mercoledì, novembre 28, 2007

Champions, avanti Sevilla e Barça.

Due belle partite ieri sera allo stadio Gerland e al Sanchez Pizjuan, due sfide degne del prestigio della Champions, note complessivamente positive per Sevilla e Barça (le due squadre a mio avviso con maggiori chances di vittoria finale nel lotto delle spagnole), sul piano del risultato e del gioco. Qualificazione matematica agli ottavi per entrambe le squadre, il Barça è già certo del primo posto, il Sevilla con la vittoria di ieri ha scavalcato l’ Arsenal, e dipenderà da sé, cioè da una vittoria sul campo dello Slavia, per mantenere il primato nel girone all’ ultima giornata (risultato importantissimo, ti permette di evitare le squadrepresumibilmente più forti agli ottavi, giocando in casa la partita di ritorno: forse Wenger ha un po’ sottovalutato quest’ aspetto).

Il Sevilla di ieri, intenso, generoso, entusiasta, conferma la tendenza di quest’ inizio stagione, che lo vuole altalenante nel rendimento fra sfide con le piccole, dove gli andalusi evidenziano sin troppe ingenuità e distrazioni, e sfide con le grandi, dove questa squadra ci ricorda in maniera perentoria la quantità e la qualità di gioco che è in grado di esprimere quando gambe e testa girano al meglio.
Non era però cominciata bene: l’ Arsenal, nonostante un undici non proprio di primissime scelte (con giocatori come Senderos e Bendtner, in assoluto di buon livello, ma lontani dall’ idea di gioco di Wender), domina nettamente le prime fasi, il Sevilla brancola nel buio. Gli ospiti costruiscono il loro dominio sulla superiorità numerica a centrocampo: inizialmente disposti meglio rispetto al Sevilla, pressano e arrivano sempre prima sul pallone, esaltandosi poi col loro calcio di possesso che il Sevilla nemmeno riesce a decifrare.
Sevilla che accusa sul campo un disorientamento palese, con ripetute incertezze ed imprecisioni. Con Poulsen e Keita tagliati fuori dalla superiorità del centrocampo inglese, l’ unica soluzione rimane saltare la mediana coi lanci lunghi direttamente verso Luis Fabiano e la boa Kanoutè. I padroni di casa poi confermano l’ allarmante sensazione di fragilità difensiva di tutta questa prima parte di stagione: al primo attacco serio, al primo pallone buttato dentro dall’ Arsenal, Palop capitola: Bendtner (abilissimo nel far salire la squadra e nel lavoro di sponda) crossa dalla destra, Alves, come troppo spesso gli capita sui cross provenienti dall’ altra fascia, chiude in ritardo su Da Silva, il quale in due tempi controlla e gira in rete dopo aver evitato il ritorno di Alves e l’ uscita di Palop.
Questa però sarà l’ ultimo guizzo dei Gunners, da lì in poi la partita cambierà radicalmente segno. Ci vuole l’ episodio giusto per innescare la reazione sevillista: su palla persa e rapido ribaltamento, cross dalla destra di Navas, respinta difettosa di Gilberto Silva, ideale per l’ inserimento al limite dell’ area di Keita, che sfodera un autentico golazo, un bolide di collo-esterno che si insacca sotto la traversa. Mostruoso il maliano, una volta di più.
Il fattore psicologico nel calcio è determinante, il gol trasforma i padroni di casa, che ora cominciano a pressare più alto, a rubare molti più palloni nella metacampo avversario e ad azionare la catena Dani Alves-Jesus Navas, miniera di buon calcio e di palloni per gli attaccanti. Proprio l’ estroso scriccioletto Jesus si inventa un tunnel di tacco a Traoré dal quale nasce la punizione del 2-1, segnata da Luis Fabiano, un Re Mida in questo momento, con un colpo di testa in torsione da grandissimo attaccante.
Nel secondo tempo l’ Arsenal inizia ad alto ritmo, spinge deciso (soprattutto sulla destra, con uno smagliante Eboué) alla ricerca del gol, ma chi ci si avvicina maggiormente è il Sevilla, che ora agendo di rimessa trova parecchi spazi in più (il solito Luis Fabiano in due occasioni si avvicina al 3-1). C’è da dire poi che la spinta dell’ Arsenal col passare dei minuti si affievolisce progressivamente fino a scomparire del tutto (produce poco anche l’ entrata di Rosicky al posto di un Cesc piuttosto sbiadito), complice anche il crescendo della difesa sevillista, sempre più sicura e puntuale col passare dei minuti (discorso che vale in particolare per Fazio, che così come Crespo aveva avuto un inizio alquanto titubante), nonostante il persistere di qualche brivido evitabile sulle palle inattive (Bendtner rischia di rovinare la festa mettendo la zampa su un corner dalla sinistra: Palop giustamente ne dice di tutti i colori ai suoi).
Gli ultimi 20-25 minuti sono di controllo pressochè totale per i padroni di casa, sempre più sciolti nei loro contrattacchi, fino al 3-1 della sicurezza, rigore conquistato e trasformato con eleganza e sicurezza da Kanouté.
Sul piano delle prestazioni individuali, da sottolineare ancora una volta un enorme Luis Fabiano, non solo implacabile finalizzatore ma ora anche autore di un lavoro notevole su tutto il frnte d’ attacco, mobile, battagliero e partecipe come raramente lo si era visto. Manolo Jimenez a differenza di Juande Ramos non pratica un turnover intenso, non si sa quali frutti produrrà alla fine questa politica, ma di certo ne ha beneficiato Luis Fabiano, che più di tutti ha bisogno di sentirsi “coccolato” e sicuro del posto per rendere al meglio.
E’ stata anche la serata di Dani Alves e Jesus Navas, che hanno riportato la fascia destra del Sevilla ai suoi migliori livelli, ciò che era un po’ mancato in quest’ inizio di stagione. In particolare Jesus Navas ha avuto una serata ispiratissima, con tutti quegli slalom e accelerazioni scintillanti che ahinoi tende a mostrarci con una certa irregolarità (un mese dribbla anche le sedie di casa sua, i tre mesi dopo non salta l’ uomo nemmeno a pregarlo). Detto di Keita, voglio rimarcare Dragutinovic, con l’ assenza di Javi Navarro nuovo leader difensivo di questa squadra, poco pubblicizzato ma indispensabile.

Pareggio per il Barça, nemmeno troppo meritato vista la superiorità complessivamente dimostrata nei 90 minuti sul Lione, che al pareggio è arrivato in circostanze episodiche e in parte anche fortunose. Il primo quarto d’ ora del Barça è stato fantastico, il meglio della stagione assieme al 4-1 al Zaragoza: Lione letteralmente assediato, il 4-3-3 finalmente è coeso, dinamico e propone una buona fluidità di manovra. Addirittura si torna a vedere il pressing alto, con Gudjohnsen, Xavi e il magnifico Touré a stringere le maglie e recuperare palloni con ottima continuità. Proprio da una palla rubata a centrocampo nasce la splendida azione dello 0-1, un contropiede nel quale il Barça per una volta non cincischia ma va dritto, profondo, con decisione.
Il prosieguo del match non riserva una qualità di gioco analoga, anzi il livello scende parecchio, però rimane un Barça con l’ attitudine e la concentrazione giuste, più volte vicino al terzo gol. Ieri son stati i primi due gol subiti dal Barça in questa Champions, tutti e due su palla inattiva, il primo di Juninho piuttosto casuale (e irregolare), il secondo su un rigore causato da una sciocchezza evitabile (ed inconsueta) di Abidal: è da notare questa affidabilità difensiva, specialmente nella coppia Puyol-Gabriel Milito, formidabile per grinta ed esplosività.
Sembra poi che Rijkaard, che molti (fra i quali io) temevano un po’ prigioniero di certi “intoccabili”, si sia finalmente deciso a schierare i giocatori più in forma, quelli che gli offrono maggior freschezza, e che gli possono garantire maggiori equilibri, senza guardare in faccia nessuno. Quindi innanzitutto, fuori Ronaldinho dentro Iniesta: nella posizione di attaccante di sinistra, fra i due al momento il confronto non si pone neanche. Iniesta va a ritmi superiori e aiuta molto di più anche in ripiegamento, sta dimostrando che le sue qualità e attitudini sono più quelle della mezzapunta che della mezzala, dove a volte pare un po’ sprecato oltre che non sufficientemente solido in fase di non possesso.
Dentro anche Bojan: tutt’ altro che eccezionale la sua partita, per lungo tempo fuori dal gioco e sempre in difficoltà fisicamente nella lotta coi centrali (ha l’ istinto del bomber, ma non ha ancora il fisico per fare la punta centrale: rischia di venire risucchiato), però il ragazzo è entrato nelle azioni di entrambi i gol, col perfetto assist a Iniesta per lo 0-1 e il servizio per il taglio dentro con cui Messi si è procurato il rigore del secondo vantaggio, dimostrando anche buona visione di gioco.
C’è poi Gudhjohnsen a centrocampo: l’ islandese, in attesa di Deco, può diventare una carta importante come incursore (funzione che solo lui e Touré possono svolgere fra i centrocampisti del Barça, ma l’ ivoriano serve davanti alla difesa), ma ancora non convince appieno. Utile in fase di non possesso, generoso e disciplinato, ha sbagliato però troppo col pallone fra i piedi.

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lunedì, novembre 26, 2007

TREDICESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Atlético Madrid-Valladolid 4-3: Maniche 2' (A); Victor 39' (V); Sisi 47' (V); Maxi Rodriguez 49' (A); Llorente 53' (V); Maxi Rodriguez 55' (A); autorete Pedro Lopez 92' (A).

Villarreal-Almeria 1-1: Nihat 13' (V); Negredo 52' (A).

Athletic Bilbao-Deportivo 2-2: autorete Barragan 23' (A); David Lopez 53' (A); Riki 62' (D); Taborda 89' (D).

Osasuna-Espanyol 1-2: Angel 29' (E); Valdo 32' (E); Portillo 75' (O).

Levante-Betis 4-3: Arzu 8' (B); Edu, rig. 24' (B); Tommasi 38' (L); Riga 40' (L); Riga 49' (L); Pavone 51' (B); Javi Fuego 80' (L).

Il Villarreal perde l' occasione storica di issarsi al primo posto: l' Almeria lo imbriglia, dopo l' illusorio vantaggio di Nihat pareggia Negredo e gli ospiti resistono nella propria area all' assedio finale.
Non cessa mai lo spettacolo al "Circo Calderon", secondo la definizione di As: altra partita senza centrocampo, occasioni e gol a non finire, esibizioni imbarazzanti della difesa colchonera (il gol di Sisi, nell' occasione Zé Castro e Pernia ridicoli) e dell' impresentabile Butelle (uscita da denuncia penale sul 3-3 di Maxi). Aguirre per l' esasperazione addirittura sostituisce Zé Castro con Forlan, finisce con Raul Garcia difensore centrale, il solo Maniche a centrocampo e il resto tutti all' attacco. Decide tutto un' autorete in pieno recupero, oltrettutto con l' Atlético in 10 per l' espulsione di Valera...
Vola in zona-Champions l' Espanyol, gran primo tempo al Reyno de Navarra e resistenza efficace alla reazione nel secondo tempo dell' Osasuna, guidato da un grande Vela (che merita più minuti dei pochi che gli concede Ziganda). La squadra di Valverde è difficile da digerire per chiunque, nel prossimo turno c'è il derby e l' occasione ghiottissima e tutt' altro che improbabile di scavalcare il Barça in classifica.
L' Athletic (idea interessante Yeste centrale di centrocampo accanto a Orbaiz, ma perchè mai Aduriz è partito dalla panchina?) butta via un vantaggio di due reti, non resistendo al ritorno finale del Depor, favorito anche dall' incertezza del secondo portiere Dani Aranzubia, incerto sul 2-2 di Taborda.
Fuochi d' artificio anche al Ciudad de Valencia, col cuore e con un grande Riga (spettacolare il secondo gol del ghanese, però il gol più bello della giornata è quello dello slalomista Valdo in Osasuna-Espanyol, un capolavoro) il Levante rimonta il doppio vantaggio iniziale di questo Betis sempre più abituato alla propria mediocrità.


