dalla stampa ad Aguirre (che secondo me ha sbracato con le scelte soprattutto in quelle partite in cui ha utilizzato il trivote o quando scelse un 4-3-1-2 piuttosto negligé proprio nell’ occasione meno indicata trasferta col Sevilla, che infatti nell’ occasione se lo mangiò a colazione sulle corsie esterne): il messicano non è mai stato un kamikaze del futbol offensivo, ma nemmeno un catenacciaro, e il suo Atlético di fatto, soprattutto in casa, ha avuto in svariate un netto predominio territoriale oltre al controllo indiscusso del possesso-palla. Il problema è stato che questo possesso-palla si è rivelato sempre, immancabilmente e senza eccezione alcuna, di bassissima qualità e di insostenibile prevedibilità. Non solo di una noia mortale, ma anche di un’ inefficacia suprema, con la sensazione ricorrente ad ogni partita che anche giocando tre giorni di seguito nulla potesse succedere.
Passaggi orizzontali ruminati senza criterio e cross innocui dalla trequarti, questo il risultato, a mio avviso ottenuto soprattutto per carenze qualitatitive a centrocampo e sulle fasce (hanno incisi anche i lunghi infortuni di Petrov e soprattutto Maxi Rodriguez, ricordiamolo) e un cattivo assortimento dei giocatori d’ attacco.
Troppi giocatori che portano palla a centrocampo, tutto il tempo concesso alla difesa avversaria per piazzarsi, impossibilità di verticalizzare sulla trequarti (non hanno fatto testo quei pochi spunti di un Jurado ancora acerbo) e di arrivare a fondo campo sugli esterni, incompatibilità fra Aguero e Torres, il primo passivo nel gioco senza palla, il secondo dispersivo come sempre e portato a girare a largo da un area di rigore nella quale è chiaramente mancato un punto di riferimento di peso (ma da questo orecchio la società non pare sentirci, visto che la partenza di Torres è stata rimpiazzata con un semi-doppione come Forlan). In tutto ciò, l’ Atlético si è trovato molto meglio in quelle partite in cui ha potuto rubare palla all’ avversario sulla sua trequarti ed infilarlo ripartendo in pochi tocchi, vedi ad esempio i due derby, le due gare migliori della stagione, meritevoli di sorte ben migliore, soprattutto la seconda.
Pur nello sconforto, non credo che quest’ anno di Aguirre sia passato invano, e bene ha fatto la società a riconfermarlo per l’ anno prossimo. Il suo 4-4-2 ha a tratti evidenziato, al di là di gravi carenze sulle azioni da calcio piazzato, basi riconoscibili ed apprezzabili in fase di non possesso (tra l’ altro i gol subiti, 39, non sono stati tanti, ancora di più se con un’ operazione mentale sottraiamo gli irripetibili 6 gol presi dal Barça), basi dalle quali partire per aggiungere invece quel cambio radicale in termini di imprevedibilità e varietà di soluzioni del quale necessita la fase offensiva (ad oggi, il mercato ha portato alla cessione di Torres e all’ arrivo di Forlan, Diego Costa, Luis Garcia, Cleber Santana, Raul Garcia ed Abbiati). Voto: 5,5.

Punti: 60 (settimo posto, Intertoto). Vittorie: 17. Pareggi: 9. Sconfitte: 12.
Gol fatti: 46. Gol subiti: 39. Class. Marcatori: Torres 14 gol; Aguero 6 gol; Maxi Rodriguez 6 gol.
Formazione tipo (4-4-2): Leo Franco; Seitaridis, Zé Castro (Pablo), Perea (Fabiano Eller), Antonio Lopez (Pernia); Galletti (Maxi Rodriguez), Luccin, Maniche, Jurado (Petrov); Aguero (Maxi Rodriguez), Fernando Torres. Allenatore: Javier Aguirre.

PROMOSSI: Nel bene e nel male, Fernando Torres. Anche chi ne discute accesamente la figura (come me, che lo ritengo, perdonatemi, ancora un po’ sopravvalutato) non può negare l’ evidenza numerica dell’ importanza di questo giocatore per i destini dell’ Atlético degli ultimi anni, in quest’ ultima stagione spesso trascinatore con il suo gioco non privo di confusione ma nelle serate sì incontenibile per gli avversari. La cessione al Liverpool fa bene sia alla società che a lui, che, in un contesto meno proibitivo rispetto a questo Patético Madrid, potrà chiarirci il suo reale valore.
E quant’ è importante anche Maxi Rodriguez! Il suo infortunio è stato, molto più di quello del fumoso ed irrisolto Petrov, una vera mazzata: non ha neanche lontanamente lo spunto dell’ uomo di fascia né la qualità del trequartista, ma sugli inserimenti a sorpresa ce ne sono pochi in giro col suo potenziale distruttivo: in sole 10 presenze, 6 gol!, e Aguirre non a a torto pare intenzionato a riproporlo anche l’ anno prossimo nel ruolo di questo finale di Liga, cioè guastatore dietro un’ unica punta. Anche Leo Franco fra i pochi positivi.
GIUDIZIO IN SOSPESO: Aguero, stagione di adattamento, sempre che gli venga concesso questo diritto, visto che si son già letti (per un 18enne, ricordiamolo!) paragoni con Salva, Nikolaidis e compagnia bella, ovvero tutti gli acquisti d’ insuccesso con cui l’ Atlético ha male accompagnato in attacco Fernando. Il Kun, azzardo, qualche colpo in più di questi qui ce l’ ha, per ora ha mostrato solo sprazzi limitandosi a soli 6 gol, l’ ultimo dei quali peraltro nel remoto 1-0 casalingo di Febbraio all’ Athletic. Speriamo che l’ arrivo di Forlan non gli tolga spazio e morale.
Altra talento da WWF che rischia di passare pericolosamente in secondo piano nel porto di mare colchonero è Jurado, ignorato ad inizio stagione da Aguirre, promosso poi soprattutto sulla sinistra del centrocampo (Aguirre lo ritiene ancora troppo debole atleticamente per giocare nel doble pivote), spunti molto discontinui anche se non certo privi di rilevanza (memorabile la prestazione nel derby di ritorno, quello del furto con destrezza Cassano-Higuain).
Buone prestazioni per Zé Castro, che da outsider è diventato titolare a stagione in corso, mostrando potenzialità da difensore completo, anche se ancora non sempre perfettamente concentrato oltrechè un po’ morbido nella marcatura dell’ avversario.
BOCCIATI: Pernia, giocatore che già al Mondiale aveva denunciato la classica sopravvalutazione da stagione magica, si è confermato un buco nell’ acqua come sospettavo: debole difensivamente, per nulla produttivo sia nella spinta che nel suo storico pezzo forte, cioè i calci piazzati.
Pessimi i portoghesi, segnalatisi oltrettutto per dichiarazioni antipatiche fuori dal campo: un vero disastro Costinha, fra i peggiori giocatori in assoluto della Liga 2006-2007; non all’ altezza delle aspettative Maniche, l’ incursore tanto richiesto da Aguirre l’ estate scorsa. E’ evidente che sia Pablo che Perea non sono più quelli che tanto avevano meravigliato nella stagione 2004-2005. Gabi una delusione totale: aveva quelle caratteristiche di creatore di gioco che tanto potevano servire all’ Atlético, ma le sue due stagioni colchonere sono naufragate in una disarmante mancanza di personalità. Vedremo cosa farà a Zaragoza, piazza buona per un rilancio. Ha giocato solo 7 partite, ma quello che ha combinato Pichu Cuéllar nello 0-6 col Barça è qualcosa di impensabile, a momenti si è sfiorata l’ arte…



