venerdì, gennaio 11, 2008

AVVISO.

Sospendo gli aggiornamenti del blog. Il "blocco", motivato da impegni di studio e anche da una motivazione personale sinceramente un po' scarsa, dovrebbe durare per tutto questo mese, anche se non è improbabile che possa scrivere qualcosa di tanto in tanto in tale lasso di tempo.

Grazie
Valentino

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mercoledì, gennaio 09, 2008

Speciale Espanyol.

Su richiesta dell' amico Antonio Giusto, curatore di CalcioItalia e redattore di SportBeat, ho scritto un' analisi della squadra di moda del momento, cioè l' Espanyol. Potete trovare l' articolo su Sportbeat (che comprende un profilo di Tamudo scritto da Antonio), qui vi lascio il link, ma comunque pubblico tutto di seguito, la mia analisi e il pezzo di Antonio.

A Montjuic si sogna: quattordicesimo risultato utile consecutivo (sedicesimo se si aggiungono le due partite degli ottavi, superati, di Copa del Rey con il Deportivo), 29 gol fatti (sesto attacco dietro Real Madrid, Barça, Sevilla, Atlético e Villarreal), 19 subiti (terza miglior difesa dopo Barça e Real Madrid, a pari merito con Racing e Atlético), 36 punti, terzo posto in piena zona Champions, a –8 dal Madrid capolista ma soprattutto a un solo punto di distanza dai rivali cittadini del Barça (coi quali ultimamente è stato rotto ogni rapporto diplomatico, a causa dell’ ostilità fra i due presidenti Sanchez Llibre e Laporta). Solo nel ‘95-’96, a questo punto della stagione, cioè alla diciottesima giornata, l’ Espanyol aveva saputo fare meglio con un secondo posto a –4 dalla capolista Atlético Madrid (a fine stagione invece i biancoblu allora allenati da Camacho si piazzarono quarti).
Certo, sarà difficilissimo riuscire a strappare una qualificazione alla Champions che avrebbe tutto il sapore del miracolo: l’ Atlético e pure il Villarreal raso al suolo sabato scorso hanno delle carte in più dal punto di vista tecnico, per tacere del Sevilla già pronto a rientrare nella mischia. Però la forza dell’ Espanyol risiede nella forte consapevolezza: pochi meglio del team di Valverde sanno quali sono i propri punti di forza e i propri limiti, gli undici in campo si muovono sempre con punti di riferimento chiari, giocano a memoria e con una fiducia in loro stessi ulteriormente accresciuta da dati come le due sole sconfitte accusate finora (Valladolid alla prima giornata, Recreativo alla quarta, in un avvio di stagione deludente anche sul piano del gioco), statistica condivisa col solo Real Madrid. Successi che affondano comunque le proprie basi già nella scorsa stagione, soprattutto nella splendida quanto sfortunata cavalcata in Coppa Uefa, successi ottenuti con limitate risorse economiche (in caso di qualificazione alla Champions sarebbe difficile allestire una squadra pienamente competitiva sui due fronti, e anzi la prima eventualità da affrontare in sede di mercato resta sempre quella di cessioni eccellenti) e facendo un gran lavoro sulla cantera: nella rosa attuale, 10 giocatori vengono dalla cantera e 17 sono gli spagnoli.