CLASSIFICA
1 R. Madrid 29
2 Villarreal 28
3 Barcelona 27
4 Espanyol 25
5 Atlético 24
6 Valencia 24
7 Racing 23
8 Mallorca 19
9 Zaragoza 18
10 Sevilla* 15
11 Getafe 15
12 Athletic 14
13 Murcia 14
14 Almería 13
15 Valladolid 13
16 Deportivo 13
17 Osasuna* 12
18 Recreativo 12
19 Betis 11
20 Levante 7

*una partita in meno


CLASSIFICA CANNONIERI
Messi 8 (Barcelona, 3 rig.)
Luis Fabiano 8 (Sevilla, 1 rig.)
Güiza 7 (Mallorca)
Agüero 7 (Atlético Madrid)
Rossi 7 (Villarreal, 2 rig.)

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TREDICESIMA GIORNATA: Zaragoza-Getafe 1-1: Sousa (G); D’ Alessandro (Z).

Certe avventurose interpretazioni del Pato Abbondanzieri ci hanno sempre fatto venire un po’ di brividi, ma stasera l’ estremo argentino ha veramente passato il segno. Non contento della respinta difettosa sui piedi di Oscar ad inizio partita e di un’ uscita a farfalle a fine primo tempo, all’ 80’ ci regala qualcosa di inspiegabile in termini logici, un’ impresa di una demenza quasi geniale: punizione dal vertice destro per il Zaragoza, Pato approfitta di una sostituzione (Pallardò per Sousa) per andare a centro area a parlare di non si sa che cosa con non si sa chi: D’ Alessandro prende nota e infila nella rete sguarnita. Senza mezzi termini, il buon Pato ha buttato al cesso tre punti che il Getafe si era strameritato, col sudore e col gioco.
Era una sfida piuttosto interessante, fra due squadre che prediligono un calcio manovrato e d’ iniziativa. Con una notevole differenza però: mentre il Zaragoza si esprime più che altro con fiammate discontinue ed episodiche iniziative individuali, il Getafe lo fa come squadra, con automatismi oliati, un’ organizzazione di gioco nettamente superiore rispetto alla sconclusionata banda di Victor Fernandez e un controllo molto più continuo del gioco. Questo bel Getafe ha però i suoi non lievi limiti in una certa leggerezza offensiva (Uche e Manu sono attaccanti di movimento, non certo dei killer, si sente un po’ la mancanza di un risolutore: ci sarà molto bisogno di Kepa durante la stagione) che impedisce di concretizzare fino in fondo la superiorità di gioco e in qualche ingenuità di troppo che in determinati episodi manda purtroppo all’ aria quanto la squadra riesce a costruire durante la partita. Certo però che se a commettere l’ ingenuità è il tuo giocatore più esperto e carismatico…

Formazione classica per Laudrup, Victor Fernandez invece continua ad arrabattarsi per presentare una difesa decente, vista la pioggia di infortuni nel reparto arretrato: stavolta il terzino sinistro Paredes viene adattato come centrale, mentre il canterano Valero fa il suo esordio nella Liga, buon rimpiazzo (veloce e spigliato) di Diogo sulla destra.
Partenza forte del Zaragoza, che sfiora il gol su una respinta difettosa di Abbondanzieri sulla quale si avventa Oscar, con scarsa fortuna e angolo troppo ridotto per poter ribadire in rete. E’ solo gazzosa però, presto gli ospiti assumono il comando delle operazioni.
Il Getafe prende le misure, alza il baricentro e s’ impone a centrocampo con De la Red: le buone geometrie degli ospiti non sfociano però in occasioni da gol particolarmente significative, e così nonostante la tremenda approssimazione del suo gioco è il Zaragoza ad avvicinarsi maggiormente al vantaggio, a metà tempo con un’ azione personale di Oliveira e verso il finale, prima con Diego Milito che manca un tap-in ghiottissimo su una palla che attraversa tutto lo specchio dopo una torre di Oscar, poi con Sergio Garcia che trova la deviazione in calcio d’ angolo di Mario su conclusione nella porta lasciata sguarnita da un’ uscita invereconda di Abbondanzieri.
Secondo tempo sulla stessa falsariga, predominio del Getafe alla ricerca, ora più convinta, del gol: ci si avvicina prima Manu su un’ azione da calcio d’ angolo, ma Sergio Garcia salva sulla linea, poi finalmente realizza Sousa, il quale approfitta di un’ incertezza a centro area di Juanfran dopo un’ eccellente percussione sulla sinistra di Granero.
Victor reagisce affidandosi ai suoi panchinari eccellenti, Aimar e D’Alessandro: non che il gioco aragonese acquisti una particolare coerenza, ma un tocco differente sì, e ciò permette di avvicinarsi con intenzioni un po’ più positive alla porta getafense. Probabilmente non in maniera tale da poter ribaltare una situazione che sembra segnata, ma fortunatamente c’è quel genio dell’ Abbondanzieri, che ha il potere di rianimare la Romareda e incoraggiare un tentativo di rimonta che il Zaragoza ora crede possibile. Diego Milito viene lanciato a rete, ma Cortes salva tutto in recupero; anche il Getafe però trova gli spazi per colpire, ma Pablo Hernandez, in ben due occasioni (prima un destro in diagonale sventato da César, poi un sinistro troppo debole) è troppo poco cattivo. Risultato ingiusto, troppe cose al Zaragoza restano per aria.

I MIGLIORI: Grande prova di Granero, in eccellenti condizioni atletiche e convinto delle sue notevoli possibilità. Corsa sciolta, accelerazioni incisive, gran conduzione del pallone: crea scompiglio soprattutto nel secondo tempo quando si cambia di fascia con Sousa e va a sinistra. Sousa che l’ anno scorso era molto poco utilizzato da Schuster, e che invece quest’ anno è punto fermo per Laudrup (che invece vede poco Nacho, uno degli intoccabili di Schuster): centrocampista offensivo rapido e di buona tecnica, parte indifferentemente dalle due fasce per proporre interessanti tagli ed inserimenti, già 3 gol all’ attivo in questa Liga. Molto attento e reattivo Mario.
Fa effetto vedere Aimar e D’Alessandro in panchina: il primo paga, per sua stessa ammissione, un rendimento decisamente sottotono, D’ Alessandro invece sconta la genetica discontinuità e le ricorrenti manifestazioni d’ indisciplina. Il Cabezon s’ inventa la furbata che tira fuori dalle secche la sua squadra, Aimar mostra qualche segnale di risveglio.
I PEGGIORI: Brutto periodo per Diego Milito, le gambe non girano al meglio e manca il tocco magico sottorete. Estraneo alla partita Oliveira, a parte un’ occasione nel primo tempo, non incide Oscar. Male Juanfran, pecca sul gol di Sousa ed è molto impreciso quando appoggia l’ azione offensiva.
Manu ed Uche non giocano male in assoluto, anzi propongono movimenti interessanti (specialmente il talentuosissimo nigeriano), ma mancano di concretezza in fase conclusiva.

Zaragoza (4-4-2): César 6,5; Valero 6,5, Ayala 6, Paredes 6, Juanfran 5; Sergio Garcia 6, Zapater 5,5, Celades 5 (dal 65’ D’ Alessandro 6,5), Oscar 5,5 (dal 65’ Aimar 6,5); Diego Milito 5, Oliveira 5,5.
In panchina: Lopez Vallejo, Generelo, Goni, Gabi, Chus Herrero.
Getafe (4-4-2): Abbondanzieri 3; Cortes 6,5, Diaz 6,5, Mario 6,5, Licht 6; Granero 7 (dal 72’ Pablo Hernandez 6), Casquero 6, De La Red 6,5, Sousa 6,5 (dal 79’ Pallardó s.v.); Manu 6, Uche 6 (dall’ 86’ Albin s.v.).
In panchina: Ustari, Belenguer, Contra, Kepa.

Gol: Sousa 64’ (G); D’Alessandro 80’ (Z).
Arbitro: Alvarez Izquierdo. Ammoniti: Celades, Oliveira, Diego Milito per il Zaragoza; Licht per il Getafe.

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TREDICESIMA GIORNATA: Racing-Valencia 1-0: Jorge Lopez.

Partita tutt’ altro che divertente, ma stravinta tatticamente da un Racing che non finisce più di stupire. La firma la mette la consueta papera d’ autore di Cañizares, che sfarfalla su un tiro centrale regalando il gol dell’ ex a Jorge Lopez, ma ciò non altera minimamente la sostanza di un Valencia che non solo non ha combinato nulla, ma che mai ha dato l’ impressione, nemmeno alla lontana, di poter combinare qualcosa durante i 90 minuti, con quel suo palleggio ruminato faticosamente, tipico di chi negli ultimi anni non è mai stato abituato a giocare in questa maniera.
Ci si mette poi anche Koeman con scelte poco condivisibili: oltre all’ ennesima riproposizione dell’ inservibile Cañizares, la panchina per Joaquin (in campo poi per una ventina di minuti scarsi), quando contro un avversario così chiuso se non hai una manovra decente almeno devi poter disporre di individualità abili nell’ uno contro uno. Vedendo poi che i rifornimenti per Villa venivano costantemente tagliati dalla diga del centrocampo racinguista, Rambo poteva pensare prima all’ inserimento di Morientes, per cercare perlomeno di abbreviare la via verso l’ irraggiungibile porta avversaria con qualche cross in più.
A Santander si comincia a chiedere la santificazione per Marcelino, il minimo per chi sta portando a livelli di efficienza raramente esplorati nella storia del calcio recente una rosa non certo traboccante di qualità. Il suo Racing è un prodigio di ingegneria calcistica, gira con la perfezione di un orologio, è la squadra meglio organizzata dell’ intero campionato. Impressionante vedere Toño impegnato per la prima volta soltanto a otto minuti dal termine (buona risposta su incursione dalla sinistra di Caneira): il 4-4-2 cantabro scivola da un lato all’ altro del campo con distanze e sincronismi impeccabili, col raddoppio sempre pronto a scattare e il recupero del pallone facilissimo. Ogni reparto e ogni giocatore facilita il compito all’ altro, nulla è casuale: ogni fase del gioco in ogni zona del campo risponde a meccanismi studiati e mandati a memoria dai giocatori.

Chiara la strategia dei padroni di casa: cedere tutto il possesso-palla al Valencia, aspettare nella propria metacampo costringendo l’ avversario ad aprire le maglie, rubare palla in determinate zone strategiche del campo e verticalizzare in pochi tocchi, in puro stile Marcelino, innescando la velocità negli spazi di Munitis e Tchité. La riuscita della prima parte del piano è evidente già dalle prime battute, con l’ impotenza valenciana a farla da padrone, la seconda decisamente meno, perché se la coppia Duscher-Colsa è sinonimo di quantità, barriera insormontabile che taglia ogni comunicazione fra il centrocampo del Valencia e Villa, dall’ altro lato non brilla di certo per fluidità e idee nella costruzione del gioco. Si ricorda solo una ripartenza sull’ asse Colsa-Tchité (conclusione finale rivedibile del belga), il resto si perde nelle carenze qualitative del Racing e in un primo tempo veramente inguardabile per ogni spettatore neutrale sano di mente.
Il secondo tempo vede accentuarsi la sterilità del Valencia, mentre di contro si fanno leggermente più ficcanti e continui i contrattacchi del Racing, che dopo aver sfiorato il gol con Smolarek (entrato per Serrano, con Munitis spostato sulla sinistra) lo trovano con la citata papera di Cañizares, rete casuale ma sicuramente meritata.
Ai cambi offensivi di Koeman (Joaquin e Morientes) Marcelino risponde col terzino Ayoze esterno sinistro di centrocampo e con Jordi Lopez, centrocampista centrale, al posto di Munitis, e i tre punti sono salvi.

I MIGLIORI: La vendetta di Jorge Lopez: un giocatore timido, freddo, che ha perso troppi anni della sua carriera, un peccato perché la qualità non gli è mai mancata, sin dai tempi in cui si mise in evidenza al Villarreal come elegante centrocampista offensivo. Impeccabile Pinillos, insuperabile nell’ uno contro, reattivo e sempre attentissimo ai movimenti del suo reparto. Ammonito, mancherà al Bernabeu. Non sbaglia una virgola nemmeno Oriol: è tutto molto più facile quando si gioca in una squadra così organizzata. Con Colsa il contachilometri va in fumo.
I PEGGIORI: Deludentissimo Manuel Fernandes: sapete quanto ammiri il suo sterminato talento, ma ancora è un corpo estraneo, e oltrettutto perde non pochi palloni delicati in mezzo al campo. Villa abbandonato a se stesso, si contano sulle dita di una mano i palloni che ha potuto toccare in questa partita più che mai frustrante per un attaccante, anche Silva non riesce mai a entrare in gioco. Deve ancora recuperare la condizione Vicente, che mai riesce a spuntarla con Pinillos. Da carcerazione Cañizares, mentre non si riesce proprio a capire cosa ci stia a fare in campo Angulo.