Getafe

Non sbaglia un colpo il piccolo club di Madrid, che dimostra anno dopo anno (siamo al terzo, ormai è una realtà stabile della Primera, e non mancano le prospettive di crescita) di aver saputo impostare una linea assai funzionale alla valorizzazione di giocatori (Riki, Pernia, Gavilan e Alexis fra gli altri) e tecnici (Quique Sanchez Flores un paio di anni fa, Schuster adesso), perché in una società sana, con le idee chiare, è molto più agevole costruire e perfezionare meccanismi che permettano anche alle individualità di emergere (ecco, il problema classico di chi pesca in queste squadre è che può non tenere in debito conto la sopravvalutazione che il contesto può dare ai singoli, rischio che l’ Atlético ha sperimentato con Pernia e che il Madrid affronterà con Schuster).
Getafe costruito a partire dalla miglior difesa della Liga (assieme al Barça), grazie a una copertura foltissima del centrocampo (esterni pronti a stringere in un imbuto centrale gli avversari, falli tattici e grande difficoltà ad impostare la manovra per ogni avversario) e a un triangolo di grande resa composto da Belenguer e Alexis al centro della difesa e Abbondanzieri fra i pali.
Pericoloso (anche se si è trattato di una delle squadre più spuntate della Liga, più per carenze di uomini che di gioco) di rimessa con Guiza, il Getafe ha però dimostrato anche un’ apprezzabile capacità di variare registro tattico quando richiesto, portando all’ occorrenza un pressing alto più e gestendo senza nessun disagio il possesso-palla anche contro grandi squadre, con la sempre apprezzabile idea di cercare di buttare via il meno possibile il pallone (Schuster non è un tecnico offensivista come luogo comune madridista vorrebbe, però quest’ aspetto del suo calcio mi sembra innegabile, e con una rosa di valore superiore può venire fuori ancora meglio).
Proprio in queste circostanze il Geta ha sfoderato le partite più sorprendenti della stagione: grande vittoria caslinga col Real Madrid ad Ottobre, a Gennaio un 1-1 immeritato (nel senso che meritava di vincere) contro un Barça nel primo tempo sopraffatto addirittura sul piano del possesso-palla, semplici antipasti dei veri e propri show propostici in Copa del Rey, il fiore all’ occhiello della stagione getafense: ai quarti spazzato via un distratto Valencia con una prestazione esemplare per efficacia e padronanza del campo, nella semifinale di ritorno col Barça viene invece completata la più grande impresa della giovane storia del club, 4-0 che ribalta incredibilmente il 2-5 dell’ andata al Camp Nou, quello di “Messidona” tanto per interderci.
La finale col Sevilla però dimostra che oltre non si può proprio andare, stanti i palesi limiti dalla trequarti in su che impediscono di filtrare fra le maglie molto strette di un Sevilla dedito a gestire senza troppi sforzi il vantaggio guadagnato in apertura col gol di Kanouté su erroraccio di Pulido.
Partiti Schuster e Alexis, non finisce certo la festa, c’è una Uefa da giocare, con Miki Laudrup in panchina e gente nuova che ci sa fare come Mario, Daniel “el Cata” Diaz, Ikechukwu Uche e i giovani scuola-Valencia Pablo Hernandez e Pallardò. Voto: 8.

Punti: 52 (nono posto). Vittorie: 14. Pareggi: 10. Sconfitte: 14.
Gol fatti: 39. Gol subiti: 33 (miglior difesa assieme al Barça). Class. Marcatori: Guiza 11 gol; Manu del Moral 8; Casquero 5.
Formazione tipo (4-4-1-1): Abbondanzieri; Contra (David Cortés), Belenguer, Alexis, Paredes; Cotelo, Celestini, Casquero, Nacho; Manu del Moral; Guiza. Allenatore: Bernd Schuster.

PROMOSSI: Abbondanzieri, Premio Zamora. Stile non proprio irreprensibile, alcune papere (a Vila-Real, al Bernabeu e nella sconfitta di misura in casa del Depor) ma personalità e molte parate importanti oltre che spettacolari. Completano una grande difesa l’ esperto Belenguer, consacratosi come Piccolo Kaiser in questi suoi anni al Getafe, e la perla Alexis, strappato dal Valencia al Real Madrid, una delle rivelazioni della stagione, nonostante il suo calo nella seconda parte, proprio in coincidenza con tutte le voci di mercato, sia stato evidente a tutti, in primis nella prestazione miserabile al Camp Nou in Copa del Rey, un’ incredibile accozzaglia di errori dilettanteschi.
Casquero, eccezionale stagione: perno del centrocampo e motore di tutte le azioni, sempre stilisticamente accattivante, con un contributo tutt’ altro che disprezzabile in zona gol, 5 centri frutto di ottimi inserimenti e di un destro assai pericoloso nelle conclusioni da fuori (ma anche con l’ altro piede ha messo un paio di gol da favola).
Dani Guiza grande pirata del gol, micidiale nelle azioni in contropiede e nei tagli alle spalle dei difensori, sul filo del fuorigioco e con uno score quasi infallibile a tu per tu col portiere. Eroe di coppa, veri e propri show con Valencia e Barça. Grande sorpresa Paredes: terzino sinistro quasi completamente trascurato due stagioni fa, quest’ anno regolare e insostituibile, solido in fase difensiva e aggressivo nelle sovrapposizioni. Nuovo acquisto del Zaragoza.
GIUDIZIO IN SOSPESO: Albin, trequartista mancino uruguagio, è un giovane le cui qualità non passano inosservate: l’ anno prossimo potrebbe essere la sua stagione.
BOCCIATI: C’ era una certa attesa per Verpakovskis, attesa francamente delusa in una mezza stagione che non è valsa il riscatto del cartellino dalla Dinamo Kiyv.



Osasuna

Il prototipo della squadra di metà classifica. Sorniona, senza particolari picchi di fantasia o qualità ma anche senza grossi punti deboli, completa nei reparti e in grado di adattarsi ai diversi ritmi ed esigenze tattiche di un match. Probabilmente meno aggressivi nel pressing rispetto all’ era-Aguirre, più portati a ripiegare infoltendo il centrocampo (molto spesso Ziganda ha adottato un 4-1-4-1, facendo leva sulla polivalenza di Raul Garcia, utilizzabile sia nel doble pivote che da mezzala o centrocampista offensivo in appoggio a un’ unica punta) e rallentando il ritmo dell’ azione avversaria, anche se i navarri non hanno certo perso, soprattutto fra le mura amiche, la capacità di alzare il tasso di agonismo a centrocampo, cercando con insistenza e attraverso una manovra semplice e geometrica (con una sfumatura negativa direi schematica) lo sfondamento sulle fasce per poi far valere il loro validissimo arsenale aereo.
Stagione d’ inevitabile, e rischiosa, transizione, dopo i fasti del miracoloso quarto posto del 2005-2006. Un po’ traumatizzato dalla sfortunata eliminazione nel preliminare di Champions con l’ Amburgo, l’ Osasuna ha avuto una partenza difficile, ma ha saputo presto rimettersi in carreggiata e dare un accettabile significato alla sua stagione, soprattutto con l’ eccellente cavalcata in Coppa Uefa, che ha mietuto vittime illustri come Glagow Rangers e Bayer Leverkusen e si è infine arrestata, e a testa più che mai alta, nella semifinale con il Sevilla. Voto: 6,5.

Punti: 46 (quattordicesimo posto). Vittorie: 13. Pareggi: 7. Sconfitte: 18.
Gol fatti: 51. Gol subiti: 49. Class. Marcatori: Soldado 11 gol; Valdo 6; Raul Garcia 4; David Lopez 4.
Formazione tipo (4-2-3-1): Ricardo; Javier Flano, Cuéllar (Cruchaga), Josetxo (Miguel Flano), Corrales (Monreal); Punal, Nekounam (Raul Garcia); Juanfran, Raul Garcia, David Lopez; Soldado (Webo, Milosevic). Alleantore: “Kuko” Ziganda.

I MIGLIORI: Nekounam è giunta in Spagna in sordina, ma si è affermato unanimemente come uno dei nomi nuovi della Liga, giocatore di notevole equilibrio e saggezza tattica a centrocampo. Ha faticato tanto a carburare in avvio di stagione, ma Soldado infine è entrato come logico nella dinamica più naturale, quella cioè del gol. Si potrà discutere sulle caratteristiche tattico-estetiche del giocatore (come ho detto altre volte, non sono un fan di questo tipo di attaccanti esclusivamente finalizzatori, alla Trezeguet), ma non c’è dubbio che se gli fai arrivare i palloni lui li sa valorizzare eccome.
David Lopez, fresco acquisto dell’ Athletic Bilbao, è stato probabilmente il miglior giocatore della stagione osasunista: destro puro, Ziganda lo ha adattato con notevole successo a sinistra, mossa che ha convertito in mero accidente l’ assenza per infortunio di Delporte. Il piede destro di David Lopez se n’è beneficiato non solo per i noti cross ben tagliati, ma anche per le conclusioni a rete, che hanno trovato più specchio a disposizione. Anche Juanfran buon protagonista sulla destra coi suoi dribbling da anguilla: giocatore non sempre sufficientemente considerato.
GIUDIZIO IN SOSPESO: Una verifica importante, e delicatissima, attende Raul Garcia nel prossimo campionato all’ Atlético. Ha tutte le potenzialità per diventare quella mezzala in stile inglese, completa e forte negli inserimenti, aliena allo stereotipo del classico centrocampista spagnolo, ma è ancora un po’ indefinito in termini di personalità, continuità di rendimento e pure ruolo. La sua versatilità è certamente un valore importante, ma per consacrarsi deve trovare un profilo tecnico-tattico stabile: regista, mezzala o centrocampista offensivo? Per il momento è un po’ tutti e tre e nessuno dei tre.
Anche l’ Espanyol ha deciso di compiere un’ operazione verità su Valdo, talento tutto agilità e tecnica ancora poco espresso. Poche nuove da Héctor Font.