Racing (4-4-2): Toño 6,5; Pinillos 7, Garay 6,5, Oriol 7, Luis Fernandez 6; Jorge Lopez 6,5, Colsa 6,5, Duscher 6,5, Serrano 5,5 (Smolarek 6); Munitis 6 (dall’ 84’ Jordi s.v.), Tchité 6 (dal 76’ Ayoze s.v.).
In panchina: Coltorti, Sergio Sanchez, Moraton, Ivan Bolado.
Valencia (4-2-3-1): Cañizares 4; Miguel 5,5, Albiol 6, Helguera 6, Caneira 6; Albelda 5,5, Manuel Fernandes 5 (dal 68’ Joaquin s.v.); Angulo 5 (dal 75’ Morientes s.v.), Silva 5,5, Vicente 5,5 (dal 55’ Edu 5,5); Villa 5,5.
In panchina: Hildebrand, Sunny, Mata, Arizmendi.

Gol: Jorge Lopez 69’.
Arbitro: Undiano Mallenco. Ammoniti: Pinillos, Serrano e Ayoze per il Racing; Albiol e Villa per il Valencia.



Resumen Racing - Valencia www.futvolgoles.es 25/11/07
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domenica, novembre 25, 2007

ALTRE PARTITE/1

Sevilla-Mallorca 1-2: Ibagaza 16' (M); Varela 38' (M); Kanouté 50' (S).

Continua ad allontanarsi dal quarto posto il Sevilla, continua nel segno di un' enorme discontinuità. Quella che si segnalava come una squadra capace di mantenere sempre alta la concentrazione fra le varie competizioni e nonostante i cambi di formazione, non la finisce di regalare gol evitabili. Il Mallorca è la bestia nera al Sanchez Pizjuan, già l' anno scorso lo espugnò, ieri ha costruito la vittoria nel primo tempo, guidato da Ibagaza e dal sempre più devastante Jonas, tornato a spianare la fascia dopo i dissidi con la società (vuole andare al Portsmouth, che gli offre la cifra che desidera, inaccessibile per il tetto salariale del Mallorca). Altra follia dalla lunghissima distanza di Varela, giocatore di medio livello ma dagli exploit sensazionali (ai tempi del Betis segnò un gol al Barça leggendario, partendo in slalom dalla sua metacampo).



Il gol storico di Varela al Barça (con la maglia del Betis, stagione 2002-2003)

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TREDICESIMA GIORNATA: Murcia-Real Madrid 1-1:Robinho (R); De Lucas (M).

Grossa occasione persa, questi dovevano essere tre punti obbligati sulla tabella di marcia del Real Madrid. Invece, 20 minuti di dominio assoluto ad inizio partita, l’ illusione di una partita in discesa cui poi subentra progressivamente un’ apatia e una mancanza di idee pressochè totale. Il Murcia nel secondo tempo tira fuori il carattere ed ottiene un pareggio strameritato a dispetto del divario tecnico abissale, e anzi nel finale i padroni di casa vanno pure vicinissimi al colpaccio.

Formazione-tipo (Pepe compreso) per Schuster, Alcaraz fa i conti con le pesanti assenze di Pablo Garcia, Mejia e Regueiro, getta nella mischia il neo-acquisto d’ emergenza De Coz (i lunghi infortuni a Pignol e Curro Torres avevano sguarnito completamente la posizione di terzino destro) e per l’ occasione ridisegna il modulo: contro un Madrid senza esterno di ruolo a destra, il tecnico murciano abbandona il 4-4-2 classico per passare a un centrocampo a rombo (Movilla va sul centro-sinistra) per poter meglio contrastare il triangolo Gago-Diarra-Guti, nucleo del centrocampo madridista, lasciando al tempo stesso completa libertà ad Abel (l’ elemento più fantasioso in una rosa dal tasso creativo assai ridotto) sulla trequarti, dove i merengues tendono a concedere qualche spazio di troppo.

Ma, nonostante la prima occasione sia dei padroni di casa (un’ occasionissima: fallo laterale dalla destra, spizzata di Íñigo e conclusione mancina sbilenca di Abel liberissimo dentro l’ area), è il Real Madrid a dettare legge fin dalle prime battute: il Murcia difende troppo basso e gli ospiti, ben orchestrati da Gago e Guti, possono così iniziare l’ azione con serenità e prendere possesso della metacampo avversaria. La palla circola bene, e proprio Gago si incarica di ispirare l’ azione dello 0-1: lancio smarcante verso la destra, traversone al volo di Guti e gol di testa di Robinho, sbucato (in fuorigioco) sul secondo palo.
Passato in vantaggio, il Real Madrid però sembra accontentarsi, e la spinta dei primi minuti perde progressivamente intensità fino a scomparire del tutto. Ne scaturisce una seconda parte del primo tempo veramente brutta, fra l’ imborghesimento madridista e l’ impotenza del Murcia, i cui due attaccanti il meglio che si vedono arrivare sono pallonate scagliate alla viva il parroco dai propri difensori.
Si avvia il secondo tempo con la sensazione che ben difficilmente la Nueva Condomina potrà gridare un gol dei propri beniamini, invece proprio questo succede già al 3’ della ripresa: Cannavaro è momentaneamente fuori per farsi curare, su un calcio d’ angolo dalla destra di Abel sbuca De Lucas, adocchiato con un certo disinteresse da Guti lì nei pressi, il tuffo è spettacolare quanto completamente indisturbato, a botta sicura per l’ 1-1.
La partita cambia radicalmente, il secondo tempo è tutto del Murcia: la difesa esce bene in blocco e applica con successo sempre maggiore il fuorigioco, il centrocampo alza il ritmo e il pressing e ruba qualche pallone prezioso in più, Abel e Movilla assumono maggior protagonismo nella costruzione del gioco e lanciano qualche buona ripartenza. Le occasioni son tutte dei padroni di casa: tiro da fuori di Movilla sventato in angolo da Casillas, Richi di testa a lato, pallonetto sempre di testa di Abel che spiove a fil di palo alla sinistra di Casillas. Il Madrid non riesce più a costruire alcunchè, gli inserimenti di Higuain e Robben (bentornato) non lo rianimano, e anzi le cose peggiorano pure, perché Guti si fa espellere per una di quelle ricorrenti bambinate che gli hanno impedito durante la carriera di diventare giocatore vero.
Finale col brivido: Goitom (subentrato a un volenteroso ma non sufficientemente incisivo Baiano) chiede triangolo a Movilla, il pelato ex-Zaragoza gliela restituisce magnificamente, Casillas è bravissimo a gettarsi addosso allo svedese e a ridurgli lospecchio, il sinistro finale di Goitom esce di poco, per il sollievo del popolo madridista.

I MIGLIORI: Movilla sale in cattedra nel secondo tempo, quando il Murcia conquista il centrocampo e lui può dettare i tempi. Anche Abel trova più opportunità per giocare il suo calcio: il 25enne fantasista sivigliano ha avuto una serata di buona ispirazione, però non sempre coronata da finalizzazioni all’altezza (il gol sbagliato nei primi minuti) o dalle scelte più adeguate (nel finale impegna Casillas dalla lunga distanza, ma non vede Ivan Alonso liberissimo dall’ altra parte).
E’ piaciuto Íñigo, spilungone che ha lottato con grande generosità su ogni pallone, offrendosi su tutto il fronte d’ attacco. Ottimo esordio di De Coz, con personalità e attenzione: a parte il gol ha limitato bene Robinho (forse un po’ stanco per gli impegni con la nazionale, oltre che ben ingabbiato dal dispositivo di Alcaraz), cercando sempre di impedirgli di girarsi. Non ha fatto parate sensazionali, ma Casillas ha offerto una prestazione molto sicura.
I PEGGIORI: Aveva cominciato molto bene, nella fase di dominio iniziale era padrone del campo, ma Guti ha rovinato tutto con un’ altra sciocchezza delle sue, una reazione oltrettutto dopo che gli era stato già fischiato il fallo a favore…
Nullo Raul, neutralizzato Van Nistelrooy, spesso messo in fuorigioco dalla vigile linea difensiva del Murcia.

Murcia (4-3-1-2): Notario 6; De Coz 6,5, Arzo 6, Ochoa 6, Peña 6; De Lucas 6,5, Richi 6, Movilla 6,5; Abel 6,5 (90'); Baiano 6 (73') Íñigo 6,5 (81').
In panchina: Carini, Cuadrado, Jofre, Gallardo, Goitom 6 (73'), Iván Alonso s.v. (81'), Bruno s.v. (90').
Real Madrid (4-4-2): Casillas 6,5; Ramos 6, Pepe 6, Cannavaro 6, Marcelo 6; Guti 5,5 Diarra 5,5 Gago 6 Robinho 6 (74'); Raúl 5 (74'), Van Nistelrooy 5,5.
In panchina: Dudek, Torres, Metzelder, Drenthe, Higuaín s.v. (74'), Robben s.v. (74'), Saviola.

Goles 0-1 (8'): Robinho de cabeza; 1-1 (48'): De Lucas, que cabecea un saque de esquina.
Árbitro: Daudén Ibáñez, colegio aragonés. Amonestó a De Lucas (30'), Gago (31'), Baiano (33'), Pepe (52'), Movilla (70'), Richi (82'), Abel (84'), Iván Alonso (89') y expulsó a Guti (82') por agresión a Arzo.
Incidencias: Nueva Condomina. 30.000 espectadores. Minuto de silencio por el ex presidente Manuel Medina.


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TREDICESIMA GIORNATA: Barcelona-Recreativo 3-0: Gabriel Milito; Bojan; Messi, rig.

La vittoria è ampia, ma non occulta la mediocre prestazione del Barça. I blaugrana avevano tutto da perdere in questa partita, in casa e contro una delle maggiori candidate alla retrocessione, i veri banchi di prova saranno altri, a cominciare dal prossimo derby in casa dell’ Espanyol.
Un raggio di sole però l’ ha illuminata questa partita complessivamente anonima e interlocutoria, ed è Bojan Krkic. Il ragazzino ispano-serbo continua a bruciare le tappe: dopo il gol in Coppa del Re all’ Alcoyano e la grande prova con gol con la maglia dell’ Under 21 contro la Polonia, ecco il primo, ardentemente desiderato, gol al Camp Nou. Un gol non difficilissimo ma nella cui esecuzione si evidenzia la destrezza del grande attaccante: passaggio di Henry, finta di venire incontro al pallone, Iago Bouzon mandato a vuoto, aggancio e repentina conclusione a rete che prende in controtempo Sorrentino. Poi altre pennellate di gran classe, come un passaggio filtrante d’ esterno a Henry o il tunnel con cui scherza un avversario al limite dell’ area (pazienza se poi Bojan sciupa tutto con un pallonettino inguardabile…): il ragazzo è della stessa razza di Messi, nato per giocare a pallone, che il Dio del Calcio ce lo conservi.

Nemmeno convocato Ronaldinho dopo gli impegni intercontinentali con la Seleçao, Iniesta lo rileva sulla sinistra dell’ attacco (cambio che non pochi, fra i quali il sottoscritto, vorrebbero veder in pianta stabile), mentre Gudjohnsen gioca mezzala sul centro-sinistra. Victor Munoz rinuncia a una punta e infoltisce la mediana disegnando un 4-1-4-1 nel quale Jesus Vazquez staziona davanti alla difesa e l’ uomo di fascia Aitor va a fare l’ interno.
Gli ospiti mettono l’ autobus nella loro metacampo, come si suol dire in Spagna, Barça nella versione ormai familiare, cioè statico e paurosamente sottoritmo. Non vale l’ alibi che gli avversari vengono solo per difendersi, perché questo storicamente lo hanno sempre fatto tutte le squadre che hanno visitato il Camp Nou… il problema è tutto del Barça, ed è la solita storia: se non sono azioni individuali palla al piede non si combina nulla. Ci provano Iniesta e soprattutto Messi, che più di tutti va vicino al gol in un primo tempo avaro di occasioni e di emozioni, per la viva preoccupazione del pubblico del Camp Nou.
Nel secondo tempo ancora Messi sfiora il gol con una percussione delle sue, ma apre troppo la conclusione col piatto; Rijkaard abbandona gli indugi e toglie un inutile Gudjohnsen per inserire Bojan e affiancare Iniesta a Xavi sulla linea delle mezzeali. Ma a sbloccare tutto è Gabi Milito, eccellente la sua torsione sull’ angolo dalla destra di Xavi. Una volta in svantaggio, il Recre è costretto a lasciare più spazi, e qui può brillare Bojan e chiudere i conti il Barça. Sigillo finale di Messi su un rigore discutibile ma che comunque ci poteva stare.

I MIGLIORI: Copertina dovuta per Bojan, ma non dimentichiamo chi ha fatto della regolarità il suo cavallo di battaglia, ovvero Gabi Milito, in assoluto uno dei più convincenti blaugrana in questa prima fase di stagione, difficilmente si ricordano sue sbavature, anche nelle partite più deludenti del Barça attuale. Segna un gol fondamentale, e pure bello, facendo valere la sua esplosività ed eccellente scelta di tempo nel gioco aereo. Messi non fa più notizia, lo schema “prendo palla e faccio quello che voglio” è l’ arma segreta (di Pulcinella) di Rijkaard…
Nel Recre bene Sorrentino, si conferma ottimo portiere.
I PEGGIORI: Insignificante Gudjohnsen, e voglio essere gentile.

Barcelona (4-3-3): Valdes s.v.; Zambrotta 5,5 (dfal 64’ Oleguer s.v.), Puyol 6 (dal 54’ Marquez s.v.), Milito 7, Abidal 6,5; Xavi 6,5, Touré 6,5, Gudjohnsen 5 (dal 59’ Bojan 7); Messi 7, Henry 6, Iniesta 6,5.
In panchina: Jorquera, Sylvinho, Marc Crosas, Ezquerro.
Recreativo (4-1-4-1): Sorrentino 6,5; Calvo 6,5, Iago Bouzon 5,5, Caceres 6, Poli 5,5; Jesus Vazquez 6,5; Camuñas 5,5 (dal 74’ Rosu s.v.), Carlos Martins 6 (dal 59’ Zahinos s.v.), Aitor 5,5 (dal 67’ Javi Guerrero s.v.), Marcos 5,5; Sinama Pongolle 6.
In panchina: Barbosa, Dani Bautista, Quique Alvarez, Varela.

Gol: Gabriel Milito 63’; Bojan 65’; Messi 81’.
Arbitro: Rubinos Pérez. Ammoniti: Zambrotta, Yaya Touré per il Barcelona; Caceres, Iago Bouzon, Jesus Vazquez e Carlos Martins per il Recreativo.

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sabato, novembre 24, 2007

Analisi Villarreal.

Post abnorme, tanti cari auguri...

Assieme al Sevilla, il Villarreal si è affermato negli ultimi anni come la nuova realtà del calcio spagnolo. Senza conquistare alcuno dei successi andalusi, ma se vogliamo suscitando anche maggior sensazione, dato che il Submarino Amarillo è l’ espressione di una piccola città (Vila-real, secondo la denominazione ufficiale in valenciano) di 51.000 abitanti, che prima della stagione ‘97-’98, mai si era sognata di poter vantare una squadra in Primera Division.
Invece, nel giro di pochi anni, un’ ascesa formidabile, costruita soprattutto sulla contrattazione di giocatori sudamericani (a parità di livello, mediamente più economici dei loro colleghi europei): semifinalista nella Uefa 2003-2004, terzo posto e qualificazione alla Champions League nella Liga 2004-2005, storica semifinalista nella Champions dell’ anno successivo, quinto posto nella scorsa Liga. Quest’ ultimo può sembrare un passo indietro, ma è in realtà un risultato straordinario se rapportato alle difficoltà affrontate dalla squadra, che in mezzo alla stagione ha dovuto affrontare una difficile transizione, col passaggio dall’ epoca-Riquelme a una nuova fase della storia del club, più matura ed ambiziosa.

Non più una squadra costruita sul talento di un singolo, ma un blocco compatto, con molta qualità ma distribuita fra molti elementi, senza primedonne e con una varietà di soluzioni maggiore rispetto all’ era della Riquelme-dipendenza. Anche la strategia di mercato ha fatto un salto di qualità, orientata ora su elementi di rinomata esperienza internazionale (è il caso di Pirès e, fregatura dell’ ultim’ ora a parte, era quello di Ayala) e sui giovani più promettenti del calcio internazionale, non più solo sudamericano (quindi Matias Fernandez ma anche Giuseppe Rossi e Mavuba).
L’ exploit del Villarreal in questa prima parte di stagione affonda pienamente le radici nell’ eccezionale cavalcata del girone di ritorno dello scorso anno: alla lunga è difficile, anzi impossibile, pensare ad una lotta alla pari con le potenze Real Madrid e Barça in chiave-campionato, ma molto più plausibile pensare ad un ritorno a fine stagione nell’ èlite della Champions. Le basi ci sono tutte, in termini di qualità, equilibri consolidati e sperimentati e pure consistenti margini di miglioramento.

In sella c’è sempre Manuel Pellegrini, l’ Ingegnere cileno, ciò che ci dice molto della serietà di questa società, che a Pellegrini ha confermato la fiducia e dato carta bianca nel momento più delicato, quello del conflitto con Riquelme e della ricostruzione della squadra su nuove basi. Nuove basi che hanno implicato il passaggio definitivo dal 4-3-1-2 (il modulo di Riquelme e per Riquelme) al 4-4-2 (modulo rifiutato da Riquelme), nel quale l’ utilizzo dei due centrocampisti centrali ha ridato equilibri fondamentali alla squadra. L’ alternativa principale è il 4-2-3-1 (con Pires alle spalle di un’ unica punta), modulo con un centrocampo ancora più folto, utilizzato nelle gare con Barça e Zaragoza.
Un 4-4-2 però molto sui generis quello del Villarreal, molto sudamericano: Pellegrini non ama dare punti di riferimento statici all’ avversario, non sono previsti né un ariete in attacco né esterni larghi a centrocampo. I centrocampisti esterni del Villarreal sono per lo più trequartisti adattati che tagliano verso il centro per creare scompiglio fra le linee e favorire la superiorità numerica e la ragnatela di passaggi tipica del centrocampo amarillo, lasciando preferibilmente la fascia alle sovrapposizioni dei terzini (discorso che vale soprattutto per Pirès con Capdevila sulla sinistra).
Nessun punto di riferimento: in fase di possesso, Pellegrini dalla trequarti in su lascia una certa libertà di espressione ai suoi giocatori, chiedendo costante mobilità e giocate possibilmente palla a terra e in uno-due tocchi, che facciano leva sull’ imprevedibilità dei talenti offensivi.
Il Villarreal è una squadra che ama possedere il pallone, disegnando trame fitte ed eleganti e gestendo i ritmi del gioco con grande calma e padronanza, con un buon gusto che cerca il più possibile di non scadere nel leziosismo (quando succede è per la presenza di troppi giocatori che per attitudine portano palla e non danno il cambio di ritmo negli ultimi metri, e anche per una mancanza di profondità sugli esterni che di tanto in tanto affiora).
Ma il fatto che il Villarreal ricerchi il predominio nel possesso-palla non significa che non abbia le idee chiare quando ad avere il pallone sono gli avversari. I gialli non esercitano un pressing alto, preferiscono ripiegare e fare densità dietro la linea della palla, anche per proteggere una difesa che presa in velocità va in sofferenza, a disagio nel gestire spazi troppo ampi: in questa fase il 4-4-2 così flessibile e disposto ad assecondare gli estri dei singoli in fase di possesso si ricompone in un assetto ordinato ed efficiente, con le due linee da 4 di centrocampo ravvicinate e attente a non lasciare spazi preziosi sulla trequarti. Il Villarreal ha incassato finora 18 reti, non poche: la difesa di Pellegrini tende ad accusare qualche sofferenza di troppo sulle azioni da calcio piazzato, e se costretta a scoprirsi per recuperare il risultato può imbarcare parecchio, data la scarsa rapidità dei suoi difensori, come dimostrano anche le goleade subite contro squadre dalle transizioni fulminanti come Real Madrid e Zaragoza.

Per approfondire le linee-guida del suo calcio, ci affidiamo alle dichiarazioni dello stesso Pellegrini, in un’ intervista pubblicata su “As” qualche settimana fa.
Il lavoro tattico si fa dalla metacampo in giù. Da lì in avanti pretendo che i giocatori abbiano libertà. Mi piace giocare con due centrocampisti centrali, uno con più tecnica dell’ altro, e occupare le fasce, però non con giocatori fissi. Ciò ci renderebbe più prevedibili. Utilizzo sempre due punte perché non credo nelle mezzepunte. Non so bene che cosa facciano. Le mezzepunte (si riferisce chiaramente al trequartista alle spalle di un’ unica punta, non a quello adattato a centrocampista esterno che schiera lui) solitamente sono attaccanti che non favoriscono il gioco di squadra e che hanno l’ egoismo proprio degli attaccanti. L’ idea finale è di avere la capacità di giocare molto tempo la palla nella metacampo avversaria.
L’ allenatore è il 95% di una squadra durante la settimana, però il giorno della partita il 95% lo mettono i giocatori. I meccanismi si acquisiscono con l’ allenamento. L’ allenamento orienta le intenzioni della squadra: noi facciamo esercizi nei quali non è permesso dare più di tre tocchi nella propria metacampo e non è permesso né dare il pallone al portiere né giocarlo all’ indietro. Questo serve ad acquisire velocità nelle transizioni. Le mie sessioni di allenamento son sempre col pallone. Solo una volta al mese ne facciamo a meno.”
Credo che difendere in otto limiti una squadra in attacco, però occhio, le partite si vincono anche così. Il primo “resultadista” sono io, che desidero vincere anche giocando male, però credo che giocando bene si ottengono risultati migliori. So anche per certo che chi tiene palla si stanca meno e so, poiché in carriera ho giocato difensore centrale, che la differenza la fa chi gioca davanti, che è l’ abilità tecnica a decidere le situazioni. E non accetto di fare un gol e smettere lì di giocare. Non andare in cerca del secondo gol è una mancanza di rispetto”.


---------------------------Diego Lopez ----------------------------------

Angel--------------Fuentes------------Cygan------------------Capdevila

-----------------------Senna----------Bruno-----------------------------
--------Cazorla----------------------------------------Pirès--------------

--------------------Guille Franco-------Rossi-----------------------------

Altri giocatori. Portieri: Viera. Difensori: Javi Venta, Josemi, Godin, Gonzalo Rodriguez. Centrocampisti: Josico, Mavuba, Cani, Matias Fernandez. Attaccanti: Tomasson, Nihat.


DIFESA
Diego Lopez ha operato il sorpasso nelle ultime tre partite, fra Uefa, Liga e Copa del Rey (qui però paperaccia contro il Las Palmas), sicuramente potenzialità più interessanti rispetto all’ uruguaiano Viera, che mai in questi anni ha dato l’ impressione di essere un portiere veramente all’ altezza, molto raramente sicuro al 100% nelle letture e negli interventi.
I due centrali non sono fenomeni, ma hanno caratteristiche complementari, amalgamatesi in maniera tutto sommato soddisfacente nel corso delle partite. Cygan non combina quei disastri che uno si potrebbe aspettare ricordandoselo in versione gunner (anzi, l’ anno passato ha pure giocate due-tre partite francamente ottime anche per il più acceso dei suoi detrattori), anche perché il centrocampo lo protegge bene, la linea di difesa non gioca alta e quindi gli spazi da coprire non sono mai eccessivamente ampi, cosa che permette di evidenziare la prestanza dello stopper francese in misura maggiore rispetto alla velocità da moviola e alle movenze pachidermiche. Cygan resta comunque il maggior punto debole del Villarreal, giacchè gli avversari sanno che mettendogli pressione possono forzarne l’ errore con relativa facilità.
Accanto a Cygan Fuentes è il centrale più reattivo, più agile e più rapido nelle chiusure laterali. L’ esperto argentino (31 anni e una lunga esperienza, fra le altre squadre l’ Atlas in Messico e un precedente europeo al Guingamp) ha saputo consolidarsi come elemento affidabile al centro della difesa, rattoppando una difesa continuamente menomata dai gravi infortuni occorsi in serie al fenomenale Gonzalo Rodriguez. Inoltre aggiunge qualche gol, che non guasta mai: 4 la scorsa stagione, 2 finora, pericoloso soprattutto quando va a staccare nell’ area avversaria sui calci piazzati.
Completa un parco-centrali ridotto un po’ all’ osso (non sarebbe male un intervento a Gennaio in tal senso) il 21enne nazionale uruguaiano Godin, finora poco impiegato (3 presenze ma già un gol, in casa dell’ Osasuna), centrale che difetta di velocità ma ha buon senso della posizione e ottime doti nel gioco aereo.
Con gli esterni di centrocampo portati ad accentrarsi, sono soprattutto i terzini ad essere incaricati di allargare la manovra: a sinistra Capdevila sembra rivitalizzato dal passaggio in amarillo, fino al punto di riconquistare la titolarità in nazionale. Pires (oppure Cani e Cazorla quando giocano questi a sinistra) gli lascia tutta la fascia, lui non è mai stato Roberto Carlos ma supporta l’ azione offensiva con costanza e buoni tempi d’ inserimento, mentre Angel sull’ altra fascia non dà grande profondità, ma offre diligenza tattica e apprezzabile continuità di rendimento. Javi Venta è il primo rincalzo (adattabile anche a sinistra, visto che Capdevila non ha sostituti di ruolo) dell’ ex Celta: con la grinta cerca di nascondere i molti limiti, prova ad offrire un po’ più di spinta rispetto al mediocre Josemi, ma non ha proprio la qualità per arrivare sul fondo.
E’ un reparto della rosa amarilla assolutamente migliorabile quello dei terzini, vista l’ importanza che possono rivestire nella fase offensiva di Pellegrini (e ne avranno sempre di più quanto più gli avversari del Villarreal giocheranno la carta dell’ ostruzionismo).