Athletic Bilbao

Anche quest’ anno sani e salvi, l’ indicibile è stato scongiurato. Resta però la sensazione, sempre più chiara e preoccupante, che l’ ambiente e il tifo dell’ Athletic stiano sempre più familiarizzando non solo con l’ insolente e ripetuta profanazione del loro feudo, ma anche con l’ idea solo fino a poco tempo fa assurda della Segunda.
La qualità non è certo ai massimi storici, la cantera vive un momento di stanca e sul mercato ristretto che l’ Athletic si è storicamente autoimposto la scelta non è attualmente né ampia né di livello soddisfacente, sebbene la retrocessione della Real Sociedad offra qualche margine in più di azione. A livello istituzionale la situazione si è definita nelle ultime ore con l’ elezione del nuovo presidente Garcia Macua, che porta con sé come prossimo allenatore Caparros, scelta più che mai incoraggiante.
Proprio dalle istituzioni partiremo per ripercorrere quest’ altra travagliata stagione bilbaina. Lamikiz ha fatto a tempo a combinare l’ ultimo dei suoi pasticci: divorzio burrascoso e prematuro, in pre-pretemporada, da Clemente, e ripetizione pari pari, anzi in maniera pure più decisa, dell’ errore compiuto con la scelta di Mendillibar nella Liga 2005-2006. Altro allenatore inesperto, Sarriugarte, altra partenza falsa, con balbettii sul modulo (il contortissimo 4-3-3 estivo viene subito abbandonato per tornare allo storico 4-2-3-1/4-4-2), prestazioni pessime e ritardo già pesante in fondo alla classifica. Lamikiz dà le tanto invocate dimissioni (lo sostituisce Ana Urkijo, prima “presidenta”, anche se solo traghettatrice, nella storia dei Leoni), e anche la soluzione ai drammatici problemi tecnici ricalca perfettamente le scelte del 2005-2006.
Allora un mostro sacro come Javi Clemente, quest’ anno il meno spigoloso ma ugualmente scafato e pragmatico Mané. Mané che ha come primo obiettivo quello di tappare le falle di una difesa disastrata, cercando di ovviare con il lavoro collettivo e la coesione fra i reparti alla drammatica scarponeria dei singoli. Per qualche partita la ricetta sembra funzionare, con la vittoria nel derby all’ Anoeta come punto più alto, ma poi la ricaduta è netta, in coincidenza soprattutto con le desolanti sconfitte casalinghe con Nàstic.
Athletic che si ritrova con un bilancio di gol subiti superiore a quello del solo Nàstic, e che a questo aggiunge un attacco dalle garanzie non proprio sconfinate (Aduriz intermittente, Llorente inesistente, Nonno Urzaiz ha pesato troppo più del dovuto) e soprattutto un centrocampo, teorico punto di forza della squadra, menomato dagli imprevisti, ovvero la squalifica per doping severa quanto discussa di Gurpegi e gli infortuni di Tiko e soprattutto Pablo Orbaiz, punto di riferimento tattico imprescindibile oltre che miglior elemento della rosa biancorossa. Centrocampo ridotto all’ insostituibilità del grezzo e pachidermico Murillo e a continui cambi di ruolo, con mal di testa annesso, per Javi Martinez ed Iraola.
Poco o nullo il gioco, l’ Athletic si è affidato al carattere, all’ orgoglio e all’ inesauribile supporto del suo pubblico, armi importanti, assieme alle scelte balorde di Quique Sanchez Flores sull’ altra panchina, nella vittoria probabilmente più importante della stagione, l’ 1-0 casalingo col Valencia, risolta dall’ insolita squisitezza di tacco del grigio Gabilondo.
Finale di campionato affannoso, anche se abbastanza contenuto nei suoi toni drammatici dalla fortunatamente scarsa reattività degli avversari diretti per la salvezza, su tutti il Celta. Voto: 5.

Punti: 40 (diciassettesimo posto). Vittorie: 10. Pareggi: 10. Sconfitte: 18.
Gol fatti: 44. Gol subiti: 59 (seconda peggior difesa della Liga). Class. Marcatori: Aduriz 9 gol; Urzaiz 8; Iraola 5.
Formazione tipo (4-2-3-1/4-4-2): Aranzubia (Lafuente); Exposito, Sarriegi, Amorebieta (Luis Prieto, Ustaritz), Casas (Javi Gonzalez, Exposito); Murillo; Javi Martinez (Iraola); Iraola (Javi Martinez, Etxeberria), Yeste, Gabilondo; Urzaiz (Aduriz). Allenatore: Mané.

PROMOSSI: Viva i vecchietti! Urzaiz, alla stagione d’ addio, ha sorpreso tanti con i suoi gol, preziosissimi (più di quelli pur numericamente superiori di Aduriz) per tenere in piedi la baracca, e col peso specifico che, in quanto torre dell’ attacco, ha avuto sul misero gioco della squadra. Etxeberria anagraficamente è ancora in regola, ma segnali di bollitura ne aveva dati, e così ci ha sorpreso non poco il suo eccellente, determinante, finale di stagione, come zanzara fastidiosissima sul centro-destra dell’ attacco, specialmente nell’ ultima di campionato col Levante.
Iraola è stato un po’ la stampella di questo malandato Athletic: anche schierato al centro del campo, ha fatto valere il suo ottimo trattamento del pallone e il vivo senso del gioco. Javi Martinez l’ emergente, per il momento son solo assaggi, ma per un diciottenne la personalità vista non è comune, e ci sono i margini per farne una specie di Vieira bianco, sempre che non ci si abbandoni a esperimenti bizzarri come quelli di Mané che in alcune occasioni lo ha ingabbiato sulla fascia destra (invertito proprio con Iraola) o gli ha fatto fare il quasi-centravanti.
GIUDIZIO IN SOSPESO: Capocannoniere della squadra, ma non è stata una stagione facile per Aduriz: grossi stenti nella prima parte della stagione, probabilmente la ri-affermazione di Urzaiz lo ha tagliato fuori dalle linee del gioco, ora rigorosamente per via aerea invece che di rimessa come gradisce l’ ottimo Aritz.
Solita pietra della discordia Yeste, mai troppo amato dal pubblico della Catedral per la sua vaga indolenza, sottotono ma anche col buon alibi della pubalgia. Altra stagione a vuoto per il trascurato Llorente: o si dà una mossa l’ anno prossimo, con l’ addio di Urzaiz, oppure sono guai seri, ancora di più per l’ Athletic che per lui.
BOCCIATI: Il sonno della difesa genera mostri. Sarriegi, uno dei più scarsi titolari di tutta la Liga, eppure inamovibile nel suo ruolo di principale gaffeur della difesa, un centrale al tempo stesso grezzo tecnicamente eppure morbidissimo sugli attaccanti avversari, combinazione davvero letale.
Chi non è morbido per niente è Amorebieta, centrale irritante per la brutalità e l’ inefficacia dei suoi interventi, andrebbe rimosso di peso sempre che Caparros, abituato a trattare coi trucidi (chi dimentica la coppia Javi Navarro-Pablo Alfaro al Sevilla? Le caviglie avversarie no di certo…), non ne faccia un difensore perlomeno decente. Almeno una consolazione la logica ce l’ ha fornita: con tutte le difficoltà che può aver avuto Aranzubia, non poteva proprio restare titolare il brocco Lafuente, memorabile in negativo nella sconfitta casalinga col Sevilla.


Mallorca

Vi rimando a quest’ analisi che ho effettuato prima dell’ ultima giornata col Real Madrid, che non ha spostato di una virgola la buona considerazione della stagione del club delle Baleari. Voto: 6,5.

Punti: 49 (undicesimo posto). Vittorie: 14. Pareggi: 7. Sconfitte: 17.
Gol fatti: 41. Gol subiti: 47. Class. Marcatori: Jankovic 9 gol; Arango 8; Victor 4; Nunes 4.
Formazione tipo (4-4-2/4-2-3-1): Moya (Prats); Héctor (Varela), Ballesteros, Nunes, Fernando Navarro; Varela (Jankovic, Jonas Gutiérrez), Guillermo Pereyra, Ibagaza, Jonas Gutiérrez; Arango, Victor (Maxi Lopez). Allenatore: Gregorio Manzano.

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giovedì, luglio 05, 2007

Bilancio finale Liga 2006-2007: le altre squadre/2

Betis

Una delle squadre più orride della stagione, da censurare senza remora alcuna. Una rosa dal potenziale più che discreto, la cui resa collettiva è risultata totalmente insoddisfacente, per usare un eufemismo. Una società che vive alla giornata (qualcuno li liberi dall’ abbraccio fatale di Don Manué!), impietoso il confronto con la programmazione dei concittadini del Sevilla, con la collaborazione dei quali è stata scritta una delle pagine più vergognose della storia del calcio recente, ovvero la bottigliata a Juande Ramos nel derby di Coppa del Re, evento favorito da un contesto che alla vigilia dell’ incontro le due società si sono impegnate a rendere il più possibile alieno alla corretta logica dello sport.
Irureta è arrivato, ha “subito” gli acquisti tutti in un colpo negli ultimi giorni del mercato estivo, e se ne è scappato, con le mani fra i pochi capelli, già a Natale, quando la società ha contraddetto le sue decisioni sulla durata delle vacanze da concedere ai giocatori per la pausa festiva, cosa inaccettabile per un allenatore della sua esperienza e professionalità.
Se Jabo proprio non è riuscito a dare un gioco a questa squadra, il suo rimpiazzo Luis Fernandez neanche ci ha provato: safety first, la sicurezza prima di tutto, cambi continui di formazione, tutti dietro, calcioni e pallonate a casaccio, sperando nelle sgomitate di Robert e nel buon cuore di qualcuna fra le tante mezzepunte disposte ad inserirsi.
Strategia che ha portato una boccata d’ ossigeno solo momentanea, prima della caduta libera finale che, fra accuse di complotto arbitrale e i classici alibi di chi non sa che pesci pigliare, hanno portato il Betis nel fango della retrocessione a soli 10 minuti dalla fine del campionato, prima che il buon Edu con la sua doppietta sul campo del Racing non togliesse le castagne dal fuoco a Paco Chaparro, uomo del club cui la società aveva affidato la panchina proprio per l’ ultima partita, nell’ intento di riportare un po’ di serenità prima del temutissimo traguardo stagionale.
Ottenuta una assai poco decorosa salvezza, bisogna pensare a ricostruire seriamente una rosa che al di là della buona qualità generale ha dato non pochi segnali di esaurimento e saturazione. Una rifondazione che, dopo il no di un Marcelino pochissimo convinto dei presupposti sui quali lavorare, è stata affidata ad Héctor Cuper. Voto: 4.

Punti: 40 (sedicesimo posto). Vittorie: 8. Pareggi: 16. Sconfitte: 14.
Gol fatti: 36 (terzo peggior attacco). Gol subiti: 49. Class. Marcatori: Robert 9 gol; Edu 8; Sobis 4. Class. Assist: Assunçao 4; Romero 2; Capi 2.
Formazione tipo (4-2-3-1, quasi impossibile da ricostruire): Doblas; Ilic (Melli), Melli, Juanito, Fernando Vega (Romero, Isidoro); Rivera (Capi), Assunçao; Sobis (Odonkor, Maldonado), Capi (Fernando), Edu (Xisco); Robert (Sobis). Allenatori: Javier Irureta/ Luis Fernandez/ Paco Chaparro.

PROMOSSI: Edu, pensaci tu. Quando gli infortuni non lo tormentano, resta una delle poche certezze di questa squadra sgangherata: poco appariscente sulla trequarti, ma sempre molto concreto negli inserimenti sotto rete. Uomo-salvezza coi due gol di Santander, che per una amara coincidenza hanno condannato alla retrocessione la sua amata ex-squadra, ovvero il Celta. Robert, attaccante modesto se ce n’è uno, il brasiliano più antibrasiliano di tutti, ma comunque uno che non si tira mai indietro, l’ ideale per un Betis che, senza il gioco, ha dovuto ricorrere alla lotta pura e semplice. Facendosi un paio di conti, i suoi 9 gol son stati piuttosto importanti. Andrà via molto probabilmente, ha esaurito la sua funzione storica. Non è dispiaciuto l’ acquisto invernale Ilic.
BOCCIATI: La lista sarebbe troppo lunga, obbligatorio un riassunto: Maldonado, la classica meteora d’ inizio stagione; Vogel, mai inseritosi; Jorge Wagner, inadatto al calcio europeo; Romero, vecchia gloria; Rivera, del quale non finiremo mai di rimpiangere quello che poteva essere e che invece inequivocabilmente non è stato; Dani, ancora un anno a vuoto: incompreso o inconsistente?; Miguel Angel, deludentissimo in queste due stagioni in verdiblanco (quest’ anno Fernandez l’ ha impiegato non di rado nell’ antichissimo ruolo di esterno destro), anche se la sfortuna ha avuto la sua parte (il lungo infortunio dell’ anno scorso è stato una brutta botta).
GIUDIZIO IN SOSPESO: Sobis, capitato nella stagione peggiore, è stato valorizzato pochissimo: inizio folgorante con doppietta nel derby, solitudine da unica punta con Irureta, stravolgimento quasi totale col Machote Fernandez, che lo ha spesso utilizzato in un ruolo di esterno destro di centrocampo (in una squadra per giunta catenacciara) che non si addice proprio a questa seconda punta dal gioco destro-sinistro che a più d’ un tifoso del Betis ha ricordato l’ idolo Alfonso. Chissà che con Cuper, con un 4-4-2 e con un partner come il Tanque Hugo Mariano Pavone, non si possa vedere il prossimo anno il vero Sobis. Non ditelo però ai tifosi del Barça che Sobis è stato poco incisivo…
Odonkor, per quanto lo ritenga un giocatore molto sopravvalutato (perché questa non è una corsa di cani, e bisogna saperlo trattare il pallone), non ha accumulato presenze sufficienti per una sana stroncatura, data la sua lunga assenza per infotunio. Il giovanotto Juande ha fatto intravedere buone maniere in mezzo al campo.