CENTROCAMPO
Un Senna in gran spolvero resta il fulcro della mediana. Sempre nel vivo del gioco, l’ ispano-brasiliano (riaccolto nel giro della nazionale) gestisce con grande perizia i ritmi della manovra, l’ immagine della saggezza. Emarginato Riquelme, ora toccano a lui i calci piazzati: traiettorie veloci e molto tagliate, che scendono all’ improvviso, pericolosissime perché basta solo una leggera deviazione (la doppietta di Guille Franco al Sevilla è nata così, ma anche il gol di Cygan al Levante: difatti le palle inattive sono un’ arma molto ben sfruttata da questo Villarreal). Accanto a Senna tre possibili opzioni: il geometrico Bruno, il tattico Josico, il rubapalloni Mavuba.
Bruno Soriano, 23enne prodotto della cantera, è stato lanciato con ottimi risultati in occasione della lezione di calcio al Barça, e da lì in poi ha guadagnato una meritata maglia da titolare. Non è un prodigio di dinamismo, ma nel mezzo sembra avere costantemente i riferimenti giusti. Compassato e razionale, il pallone non gli scotta mai fra i piedi, fa tutto col mancino, protegge bene palla e utilizza sempre il minimo indispensabile di tocchi per dare fluidità alla manovra col suo piede calibrato.
Josico ha cominciato il campionato da titolare (per l’ assenza di Bruno ha giocato anche l’ ultima col Sevilla, ma Keita con un’ entrata assassina lo ha costretto a stare fuori per le prossime cinque settimane), è un elemento di provata affidabilità per Pellegrini, esperto e tatticamente prezioso. Non si muove neanche con le cannonate dalla sua zona davanti alla difesa, non dà la palla a più di due metri, però apporta equilibrio e compattezza al centrocampo.
Rio Mavuba è un caso un po’ strano: uno degli acquisti estivi di maggior richiamo, talento da anni sulla bocca degli osservatori, sulle orme di Makelele, ebbene attualmente non sembra proprio entrare nei piani di Pellegrini, che finora lo ha utilizzato soltanto in casi di estrema necessità, come nell’ ultima col Sevilla quando Josico è uscito per infortunio o nella trasferta di Copa del Rey nelle Canarie, quando causa impegni con le nazionali Pellegrini aveva i giocatori contati. Tre presenze nella Liga, tutte da sostituto, per il misero totale di 84 minuti!
Il reparto mezzepunte-esterni è quello dove Pellegrini può veramente sbizzarrirsi. Pires il punto fermo: il francese non ha più lo spunto per andare sul fondo, che parta da sinistra o da destra comunque preferisce sempre accentrarsi. Il carisma e l’ esperienza la fanno da padrone, e sono altrettanto importanti l’ abilità nel difendere il pallone (molto difficile sottrargliela) e la capacità di trovare lo spazio giusto fra le linee per proporre la triangolazione o inserirsi a sorpresa, specialmente nelle occasioni in cui gioca in appoggio a una sola punta.
Con Pires gioca prevalentemente Santi Cazorla: il canterano è a mio avviso indispensabile come titolare, è infatti quello più in grado di imprimere il cambio di ritmo, col suo gioco elettrico e ricco di accelerazioni. Destro naturale ma di fatto praticamente ambidestro, avendo la possibilità di rientrare sui due piedi può giocare indifferentementea destra o a sinistra, anche se pure lui preferisce cercare il taglio verso il centro, situazione peraltro ampiamente sfruttata da Marcelino l’ anno scorso al Recreativo, dove Cazorla è esploso come elemento da tenere assolutamente d’ occhio anche in chiave-nazionale.
Cazorla indispensabile perché è mia opinione che aggiungere a Pires Cani appesantisca eccessivamente la manovra, mantenendola un po’ troppo sottoritmo. L’ ex gioiello della Romareda ha l’ eleganza di un principe palla al piede, ma ahinoi ha la tendenza connaturata a restare troppo ai margini della partita, a dare sempre meno di quanto in realtà richiederebbe il suo spessore tecnico. Comunque molto meglio farlo partire da sinistra piuttosto che da destra, dove ha un angolo più ridotto per la sua azione preferita, cioè accentrarsi per cercare l’ assist o il destro a girare.
Capitolo a parte Matias Fernandez: lo abbiamo detto in tutte le lingue possibili, deve giocare senza tanto storie, tanto più che lui ce la mette tutta per giustificare questa logica pretesa, con apparizioni finora sempre incisive a partita in corso o nelle rare chances avute da titolare. E va da sé che più gli avversari impareranno a conoscere e a difendersi da questo Villarreal, più diverrà necessario un apriscatole così geniale. Una sua qualità in particolare mi rapisce: la maniera unica con cui utilizza il corpo per nascondere le proprie intenzioni e sottrarsi alla marcatura. Movimenti d’ anca da ballerino, giochi di gambe che fanno venire il mal di testa solo a pensarci (specialità: il dribbling con finta di rabona)… e poi una capacità rara di inventare il passaggio smarcante (fuorviante il soprannome “Matigol”, “Matipase” andrebbe meglio).

ATTACCO
Un infortunio ci ha privato sul più bello del talento di Rossi (ancora poche settimane e lo riavremo), 7 gol e una pioggia di elogi per la sua classe da predestinato. Basta osservare il suo primo controllo (la vera arma in più dei fuoriclasse) per capire che è un giocatore speciale: Giuseppe si trova nella situazione tattica ideale per lui, qualche metro dietro la prima punta in una squadra che fa del gioco palla a terra la sua forza.
Comunque, una conferma che questo Villarreal gira anche a prescindere dalle circostanze avverse viene dal fatto che anche in assenza dell’ italo-americano la squadra di Pellegrini non abbia abbassato la sua media-gol: vanno in gol in tanti, in primis proprio i sostituti di Rossi.
Recuperato alla causa Nihat (4 gol), dopo due anni (l’ ultimo alla Real Sociedad e la scorsa stagione, la prima al Villarreal) di lunghi e gravi infortuni: il turco non ha certo le doti di palleggio di Rossi, ma è una seconda punta pungente, veloce e verticale, con rapidità d’ esecuzione, capace di trovare la rete con ottime soluzioni d’ istinto (ha un destro potente, pericoloso sui calci di punizione, calciati di collo pieno dalla lunga distanza). In certi momenti magari accusa qualche disagio di troppo in una squadra che predilige il palleggio stretto, lui che preferisce sicuramente esprimere la sua velocità in campo aperto. Poco consigliato contro squadre che difendono molto basse e non ti lasciano la profondità (ad esempio contro l’ Athletic Nihat giocò prima punta assieme a Rossi e nemmeno vide palla), meglio quando hai il contropiede a disposizione, magari fuori casa.
Con l’ impegno e la generosità si è conquistato il posto Guille Franco, nel momento migliore della sua avventura spagnola. La dedizione è proprio l’ ultima cosa che si può rimproverare al discusso argentino naturalizzato messicano: attaccante duttile, prima, seconda punta e alla bisogna pure centrocampista offensivo, partecipa molto alla manovra, è bravo a proteggere palla spalle alla porta e nel gioco di sponda, ma ha due enormi nei nell’ esasperante lentezza e nel rapporto difficile col gol (anche se ultimamente è in striscia positiva, doppietta a Sevilla e Las Palmas: il gioco aereo è la sua arma migliore). L’ industrioso Guillermo ha scavalcato il vecchio predone Tomasson, nemmeno lui primissima punta (ricordatevelo nella Danimarca 2002 in coppia con Sand, è quello il suo ruolo preferito: seconda punta dietro a un centravanti boa che gli apre gli spazi per inserirsi), elemento arcinoto: tecnicamente sufficiente, fisicamente tutt’ altro che preponderante, ma molto sveglio negli ultimi metri oltre che intelligente nel movimento senza palla.
Comunque, quella del centravanti è una posizione possibilmente migliorabile dal Villarreal nel prossimo mercato invernale.

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domenica, novembre 18, 2007

Biglietto staccato.

Quello che solo qualche mese fa era un semi-miraggio, ieri sera è diventato realtà: Spagna qualificata ad Euro 2008, e pure con una giornata d’ anticipo (mercoledì con l’ Irlanda del Nord i motivi principali d’ interesse saranno i vari Guiza e Riera sin dal primo minuto). Una notte placida per il Bernabeu, messa piacevolmente in discesa sin dalle prime battute, complice una Svezia tenera come quel famoso tonno.
Una prestazione ottima per accrescere l’ autostima, a patto che questa non cresca talmente tanto da sconfinare nella fanfaronata bella e buona, come mi pare stia già per accadere (dal passato non si impara mai). Leggendo tra le righe della partita di ieri, con equilibrio e al di là degli entusiasmi superficiali e degli slogan giornalistici, si possono infatti scorgere sia le grandi virtù che fanno sperare in questa nazionale sia i potenziali intoppi che possono frenarla per l’ ennesima volta nel suo tentativo di ingresso nell’ èlite.
Il secondo gol è un altro capolavoro dopo la “jugada perfecta” in Danimarca, esemplifica al meglio ciò che questa nazionale deve esprimere in termini di palleggio e movimento per potersi imporre. Però va anche ricordato come gli altri gol e la grande maggioranza delle azioni pericolose siano venute solo da palle inattive (indecente che gli spilungoni svedesi abbiano lasciato 4-5 volte almeno l’ avversario completamente smarcato appena dentro l’ area o addirittura nell’ area picola, vedi l’ 1-0 di Capdevila), e che vi son stati lunghi frangenti in cui il palleggio spagnolo era fine a se stesso, assolutamente privo di sbocchi o di accelerazioni significative. Tutto bene quando come ieri vai subito in vantaggio e puoi amministrare, però il discorso cambia radicalmente quando hai l’ acqua alla gola e devi rincorrere l’ avversario… In queste occasioni sono richieste un’ intensità di gioco e una personalità che ieri non abbiamo potuto verificare e che la Spagna deve ancora tutte dimostrarci.

Aragones ha esaudito i desideri di gran parte del pubblico e della stampa, schierando la formazione più stuzzicante possibile: dopo la diga-Albelda, Iniesta-Cesc-Xavi-Silva-Villa, tutti piedi buonissimi, tutti alti rigorosamente meno di un metro e ottanta. Ho sempre affermato a chiare lettere come sia questa l’ unica strada che può seguire la Spagna: non potendo rivaleggiare con altre nazionali sul piano atletico, occorre valorizzare più possibile le capacità nel possesso-palla, nel quale la Spagna è ai vertici a livello europeo. Ieri abbiamo apprezzato una grande padronanza in mezzo al campo, una selva foltissima nella quale la Svezia non sapeva da che parte andare, una ragnatela insistita e momenti interessantissimi quando Silva ed Iniesta abbandonavano le loro posizioni per aggiungersi sulla trequarti e favorire la superiorità numerica.
Non si tratta però di accumulare giocolieri l’ uno dopo l’ altro, ma chiedersi sempre come questi possano coprire il campo e quale reale efficacia possano esprimere come blocco. Se tu ad esempio hai solo un giocatore in grado di fare gol, potrai avere pure millecinquecento centrocampisti capaci di palleggiare con un’ arancia, ma la tua manovra rimarrà sempre sterile. E’ un aspetto nel quale evidentemente la Spagna deve evidentemente migliorare, se non vuole ridurre questo interessante modulo ad una sola punta ad una sorta di prigione per il Villa o Torres di turno.
Il modello (anche se non è appropriato paragonare le nazionali coi club, dove si può lavorare molto di più sugli automatismi) è l’ Arsenal, che gioca con un solo attaccante ma che alla conclusione ci arriva con tantissimi giocatori, in maniera oltrettutto assai complicata da difendere per gli avversari, perché questi giocatori occupano lo spazio inserendosi da dietro e non presidiano mai staticamente una determinata zona del campo. Per un’ ovvia differenza di potenziale atletico la Spagna non può garantire lo stesso ritmo e la stessa intensità che l’ Arsenal esprime nelle due fasi del gioco, però deve anch’ essa far leva sull’ imprevedibilità e sul movimento, potendo giovarsi dell’ altissima qualità dei suoi interpreti.
Lo abbiamo detto, il 2-0 da manuale di Iniesta deve essere la base di ogni discorso: Iniesta si sposta dalla sinistra verso il centro lasciando lo spazio a Capdevila, palla a Xavi che serve la sovrapposizione del terzino ex-Depor, intelligentissimo pase de la muerte di Capdevila per Iniesta che nel frattempo si è smarcato al centro dell’ area, indisturbato perché oggettivamente difficile da marcare in un tale rimescolamento di posizioni. La Seleccion deve dare continuità a questo tipo di azioni, ancora troppe le fasi sottoritmo, anche perché a questa nazionale son sempre un po’ mancati i giocatori in grado di imprimere l' accelerazione giusta sulla trequarti.