Real Sociedad

Dopo 40 anni in Primera, una retrocessione eclatante, ma diretta conseguenza della campagna dello scientifico indebolimento messo in opera negli anni da Astiazaran prima (il secondo posto del 2002-2003 è stato un’ illusorio fuori programma, guardate anche questo grafico) e da Fuentes, fresco dimissionario, poi. Il catastrofico Bakero poi ha dato il colpo di grazia in estate: campagna acquisti autolesionista, mezze figure, medianacci e jolly fra difesa e centrocampo di bassissimo spessore, con Diego Rivas “fiore all’ occhiello” per 3 milioni di euro e Kovacevic lasciato abbandonato a sé stesso dalla partenza non rimpiazzata di Nihat e da un centrocampo che ha toccato gli abissi della broccaggine più profonda.
Non è valso a nulla stavolta l’ “effetto Mark Gonzalez”, cioè la correzione in corso d’ opera che salva la situazione. Savio ce l’ ha messa tutta, ma né lui né le sagge strategie utilitaristiche di Miguel Angel Lotina (al di là di qualche scelta di formazione magari un po’ discutibile, di più non poteva fare) hanno potuto evitare un disastro annunciato. Voto: 3.

Punti: 35 (penultima). Vittorie: 8. Pareggi: 11. Sconfitte: 19.
Gol fatti: 32 (peggior attacco assieme al Deportivo). Gol subiti: 47. Class. Marcatori: Savio 5 gol; Diaz de Cerio 4; Xabi Prieto 3. Assist: Xabi Prieto 3; Lopez Rekarte 2; Garitano 2.
Formazione tipo (4-2-3-1/4-4-2): Bravo; Gerardo (Lopez Rekarte), Ansotegi (Mikel Gonzalez), Victor Lopez, Garrido (Lopez Rekarte); Garitano, Juanito (Aranburu); Xabi Prieto, Aranburu (German Herrera, Diaz de Cerio), Savio; Kovacevic. Allenatori: José Maria Bakero/ Miguel Angel Lotina.

PROMOSSI: E’ uno scherzo crudele che a sbagliare il rigore che nella penultima giornata ha praticamente condannato la Real alla retrocessione sia stato proprio Savio, il giocatore che, evidenziando una dignità tecnica anni luce distante rispetto a quella dei suoi compagni, era diventato l’ unica ragionevole fiammella di speranza per i tifosi txuri-urdin. Tifosi che dopo l’ errore e le conseguenti lacrime, non hanno esitato a tributare un caloroso applauso all’ indirizzo del giocatore. Arrivato a Gennaio fra sospetti di pensionamento anticipato, ha dimostrato come per chi considera il pallone alla stregua di un prolungamento del proprio corpo passare la trentina non significhi poi ‘sta gran cosa. L’ anno prossimo vedremo Savio al Levante, la versione iberica di Jurassic Park.
Le note positive sono poche altre, come ben si può immaginare: Aranburu, uno dei pochi giocatori validi della rosa, anche se impiegato non con la dovuta continuità e non sempre nel ruolo più adatto; Bravo, al di là di alcune papere (una anche con la maglia del Cile nella recente partita di Copa America con l’ Ecuador), portiere interessante per la sua non comune agilità; Diaz de Cerio, anche lui utilizzato meno del dovuto da Lotina, attaccante perlomeno vivace e sveglio; Mikel Gonzalez, il meno peggio dei difensori; Gerardo, modesto ma affidabile.
BOCCIATI: Darko Kovacevic, presenze: 33, reti: 3! Perché? Perché la sua permamente condizione di isolamento è stata quanto di più amaro possa esistere per ogni centravanti, la società gli dovrebbe pagare una sorta di risarcimento, magari equivalente alla somma spesa in estate per i vari Diego Rivas, Gerardo, Juanito, Fabio Felicio e compagnia cantante…
Diego Rivas per l’ appunto era stato l’ acquisto clou del mercato condotto da Bakero, che voleva così blindare la difesa con una diga in mediana e trascurando così i problemi drammatici di qualità e imprevedibilità dal centrocampo in su. I risultati a livello collettivo si sono presto visti, e anche a livello individuale Diego Rivas, mai titolare vero, ha completato una stagione pessima, ulteriore dimostrazione del fatto che è tutt’ altra cosa brillare in un contesto tanto favorevole come quello del Getafe.
Jesuli, acquistato ad Ottobre, si è dimostrato irrecuperabile ed irriconoscibile rispetto al funambolo dei tempi del Celta, ben conosciuto da Lotina. Ansotegi un difensore inguardabile, misterioso come Lotina lo abbia spesso preferito al dignitoso Mikel Gonzalez. Garitano è una delle più chiare dimostrazioni della sconcertante mediocrità tecnica txuri-urdin, mentre Xabi Prieto affonda sempre di più nel brodo della propria inconsistenza, fatto ancora più grave quando ti trovi ad essere uno dei pochi in grado di trattare il pallone e devi assumertene le responsabilità (come ha fatto Savio, tanto per capirci).