Allo stesso tempo in un simile modulo va scongiurato l’ effetto-imbuto, perché coi due centrocampisti esterni che sono tutto tranne che ali si rischia di non coprire per nulla le fasce. Grande responsabilità per i terzini, e sappiamo che questa è una nota dolente per la Spagna, che perde punti rispetto ad altre nazionali come ampiezza e qualità delle soluzioni. Ieri eccellente prova di Capdevila, evidentemente rivitalizzato dall’ esperienza al Villarreal: il catalano non ha mai brillato per esplosività o per doti di spinta, però è bravo a scegliere i tempi giusti quelle non tantissime volte in cui si sovrappone, vedi l’ azione del 2-0. A destra Sergio Ramos non assicura sempre ordine ed alti livelli qualitativi nella sua spinta, però sa offrire spunti tanto isolati quanto devastanti (anche ieri, bella prodezza la deviazione d’ istinto per il 3-0). Di qui all’ Europeo non ci si può aspettare grossi miglioramenti nel parco-terzini, per cui va tenuta in considerazione l’ alternativa di schierare almeno un esterno puro a centrocampo (Joaquin a destra e Riera a sinistra, in attesa di Vicente), per aprire meglio il campo sulla fascia in cui la spinta del terzino competente si rivela insufficiente, sacrificando un trequartista fra Silva e Iniesta.
Chiudo con Xavi, migliore in campo ieri sera: nonostante alcune critiche (lo accusano di rallentare il gioco e non verticalizzare mai: a parte il fatto che il suo compito non è saltare l’ uomo, lui la palla buona la serve sempre, a patto che davanti ci si muova, cosa che al Barça succede pochino), resta il fulcro indiscutibile e indispensabile della manovra, che lega i reparti e dà continuità all’ azione. Tutti lo cercano, tutti si fidano ciecamente di lui: non dubitiamo che Cesc diventerà più completo e più forte, ma non ha ancora questo peso sul gioco. Il talento dell’ Arsenal deve ancora inserirsi nei meccanismi, e il suo sarà un ruolo fondamentale, essendo il centrocampista che vede meglio la porta in una squadra che giocando con una sola punta ha assoluto bisogno di gol anche dagli altri reparti.

España (4-1-4-1): Casillas; S. Ramos, Puyol, Marchena, Capdevila; Albelda; Iniesta (51'), Xavi, Cesc, Silva (65'); Villa (51').
In panchina: Reina, Albiol, Senna, Joaquín (51'), Riera (65'), Güiza, Tamudo (51').
Suecia (4-4-2): Isaksson; Nilsson, Mellberg, Hansson, Edman; Willhelm. (79'), Andersson (45'), Svensson, Ljungberg; Rosenberg (59'), Ibrahimovic.
In panchina: Shaaban, Concha, Majstorovic, Kallstrom (45'), Bakircioglu (79'), Allback (59'), Prica

Goles: 1-0 (13'): Xavi saca un córner, prolonga Cesc de cabeza y Capdevila remata con la derecha; 2-0 (38'): Iniesta culmina con la izquierda a centro de Capdevila una extraordinaria jugada con 45 toques consecutivos; 3-0 (64'): Sergio Ramos tras recoger un rechace dentro del área.
Árbitro: Roberto Rosetti, de Italia. No tuvo problemas en un partido de guante blanco. Amonestó a Puyol (88').
Incidencias: Santiago Bernabéu. 75.000 espectadores. Terreno de juego en buenas condiciones en noche fría. En la segunda mitad, con todo decidido, se coreó el nombre de Raúl. Con la victoria, España se clasifica para la Eurocopa.


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giovedì, novembre 15, 2007

Protagonisti: Keita (Sevilla).

Il polmone di Nervion.

Nome: Seydou Keita.
Luogo e data di nascita: Bamako (Mali), 16-1-1980.
Altezza: 1,83 m.
Peso: 77 kg.
Ruolo: centrocampista centrale.
Carriera: Olympique Marsiglia (1999-2000); Lorient (2000-2002); Lens (2002-2007); Sevilla (2007-

Devo confessare che gli anni scorsi, osservandolo saltuariamente e in maniera nemmeno troppo attenta con la maglia del Lens e della nazionale, non mi ero mai accorto di quanto questo giocatore fosse forte. Neppure a Siviglia quest’ estate si potevano percepire grosse aspettative sul suo conto, nonostante i sorprendenti numeri (ben 11 gol, tantissimi per un centrocampista) dell’ ultima stagione disputata da Keita in Francia.
Invece, impressionante capacità d’ inserimento per il maliano, come se in questa squadra giocasse da una vita e ne possedesse innato lo spirito. Poche partite per diventare idolo del Sanchez Pizjuan, poche partite per diventare perno ancor più insostituibile di Poulsen (11 partite senza essere mai sostituito, esattamente come Palop: il rischio magari è quello di fonderlo), poche partite per segnalarsi come forse il miglior acquisto in assoluto dell’ ultima estate.
L’ ennesimo colpo da maestro di Monchi, un vero e proprio innesto-chiave, la completezza di Keita permette infatti un’ infinità di soluzioni per il centrocampo sevillista: Keita+Poulsen per un centrocampo più solido, Keita+Renato per uno più portato alla costruzione, Keita+Martì per una mediana ultra-aggressiva nel pressing. Comunque va ricordato che Keita non è un centrocampista di posizione, uno alla Poulsen che ricopre stabilmente la zona strategica davanti alla difesa, ma un classico cursore a tutto campo.
Nelle serate buone è semplicemente sbalorditivo, sembra preda di un appetito bulimico che lo porta a divorare l’ intero rettangolo verde: lo trovi a metacampo ad aggredire in pressing, poi in inserimento ai limiti dell’ area avversaria, poi ancora ai limiti della sua area per coprire gli spifferi (a dire il vero non sempre, il Sevilla quest’ anno sta accusando problemi a difendere proprio queste respinte, oltre alle maledette palle inattive), infine addirittura sulla fascia per coprire gli sganciamenti dei compagni o proporre qualche sporadica sovrapposizione, soprattutto a sinistra.
Tutto questo senza soluzione di continuità durante i 90 minuti, e sempre a ritmi elevatissimi. Il maliano è una macchina per recuperare palloni, un animale da pressing: veloce, agile, rapido, elastico, con una resistenza atletica enorme e una forza fisica intimidatoria nei contrasti.
Ma anche in fase di costruzione, pur senza essere un regista o un elemento di grande classe, sa dare un ritmo e una continuità d’ azione importanti. Mancino puro, gioca semplice e pulito, serve la palla coi tempi giusti alternando gioco corto e lungo. Soprendono poi la sua calma e personalità palla al piede: porta palla con sicurezza, non ama per niente sparacchiare palloni a casaccio, si difende col corpo e con un controllo nello stretto più che discreto per uscire indenne dalle zone calde e proseguire l’ azione della sua squadra. Gli sviluppi dell’ azione lo portano poi di tanto in tanto ad appoggiare l’ esterno per creare superiorità numerica sulla fascia sinistra, dalla quale predilige cercare tiri-cross tesi e veloci, a mezz’ altezza per sperare magari nella deviazione giusta.
Ma la completezza di Keita non si esaurisce qui: i numeri dell’ ultima stagione con la maglia sang et or del Lens ci segnalano un incursore temibile e prolifico anche sul piano offensivo, aspetto che finora i tifosi sivigliani hanno potuto apprezzare solo in piccola parte (il super-gol al Real Madrid, replica di maggior successo di un’ analoga bordata stampatasi però sul palo nella partita casalinga di Champions con lo Steaua). Le frecce principali all’ arco del maliano sono la botta secca dalla lunga distanza, notevole per potenza e coordinazione, e le eccellenti doti nel gioco aereo, grande stacco e buona scelta di tempo che lo rendono molto pericoloso quando si porta nell’ area avversaria in occasione di calci piazzati.

Seydou Keita, come molti importanti giocatori maliani (fra i quali anche Mamadou Diarra), inizia in patria nel Centre Salif Keita, centro di formazione per giovani calciatori fondato dallo stesso ex-giocatore di Saint Etienne, Valencia e Sporting Lisbona, vera e propria leggenda del calcio maliano. Fa il salto in Francia all’ Olympique Marsiglia: gioca poco, soprattutto nella formazione riserve, nonostante nel frattempo riesca a conquistare il titolo di miglior giocatore del Mondiale Under 20 del ’99 in Nigeria, dove si piazza terzo col suo Mali (prima classificata proprio la Spagna di Casillas, Xavi, Orbaiz, Yeste, Gabri, Marchena, Colsa e della meteora Pablo Couñago).
Per trovare spazio ha bisogno quindi di cambiare aria: due anni al Lorient molto positivi (nel primo dei quali contribuisce alla promozione nella massima serie), quindi l’ interesse del Lens, che lo contratta nell’ estate 2002. Nel nord della Francia però non decolla subito: le sue quotazioni saliranno col cambio in panchina nel 2005 fra Joel Muller e Francis Gillot, per poi consacrarlo perno indiscutibile del centrocampo con le partenze di Alou Diarra e Jerome Leroy, fino all’ ultima eccezionale stagione, nella quale viene proclamato miglior giocatore in assoluto della Ligue 1 2006-2007.
Con la nazionale maliana ha disputato la Coppa d’ Africa nel 2002 (in casa, quarto posto finale) e 2004 (in Tunisia, anche qui quarti), e disputerà anche la prossima edizione del Gennaio-Febbraio 2008 in Ghana, edizione che porterà via alle squadre della Liga giocatori importantissimi come lui, Kanouté, Koné, Eto’o, Yaya Touré, Uche, Diarra, assenze che probabilmente incideranno parecchio sugli equilibri di classifica. Il Mali è stato inserito in un girone che definire “di ferro” è poco, dato che la sorte ha riservato due coinquiline scomodissime come Nigeria e Costa D’ Avorio.


VIDEO 1: il gol al Real

VIDEO 2: con il Lens.

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martedì, novembre 13, 2007

Una Liga tutta all' attacco.

E pensare che l' anno scorso denunciavo allarmato come la Liga rischiasse di diventare sempre più preda del tatticismo, cioè una degenerazione di quella sana e logica attenzione agli equilibri che ogni squadra e allenatore deve avere come priorità. Al di là del finale ultra-emozionante fatto di rimonte epiche e continui colpi di scena, quella dell’ anno scorso mi era infatti sembrata una Liga poverissima dal punto di vista spettacolare, con un evidente calo sul piano qualitativo rispetto agli inizi di questa decade, quando la Liga rappresentava l’ esaltazione di un calcio tecnico, spettacolare ma al tempo stesso estremamente competitivo, anzi mediamente il più competitivo in ambito europeo (qualcuno si ricorderà la copertina del “Guerin Sportivo” del 2002 che recitava “Copiamoli!”).
La mia preoccupazione era rafforzata dal fatto che l’ ultima Liga non faceva altro che seguire l’ andazzo delle due che l’ avevano preceduta, quella 2004-2005 con uno dei più bei Barça della storia circondato dal deserto più desolante (se si eccettua il Villarreal) e la 2005-2006 che offrì ben poco in grado di soddisfare il palato degli spettatori (fate conto pure che il Barça prestava un’ attenzione maggiore al fronte Champions, ci rimangono giusto alcune belle esibizioni del Celta come novità più stuzzicante).

Invece, parole al vento, vedendo questo avvio di stagione caratterizzato dai fuochi di artificio: rincorse all’ ultimo gol, giocate spettacolari, desiderio di soddisfare lo spettatore e di sfruttare al massimo il talento offensivo dei propri singoli, squadre piccole che cercano di giocarsela alla pari con le corazzate più blasonate…
I numeri parlano chiaro: nell’ ultimo lustro questa è la Liga con la media-gol maggiore. Bisogna tornare alla stagione 2000-2001 per trovare cifre superiori: allora alla dodicesima giornata si erano realizzate 322 reti, ora sono 314. Ciò che richiama maggiormente l’ attenzione è la “generosità” delle grandi: detto che il Real Madrid è nei principali campionati europei la capolista con la media-gol più alta (2,42 gol a partita), va aggiunto come le prime quattro della Liga quest’ anno abbiano subito 13 gol in più rispetto all’ anno scorso, 7 in più rispetto al 2005-2006 e ben 23 rispetto al 2004-2005.
La differenza rimane notevole nel confronto anche con gli altri grandi campionati europei: le prime quattro spagnole hanno subito finora la bellezza di 30 gol in più (calcolando lo stesso numero di giornate) rispetto alle loro corrispettive della Premier, 14 in più rispetto a quelle della Serie A, 20 in più rispetto alla Ligue 1 e 18 in più rispetto alla Bundesliga. La differenza esiste anche per quanto riguarda i gol fatti, la Liga è al vertice, ma in questo caso il divario è minore.

Questi dati evidenziando una tendenza chiara e suggeriscono due possibili interpretazioni, una ottimistica e un’ altra più pessimistica. L’ interessantissimo articolo pubblicato oggi da El Pais ci aiuta a interpretare i numeri attraverso la lettura degli addetti ai lavori.
Quique Sanchez Flores, che ora ha tanto tempo libero, vede una chiara degenerazione: “La teoria del tiqui-taca (espressione molto di moda ultimamente in Spagna, il più delle volte utilizzata a sproposito: indica in senso stretto il gioco palla a terra, fatto di possesso-palla ed uno-due, ma ora viene sempre più usato per indicare molto più genericamente un gioco allegro e mirato allo spettacolo) sta facendo danni. Le grandi stanno perdendo il rigore difensivo”.
Marcelino, tecnico-prodigio del Racing, la vede diversamente: “E’ il potenziale medio che è molto alto”, “difendere bene dipende da due fattori: le caratteristiche dei giocatori e il lavoro collettivo implementato dall’ allenatore. Nella Liga c’è grande qualità negli attaccanti, sui quali si fanno i maggiori investimenti economici. Inltre, il potenziale medio delle squadre è molto alto. La Liga è molto più competiva degli altri campionati, incluso quello inglese, nel quale ci son solo sei squadre buone. Qui ti può sorprendere chiunque. Oltrettutto, il Madrid e il Barça hanno numeri nella loro norma (29 gol fatti e 12 subiti il Real, 23 fatti e 10 subiti il Barça). Sono il Villarreal e il Valencia ad aver ricevuto più gol del dovuto in singole partite (nello specifico, le cinquine rifilate loro dal Real Madrid). Alla fine, la media globale si avvicinerà a quella dell’ anno scorso.”
Gregorio Manzano, guida del Mallorca ultra-spavaldo del Bernabeu (a proposito, oggi su As ho letto le dichiarazioni di Varela, che curiosamente coincidono pari pari con la mia analisi della partita di domenica), spiega i motivi razionali di certe scelte: “Assumo rischi per la qualità”. “C’ è una vocazione offensiva molto chiara e la disciplina tattica è minore, nella costruzione degli organici si cerca la qualità prima ancora del rigore tattico. Abbiamo un record offensivo al Mallorca (21 gol fatti, niente male davvero), ciò presuppone maggiori rischi (19 gol subiti, sette in più rispetto all’ anno scorso, quando però il Mallorca aveva segnato la miseria di 9 reti). Assumo rischi perché con Arango o Güiza ho della qualità che devo sfruttare”.
Victor Muñoz, pericolante inquilino della panchina del Recreativo: “Oltre ai gol, che sono la salsa del calcio, bisogna guardare anche altri elementi: il Madrid, per esempio, concede molte più occasioni da gol rispetto al Valencia e al Barça ma, tuttavia, non gli fanno più gol. Perché? Perché Casillas è un fenomeno e il Madrid ha avuto un po’ di fortuna, fattore che alla lunga, si equilibra fra le varie squadre. La differenza fra piccole e grandi in Spagna è più ridotta che in altri paesi. Comunque, credo che alla fine del campionato questi dati si equilibreranno”.
Bakero, neo-assistente di Koeman al Valencia: “Questi dati si spiegano per la qualità dei giocatori e per le aspettative esterne (quelle che circondano le gradi squadre)”; “tutti i migliori attaccanti giocano qui. Lo 0-0 è visto di cattivo occhio… le televisioni esigono lo spettacolo. Obbligano a costruire organici molto offensivi. Rispetto agli altri campionati, qui ci sono otto squadre di primissimo livello. Le quattro prime più il Sevilla, l’ Atlético, il Zaragoza e un’ altra che può entrare in questo gruppo, come il Getafe.”

Qual è la mia opinione? Come in molti casi, la verità sta nel mezzo. Ha ragione quindi Quique, perché preoccupano l’ anarchia del Real Madrid e (nonostante i blaugrana con 10 gol siano la seconda squadra meno perforata della Liga dopo il Racing primatista con 9) la mancanza di intensità del Barça soprattutto fuori casa, aspetti che rischiano di rendere a lungo termine non sufficientemente competitive queste due squadre rispettivamente in chiave-Champions (il Real Madrid) e in chiave-Liga (il Barça). Anche il Sevilla poi sta evidenziando inattese e troppo frequenti incertezze difensive.
Però hanno ragione anche Marcelino e Victor Muñoz: se le grandi subiscono più gol è perché quest’ anno il livello medio della Liga è veramente altissimo, molto più degli anni scorsi. Rimane salda l’ egemonia di Real e Barça che anche quest’ anno credo emergerà a lungo andare, ma è vero che qualunque squadra (eccetto il Levante) può batterti, le squadre di livello medio-basso non solo si proteggono ma, per quanto possibile, rispondono colpo su colpo. E’ questa non è solo un’ impressione soggettiva, dato che le prestazioni in Uefa certificano la competitività di questa classe media, pensiamo non solo alla cavalcata dell’ Espanyol (compresa una memorabile lezione al Werder Brema a Montjuic), ma anche al Celta poi retrocesso alla fine della scorsa stagione che fa fuori il Palermo e una squadra di Champions come lo Spartak Mosca, all’ Osasuna che elimina agevolmente Rangers e Bayer Leverkusen, oppure quest’ anno al Getafe che espugna White Hart Lane.
Ogni domenica le grandi si trovano di fronte squadre molto ben organizzate, che in settimana studiano il match nei minimi dettagli, che sanno dove colpire ed hanno nella maggior parte dei casi i mezzi per farlo. Vedere per credere il Valladolid che rinchiude nella sua metacampo il Real Madrid e che domina al Mestalla oppure l’ Almeria che sommerge di palle-gol l’ Atlético. Oppure bastano queste dichiarazioni di Laudrup: “Il Madrid e il Barça hanno l’ abitudine di pressarti alto, e per questo noi piccole squadre possiamo cedere alla tentazione di ricorrere al lancio lungo per prenderli in contropiede. Però io credo sia molto più efficace tentare di far girare la palla e avere pazienza, perché loro (il Barça) pressano coi tre attaccanti più le due mezzeali, e se superi questa linea, trovi molto spazio per attaccare. E allora puoi fare veramente male .” Parole sante: giocare alla pari, colpo su colpo, come il Getafe che nei momenti in cui ha avuto il pallone a disposizione ha mandato in bambola il Barça con combinazioni palla a terra di grande qualità ed efficacia.
Quasi ogni squadra poi, non solo le grandi, ha il giocatore di qualità in grado di decidere la partita in un’ azione isolata, basti pensare a gente come Riera e il Triangle Magic dell’ Espanyol, Uche, gli argentini del Zaragoza, Ibagaza e gli altri talenti offensivi del Mallorca, Guardado... Logico poi che la Liga sia un campionato dalla media-gol elevata quando per i campi di Spagna circola gente come Messi, Van Nistelrooy, Aguero, Giuseppe Rossi, Kanouté e compagnia. Questo al di là di ogni possibile considerazione sulle leggerezze difensive di questa o quell’ altra squadra.
Bakero poi sottolinea l’ aspetto ambientale, che ha anch’ esso la sua importanza. Considero infatti i campionati precedenti una deviazione rispetto a una filosofia di fondo che caratterizza storicamente il calcio spagnolo e che adesso pare fortunatamente riemergere. Il pubblico, a dire il vero non sempre con la massima razionalità, supporta con ammirevole coerenza una filosofia che vuole vedere la propria squadra non solo vincere, ma anche giocare un calcio esteticamente appagante, perché sennò tanto varrebbe guardare soltanto il tabellone a fine partita… Esemplare il pubblico del Mestalla che sommerge di fischi Quique Sanchez Flores dopo la vittoria rubata al Valladolid oppure il tifo madridista, nella sua maggioranza ben consapevole di come la vittoria della scorsa stagione sia stata tanto straordinaria ed esaltante per la sua imprevedibilità quanto rivedibile per la qualità del gioco espresso durante tutta la temporada .

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lunedì, novembre 12, 2007

DODICESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Villarreal-Sevilla 3-2: Guille Franco 31' (V); Kanouté 34' (S); Luis Fabiano 50' (S); Guille Franco 67' (V); Matias Fernandez, rig. 86' (V).
Grande partita, e tanto per cambiare qua in Italia non la si è potuta vedere. Il Villarreal mantiene il passo del Real, sempre più credibile come grande, visto che, a parte la figuraccia proprio col Madrid, le altre squadre d' èlite (Barça, Valencia, Atlético, e ieri Sevilla) le ha battute tutte.
Nervosismo nella prima mezzora, poi gol a valanga (in linea con questo strepitoso inizio di Liga, il più bello da qualche anno a questa parte). La seconda ammonizione a Dani Alves (l' arbitro, per questa e altre decisioni, verrà contestato in maniera furibonda dal Sevilla), verso la fine del primo tempo, segna la svolta della partita, anche se già in inferiorità numerica il Sevilla riesce addirittura a portarsi in vantaggio con Luis Fabiano, una specie di Re Mida di questi tempi, ora anche Pichichi provvisorio.
Ovviamente con l' uomo in più la partita per tutto il secondo tempo la fa il Villarreal. Il Sevilla si stringe attorno a Palop con grande ordine, rendendo difficile al Submarino lo sviluppo del suo gioco classico. Però, consuetudine spiacevole di questa stagione sevillista, gli ospiti continuano a regalare in difesa, in specie nelle situazioni da calcio piazzato, vero nervo scoperto. Mosquera, che non ho fatto a tempo a elogiare per la prestazione col Real, combina disastri: Guille Franco ancora una volta incorna per il 2-2, poi il difensore colombiano commette fallo da rigore, rigore decisivo trasformato da Matias Fernandez, ingresso ancora una volta più che mai incisivo.

Deportivo-Racing 0-1: Tchité 67'.
Sempre più incredibile la classifica del Racing: notare come solo 10 gol fatti siano valsi finora 20 punti. Però stavolta strameriterebbe il Deportivo, che domina, attacca, crea, ma paga ancora una volta la sterilità del suo attacco (oltre alle paratone di Toño, che io reputavo il portiere di gran lunga più scarso della Liga, ma che quest' anno sta offrendo un rendimento elevato). Non vincono in casa da 5 partite i galiziani, li beffa un contropiede abilmente finalizzato da Memé Tchité, che sta ingranando dopo un inizio così così.