Zaragoza

Importantissimo aver centrato l’ obiettivo stagionale, la Uefa, per mantenere vivo l’ ottimismo su un progetto, quello della coppia Agapito Iglesias-Eduardo Bandrés, che non nasconde importanti ambizioni a medio-lungo termine. Uno degli uomini più amati in assoluto dalle parti della Romareda, Victor Fernandez, era stato incaricato di guidare un progetto dichiaratamente basato su un calcio offensivo, nel quale il buon trattamento del pallone vigesse come comandamento fondamentale. Sul piano del gioco, solo a tratti, seppure tratti di notevole tasso spettacolare, alle intenzioni son corrisposti i fatti: è diventata celeberrima infatti la discontinuità di questo Zaragoza, non solo di partita in partita ma addirittura anche all’ interno degli stessi 90 minuti.
A fasi, soprattutto fra le quasi inespugnabili mura della Romareda, di dominio assoluto, con grande armonia fra le combinazioni del quartetto offensivo e le costanti sovrapposizioni dei terzini, hanno corrisposto blackout paurosi, generalmente passata l’ ora di gioco, nei quali soltanto la buona predisposizione al sacrificio degli undici in campo, una difesa di buon livello, uomini di spicco come Zapater e Gabi Milito e la possibilità sempre viva di un contropiede fra i più ficcanti del campionato hanno limitato i danni ad una squadra in evidente disagio quando non ha il possesso-palla dalla sua parte.
Ad occhio, inoltre, non dovrebbe essere stata azzeccatissima la preparazione atletica, vista la già citata scarsa tenuta (anche mentale, sia chiaro) durante i 90 minuti e il calo verticale nel finale del campionato che poteva costare assai caro, dato che soltanto a un quarto d’ ora dalla fine l’ 1-1 di Diego Milito sul campo del Recre ha assicurato quella qualificazione-Uefa che, assaporata e gestita per tutta la Liga (con addirittura frequenti avvicinamenti alla quarta piazza), sarebbe stata una beffa colossale lasciarsi scappare sul filo di lana. Voto: 7.

Punti: 60 (sesto posto, Uefa). Vittorie: 16. Pareggi: 12. Sconfitte: 10.
Gol fatti: 55. Gol subiti: 43. Class. Marcatori: Diego Milito 22 gol; Ewerthon 6; Aimar 5. Class. Assist: D’ Alessandro 6; Sergio Garcia 6; Aimar 4.
Formazione tipo (4-4-2): César; Diogo, Sergio Fernandez (Piqué), Gabriel Milito, Juanfran; D’ Alessandro, Zapater, Celades (Piqué, Movilla), Aimar; Sergio Garcia (Ewerthon), Diego Milito. Allenatore: Victor Fernandez.

PROMOSSI: Diogo è stato uno dei cardini del modulo di Victor Fernandez, il giocatore meno sostituibile della rosa, per l’ assenza di alternative plausibili per la posizione di terzino destro e per il ruolo decisivo assegnato ai terzini nel dare ampiezza alla fase offensiva del Zaragoza (che non dispone di ali e sugli esterni a centrocampo schiera due trequartisti come Aimar e D’ Alessandro). Diogo è stato, al di là dell’ eccessiva irruenza e di certe pesanti cadute di stile sul piano disciplinare (vedi la rissa da pollaio con Luis Fabiano), più volte protagonista entusiasmante, con le sue esaltanti galoppate, la carica agonistica e l’ impressionante bagaglio atletico che gli permette di coprire tutta la fascia destra.
L’ infallibile braccio armato è stato anche quest’ anno Diego Milito, eccezionale attaccante, completo (gli manca solo il colpo di testa), in grado di giostrare con eguale disinvoltura sia in spazi ampi in contropiede e ad alta velocità, sia nell’ area piccola con opportunismo e freddezza da campione, sia ancora dialogando coi compagni palla a terra o puntando l’ avversario in uno contro uno quando si defila su una delle due fasce.
Colonne e leader rispettivamente di difesa e centrocampo Gabi Milito e Zapater. L’ argentino (attualmente contesissimo sul mercato) autorevole come non mai, il giovane di casa già incredibilmente maturo, elemento imprescindibile per mantenere i giusti equilibri fra i reparti, sapiente in ogni suo intervento, ormai ampiamente all’ altezza di una convocazione in nazionale per il post-Albelda.
Questa è stata anche l’ annata dell’ esplosione di Sergio Garcia, vivacissimo apriscatole nel ruolo di seconda punta sottratto ad Ewerthon, con l’ unico non lieve neo della scarsa freddezza in zona gol. Seppure nella veste non sempre splendente di tappabuchi (primo rincalzo per i difensori centrali, ma anche centrocampitsa difensivo e terzino destro), Piqué non ha nascosto il suo grande talento, specie nella memorabile prestazione casalinga contro il Barça. Valido César fra i pali.
GIUDIZIO IN SOSPESO: D’ Alessandro, talento sicuramente riabilitato rispetto alle secche di Wolsfburg, ma con evidenti incancellabili lacune di discontinuità e di concretezza. Alcune grandi prestazioni (soprattutto ad inizio stagione ma anche nell’ 1-0 al Barça), qualche boba ben riuscita, ma anche un letargo nella fase centrale della stagione e una frustrante tendenza a tenere palla oltre il consentito e a scegliere troppo spesso la giocata meno logica ed efficace, forse anche un po’ penalizzato dal fatto di dover partire, lui tutto-mancino, defilato sulla destra. Resistenza scarsissima, quasi sempre Victor si è trovato costretto a cambiarlo appena passata l’ ora di gioco.
Aimar, nelle previsioni il leader tecnico di questo nuovo progetto del Zaragoza, ha potuto mostrarsi tale soltanto ad intermittenza. Colpa dei soliti problemi fisici: non che abbia giocato poco (31 presenze) e non che abbia giocato male (cito lo show contro il Real Madrid alla penultima giornata tanto per dare un’ idea), ma due stop fra la la settima e la decima e far la ventesima e la venticinquesima giornata lo hanno un po’ frenato nella sua corsa verso la forma e la continuità migliore, purtroppo quando anche, come è nel caso di Victor Fernandez, il suo sublime talento ha trovato la più adeguata base di fiducia (“Quando Aimar prende palla, il mio compito è finito”, Victor dixit).
Ancora dobbiamo scoprire le vere potenzialità delle due promesse di casa, Lafita (solo tanti spezzoni per dare il cambio a “Duracell” D’ Alessandro) e Longas (talento intrigante, grande palla per il gol decisivo di Diego Milito all’ ultima giornata, ma spazi chiusissimi sulla trequarti della formazione titolare: probabilmente dovrà migrare in prestito).
BOCCIATI: Ewerthon non ha confermato le eccellenti prestazioni della sua prima stagione alla Romareda. Scavalcato da Sergio Garcia come accompagnatore di Diego Milito, potrebbe anche essere ceduto quest’ estate (molto interessato lo Stoccarda). Movilla uno dei meno convincenti in assoluto: unico regista nella rosa, ma troppo lento, debole in fase difensiva e con tempi di reazione infiniti.



Celta

Dopo la Grande Catastrofe, quella del Barça, ecco la Piccola Catastrofe. Ai più risultano inspiegabili i motivi per i quali una squadra con un potenziale palesemente di metà classifica (e anche con punte di alto livello tecnico sulla trequarti) sia potuto retrocedere in maniera così inopinata e anche meritata, nonostante il troppo tardivo scatto d’ orgoglio della vittoria al Vicente Calderon nella penultima giornata.
Affidandoci ai numeri, possiamo valutare cosa sia tanto drammaticamente cambiato dall’ eccellente scorsa stagione a questo disastro: la produzione offensiva si è mantenuta più o meno sugli stessi non esaltanti livelli, 45 gol l’ anno scorso 40 quest’ anno, frutto della dipendenza e dell’ isolamento di Baiano e della difficoltà a concretizzare appieno momenti anche brillanti di gioco; al contrario, la tenuta difensiva, fiore all’ occhiello la passata stagione (con 33 gol al passivo miglior difesa assieme al Valencia), quest’ anno è completamente saltata, la bruttezza di 59 gol incassati. La cessione di Sergio in parte avrà inciso, ma non può essere l’ unica spiegazione per la spaventosa vulnerabilità sulle palle inattive e per tremori ed errori dilettanteschi impropri di difensori dal livello in assoluto non certo infimo, penso soprattutto a Lequi, ma anche a Tamas. In generale il Celta ha dimostrato, man mano che sprofondava nell’ abisso, una palese incapacità nel gestire le situazioni (di vantaggio, di svantaggio, di tutto) con la concentrazione e la serenità giuste.
Avventuroso il percorso della stagione celeste: avvio regolare, con quel pessimo rendimento casalingo che restava solo un dato curioso finchè il Celta pareva potersi mantenere in zona-tranquillità e finchè si proponeva in maniera autorevole in Uefa (ricordiamo la partita di Palermo, la migliore della stagione). Poi neanche più i punti fuori casa, e il crollo si fa inesorabile.
Solo alla trentesima giornata però arriva il cambio di allenatore tanto atteso da una tifoseria fortemente ostile a Fernando Vazquez. Non hanno convinto però né i tempi né le modalità della svolta: innanzitutto perché se si doveva licenziare Vazquez, andava fatto prima, poi per la scelta di un tecnico senza nessuna esperienza come Stoichkov. Dopo l’ illusoria vittoria nel derby galiziano col Depor, cinque sconfitte di fila hanno affondato la barca. Ora si ripartirà, di nuovo, dalla Segunda, con la conferma di Stoichkov e un progetto di rilancio maggiormente imperniato sulla cantera, col prevedibile lancio fra i titolari dei talenti Jonathan Vila e Dani Abalo. Voto: 4.

Punti: 39 (diciottesimo posto, retrocessa in Segunda Division). Vittorie: 10. Pareggi: 9. Sconfitte: 19.
Gol fatti: 40. Gol subiti: 59. Class. Marcatori: Fernando Baiano 14 gol; Nené 8; Gustavo Lopez 2. Class. Assist: Canobbio 6; Gustavo Lopez 6; Nené 3.
Formazione tipo (4-2-3-1): Pinto; Angel, Contreras (Tamas), Lequi, Placente; Iriney (Pablo Garcia), Borja Oubina; Gustavo Lopez, Canobbio, Nené; Baiano. Allenatori: Fernando Vazquez/Hristo Stoichkov.

PROMOSSI: Gustavito Lopez sempre nei nostri cuori. Neanche a 35 anni la classe, quella purissima, va via. Idolo difficilmente contrastabile dei tifosi, dopo una scorsa stagione ai margini, è stato rispolverato risultando, tanto impiegato sulla destra quanto a sinistra, una delle poche note liete della stagione. E’ fra gli svincolati di lusso di questo calciomercato.
Baiano imprescindibile nonostante tutte le cose assurde che possa pensare l’ eccentrica (per essere gentili) tifoseria del Balaidos. Pensare che questo grande attaccante (addirittura fenomenale se solo avesse anche un po’ di velocità, di passo e di esecuzione) si può liberare per soli 4 milioni, considerando le spese pazze e le cifre assurde che si sentono in questi giorni di calciomercato, fa certamente riflettere.
Nené, anche lui ingiustamente criticatissimo da parte della tifoseria, il suo lo ha fatto. Non è Silva, si sapeva, ma al di là di un’ attitudine talvolta innegabilmente svagata, non sono mancati né l’ estro né i gol. Angel forse il più continuo.
GIUDIZIO IN SOSPESO: Guayre e De Ridder, il primo per continui guai fisici il secondo (che non mi ha mai entusiasmato) per vero e proprio ostracismo, i due oggetti misteriosi della rosa celeste.
BOCCIATI: Disastri in difesa, nel pallone soprattutto Contreras e Tamas, pure quest’ ultimo che sulla carta pareva un acquisto azzeccato. E’ mancato Canobbio, l’ uomo forse di maggior qualità, lontanissimo dall’ eccellente Liga 2005-2006. Jorge da troppi anni promessa incompiuta, maluccio Pablo Garcia.

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