Almeria-Atlético Madrid 0-0
Questa partita invece l' ho vista, e sbalordisco di fronte al poco che l' Almeria raccoglie rispetto all' intensità di gioco che esprime. L' Atlético, soprattutto nel primo tempo, è stato messo sotto di brutto, pressato nella sua metacampo senza respiro, attaccato senza soluzione di continuità con azioni brillanti e vertiginose, imperniate soprattutto su quel nano maledetto di Crusat, uno dei giocatori più veloci della Liga, imprendibile quando ha campo a disposizione. Tre occasioni nei primi 6-7 minuti per i padroni di casa, poi alla mezzora Crusat, chi altri se no, provoca un ingenuo fallo di Seitaridis (del quale comunque comprendiamo l' impotenza), e il rigore che ne consegue esemplifica in maniera tragicomica la situazione di quest' Almeria che proprio non riesce a buttarla dentro: batte il rigore Felipe Melo, respinge Leo Franco, si avventa in tuffo Negredo, riflesso prodigioso ancora di Leo Franco, poi arriva Uche (Kalu, il fratello maggiore di quello del Getafe) che non trova di meglio da fare che biascicare un destro che rotola molle molle fra le braccia del portiere colchonero, che finalmente può agguantare in presa. Non parliamo poi della traversa presa pochi minuti dopo, in spaccata, ancora da Uche... Emery in settimana aveva promesso di pagare la cena a 30 giornalisti in caso di un Almeria ancora a secco, beva ora l' amaro calice...
Nel secondo tempo, cala per ovvi motivi il ritmo dell' Almeria, che si allunga anche un po', ma sono sempre i padroni di casa a pungere di più, ulteriore conferma il palo, il terzo della partita almeriense, colto da Negredo. Meno male che almeno non entra la punizione che in pieno recupero Luis Garcia stampa morbida sulla traversa: parlare di furto sarebbe stata quasi una gentilezza.

Betis-Zaragoza 1-2: D' Alessandro 34' (Z); Pavone 80' (B); Pavone 91' (B).
Minuto chiave il settantaduesimo: nel Zaragoza esce Ayala, che fin lì aveva tenuto in piedi una difesa rimaneggiata dai tanti infortuni (fuori Juanfran, Sergio e Pavon), nel Betis entra Pavone, fino a quel momento l' oggetto misterioso della stagione verdiblanca. El Tanque fa esplodere il Ruiz De Lopera: splendido il primo gol per la grande percussione di Edu e per la maestria da attaccante consumato con cui il centravanti argentino difende palla col corpo preparandosi la conclusione a rete, un colpo sotto di gran freddezza sull' uscita di César. Il secondo gol bada meno alla forma, un tap-in di petto su sponda di Edu, ma che importa, tre punti fondamentali non solo perchè salvano la panchina di Cuper ma perchè potrebbero finalmente aver dotato il Betis di quel punto di riferimento offensivo di cui fin qui aveva sentito tremendamente la mancanza.

Espanyol-Athletic Bilbao 2-1: Gabilondo 3' (A); Tamudo 39' (E); autorete Aitor Ocio 90' (A).
L' Espanyol ha fatto la partita e meritato nel complesso, ma è certamente beffardo il modo in cui la vittoria è maturata, con un autogol al 90' quasi inverosimile del pilastro difensivo Aitor Ocio. Bellissimo il gol di Tamudo, ancora in grande evidenza Riera.

Valladolid-Levante 1-0: Sesma 63'.
Il Valladolid scala posizioni, e se lo merita perchè se la qualità non è proprio eccelsa, il lavoro, la fatica, l' applicazione e lo spirito di corpo di questa squadra non meritano affatto la Segunda. La partita è stata un monologo, in attesa soltanto del gol che sbloccasse la situazione, segnato dal solito ottimo Sesma con una spettacolare girata mancina.
Leggo critiche vibranti al Levante e all' atteggiamento spudoratamente rinunciatario di De Biasi: 78% di possesso-palla al Valladolid, 22% agli ospiti. Dico, vi sembra normale?

Recreativo-Osasuna 1-0: Carlos Martins 70'.
Finalmente il Recre trova 'sto benedetto gol, e scongiura (forse, non sono esclusi colpi di scena in settimana) l' esonero annunciato di Victor Munoz. Osasuna in fase di stanca.


CLASSIFICA
R. Madrid 28
2 Villarreal 27
3 Barcelona 24
4 Valencia 24
5 Espanyol 22
6 Atlético 21
7 Racing 20
8 Zaragoza 17
9 Mallorca 16
10 Sevilla* 15
11 Getafe 14
12 Athletic 13
13 Murcia 13
14 Valladolid 13
15 Osasuna* 12
16 Almería 12
17 Deportivo 12
18 Recreativo 12
19 Betis 11
20 Levante 4

(*) Equipos con un partido menos


CLASSIFICA CANNONIERI
Luis Fabiano 8 (1 rig.)
Güiza 7
Agüero 7
Rossi 7 (2 rig.)
Messi 7 (2 rig.)

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DODICESIMA GIORNATA: Real Madrid-Mallorca 4-3: Robinho (R); Varela (M); Robinho (R); Varela (M); Güiza (M); Raul (R); Van Nistelrooy (R).

Partita memorabile, grazie alle emozioni che ci regala l’ atteggiamento disinvolto delle due squadre. Il Mallorca merita tutti gli elogi di questo mondo per essere andato al Bernabeu a cercare con ostinazione il gol in più rispetto a un così celebre avversario, ma a posteriori risulta fin troppo “aperto” l’ atteggiamento degli isolani, che hanno troppo spesso offerto il destro a quelle che sono le migliori prerogative del Real Madrid, le transizioni in campo aperto e gli uno contro uno del devastante Robinho. Insomma, pur senza rinunciare a giocarsela, si poteva, specialmente dopo il momentaneo 2-3 di Güiza, temporeggiare un po’ di più, rallentare le operazioni, fare numero nella propria metcampo (soprattutto raddopppiare su Robinho…) invece che lasciare campo aperto alle incursioni dei lanzichenecchi di merengue vestiti.
Il Real Madrid è il solito, illogico incomprensibile confusionario eppure ancora una volta vincente. Disordinato, sfilacciato, con un centrocampo ridotto all’ osso, difensivamente ridicolo, però con un’ impressionante facilità nel trovare la via del gol. Basta un guizzo, una palla vagante, e il gioco è fatto.
Il Real sfonda, e sfonda alla grande, senza quasi mai dominare (l’ unica partita che ha controllato dall’ inizio alla fine è la goleada del Mestalla): va di prepotenza e di istinto più che di geometria, si trova a suo agio molto più che nell’ elaborare gioco, dove accusa evidenti problemi di fluidità, nell’ attaccare con questi lanci subito verso l’ attacco, a cercare i tagli di Raul alle spalle della difesa avversaria oppure la fuga di Robinho sulla sinistra (guardate le azioni da calcio d’ angolo avversario: Casillas cerca sempre, dico sempre, il lancio verso Robinho, tant’ è che Manzano stasera ha messo uno a uomo su queste situazioni).
Robinho che sta assurgendo sempre più al ruolo di giocatore determinante: rido quando penso a ciò che mi è capitato di leggere da alcune parti, e cioè che Capello avrebbe favorito la crescita del talento brasiliano… altro che storie, questo è il vero Robinho. Non ha certo ricadute straordinariamente positive sugli equilibri della squadra, ma Schuster lo lascia praticamente libero di fare i suoi porci comodi, qualunque cosa che gli venga in mente in qualunque zona del campo, senza impegni di copertura, e il giocatore sente eccome questa fiducia. Oggi due gol, un assist che è praticamente tre quarti del gol di Raul, un quasi-gol da antologia (sul 3-3, finta e dribbling con la suola, sinistro incrociato di poco alto sopra la traversa).

Il Real Madrid fa i conti con due assenze pesantissime, Guti (la mente) e Sergio Ramos (l’ anima), nuova opportunità per Sneijder (che non la sfrutterà al meglio, l’ olandese sembra uscito dai circuiti di questa squadra). Manzano rafforza il centrocampo, optando per il doble pivote Basinas-Pereyra, con Ibagaza defilato sulla sinistra (anche se a partita in corso sarà Arango ad allargarsi disegnando una sorta di 4-2-3-1).
Il Mallorca sembra comandare le operazioni in avvio, ma Robinho-Marcelo-Robinho è l’ asse che porta al vantaggio madridista. Neanche il tempo di gioire che il Mallorca pareggia infierendo nelle incertezze difensive madridiste: rasoiata del Mago Ibagaza (peccato per l’ assenza di Guti, sarebbe stata una sfida nella sfida), Marcelo liscia la diagonale, il taglio dalla destra di Varela elude l’ uscita di Casillas per il gol a porta vuota. Ancora sull’ altalena però, bastano tre minuti perché il Real Madrid, ancora con Robinho, rimetta sottosopra il match con il 2-1, casuale e pure irregolare (fuorigioco di Robinho sulla deviazione di Raul).
La partita prosegue senza un chiaro padrone, su ritmi elevati e con capovolgimenti di fronte spesso compromessi da errori di misura ed approssimazione nei passaggi (Nunes però prende una traversa clamorosa, solo in area piccola su un calcio d’ angolo). A Robinho risponde ancora Varela, che ha un conto aperto col Real Madrid: ingenuo Marcelo ad offrirgli l’ opportunità di girarsi, ma il destro dell’ ex Betis è una sassata che non è alla portata nemmeno di San Iker.
La ripresa vede un avvio volenteroso del Real Madrid (Sneijder manda fuori di poco un tap-in sottomisura), ma la spinta si affievolisce fino al clamoroso 2-3, un pasticciaccio brutto che conferma ancora una volta tutti gli imbarazzi difensivi del Madrid (che nel frattempo, uscito Cannavaro, ha riaccolto nelle sue fila Pepe, rientro non certo molto positivo): palla che gironzola al limite dell’ area, senza che nessuno dica o faccia qualcosa, assist involontario di Diarra e Güiza che, alla prima occasione vera della partita, la gira in rete con il fiuto dell’ attaccante vero qual è.
Conoscendone le abitudini, è quasi una bella notizia per il Real Madrid questo svantaggio, gli permette di prendere la rincorsa… Robinho dileggia Héctor e serve il pareggio su un piatto d’ argento a Raul, poi poco dopo sfiora il vantaggio con un’ azione capolavoro. Ma il marchio sui tre punti non può che metterlo Van Nistelrooy, che su un’ azione verticale avviata da Gago e rifinita ottimamente da Raul (che si muove sempre, e bene, sul fronte d’ attacco), si infila nel buco apertosi al centro della difesa maiorchina (Ballesteros esce troppo presto ed Héctor non ha il tempo per chiudere sull’ olandese) e la piazza sul secondo palo.

I MIGLIORI: Robinho uomo-partita, l’ altro protagonista è Varela, che ha questa curiosa tradizione col Real Madrid (l’ anno scorso all’ ultima segnò un gol e ne sfiorò un altro che quasi guastava la festa al Bernabeu): qualche pecca nel controllo di palla, è però un esterno che esprime grande energia nel suo gioco, con ribaltamenti e tagli improvvisi. Notevoli doti di corsa e un destro potente che qualche volta ci prende pure.
I PEGGIORI: Le due facce di Marcelo: promettentissimo quando spinge (deve però imparare a portare meno palla, sennò diventa troppo prevedibile), da mettersi le mani nei capelli e fare gli scongiuri quando difende, svagato, ingenuo, sbaglia grossolanamente i tempi e le misure degli interventi e affronta gli uno contro uno con leggerezza sbalorditiva. Mette una gran parabola sulla testa di Robinho nell’ 1-0, ma è responsabile su entrambi i gol di Varela. Diarra pascola per il campo (lui e Cannavaro nella lista dei 50 per il Pallone d’ Oro sono una barzelletta sconcia), Héctor viene fatto a pezzi da Robinho.

Real Madrid (4-4-2): Casillas 6; Torres 6, Cannavaro 6 (dal 45’ Pepe 5,5), Heinze 5,5, Marcelo 5,5; Sneijder 5,5 (dal 74’ Higuain s.v.), Gago 5,5, Diarra 5, Robinho 8 (dall’ 87’ Drenthe s.v.); Raul 7, Van Nistelrooy 6,5.
In panchina: Codina, Metzelder, Baptista, Saviola.
Mallorca (4-4-1-1): Lux 6; Héctor 5, Ballesteros 5,5, Nunes 6, F.Navarro 6; Varela 7,5 (dal 90’ Victor s.v.), G. Pereyra 5,5 (dal 51’ Borja Valero s.v.), Basinas 6, Ibagaza 6,5; Arango 6 (dal 76’ Webò s.v.); Güiza 6,5.
In panchina: Ione Puga, Ramis, Tuni, Castro.

Gol: Robinho 11’ (R); Varela 13’ (M); Robinho 16’ (R); Varela 36’ (M); Güiza 57’ (M); Raul 62’ (R); Van Nistelrooy 72’ (R).
Arbitro: Fernandez Borbalan. Ammoniti: Diarra e Higuain per il Real Madrid; Varela per il Mallorca.

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