Il merito di tanta efficienza e maturità va in primo luogo a Ernesto Valverde, tecnico fra i più preparati della nuova leva spagnola, assieme ai vari Marcelino, Mendillibar ed Emery. Il 43enne “Txingurri” (che in basco significa “formica”, soprannome che si porta dietro dai tempi in cui giocava nell’ Athletic) si sta consacrando sulla panchina espanyolista, fino a suscitare le voci di un interesse del Barça per affidargli il dopo-Rijkaard.
Rispetto agli inizi, la sua filosofia di gioco si sta evolvendo e modificando: se il suo Athletic lo si ricorda come una squadra dalla mentalità e dallo stile di gioco piuttosto offensivo e arioso (cosa che ha suscitato infatti le critiche a scoppio ritardato e completamente assurde del profeta dell’ anticalcio Javier Clemente), manovrato e con costanti sovrapposizioni dei terzini, ora all’ Espanyol predilige un calcio più verticale, sviluppato di rimessa e in pochi tocchi, dove a partecipare all’ azione offensiva e a concludere sono prevalentemente i 4 uomini offensivi, sguinzagliati negli spazi della metacampo avversaria: Riera è l’ elemento più talentuoso, quello incaricato di condurre l’ azione palla al piede sulla trequarti (cercando non solo il fondo ma spesso e volentieri anche le zone interne), Tamudo è la prima punta che cerca la profondità e coi suoi movimenti si occupa di allungare la difesa avversaria e favorire così gli inserimenti a rimorchio di Valdo dalla destra ma soprattutto di Luis Garcia, seconda punta che si muove in una posizione strategica fra le linee, posizione che crea sempre qualche problema nelle marcature alle difese. La tremenda efficacia realizzativa dell’ attacco è sicuramente uno dei punti di forza principali, quasi una prerogativa da grande squadra questa quando permette di vincere con poco sforzo anche partite non brillantissime. E non a caso Aragones ha pescato a piene mani, convocando sia i “gemelli del gol” Luis Garcia e Tamudo sia lo straripante Riera di questo girone d’ andata.
Transizioni rapide e mortifere quelle dell’ Espanyol, seconde per pericolosità e “impatto scenico” soltanto a quelle del Sevilla, transizioni che acquisiscono ora ancor più imprevedibilità col ritorno a pieno regime di De la Peña, la cui impareggiabile chiaroveggenza nell’ ultimo passaggio permette di smarcare in un amen gli attaccanti davanti al portiere avversario.
Uno dei grandi meriti di Valverde è stato proprio quello di aver trovato finalmente la posizione ideale a “
Lo Pelat”: se prima della scorsa stagione la collocazione tattica di questo giocatore era stata un vero rompicapo per ogni allenatore, e la tendenza generale era quella di schierare De la Peña dietro un solo attaccante (per limitare anche gli effetti della sua scarsa fase difensiva), Valverde ha capito che per valorizzare al massimo le qualità di De la Peña occorre ampliarne il più possibile le opzioni di passaggio: schierato centrale di centrocampo accanto a un “pivote” difensivo come Moisés Hurtado, il cantabro non ha compromesso gli equilibri della squadra in fase di non possesso (si sforza di dare una mano in copertura, perlomeno tenendo la posizione), ma anzi ne ha reso micidiale l’ azione d’ attacco, perché in questo ruolo De la Peña dispone ogni volta di quattro opzioni di passaggio, ciò che consente transizioni così profonde e problematiche per l’ avversario, soprattutto quando hanno origine da una palla rubata a centrocampo.
Un po’ più fatica, pur non trovandosi completamente a disagio e pur avendo buona ampiezza sugli esterni, l’ Espanyol la fa invece quando non può andare subito in verticale ed è costretto a cominciare l’ azione da dietro per attaccare difese schierate. Prova indiretta di ciò è il ruolino magistrale contro le grandi del campionato e in trasferta, le situazioni cioè nelle quali i biancoblu possono meglio sviluppare il loro gioco di rimessa: vittorie contro Valencia, Sevilla, Real Madrid, Villarreal e Atlético, squadra più prolifica fuori casa con ben 18 gol all’ attivo.
Quello di Valverde non è un 4-4-2 classico perché le due punte non partono sulla stessa linea, ma irrinunciabili restano le classiche due linee da 4 di difesa e centrocampo in fase di non possesso: forte di meccanismi molto oliati, con distanze ravvicinatissime fra i reparti e raddoppi puntuali in ogni zona del campo, l’ Espanyol restringe gli spazi all’ avversario, lo costringe al gioco orizzontale e a sguarnirsi per poi forzarne la perdita del pallone e da lì lanciare verticalizzazioni fulminee: al di là dell’ altezza della linea difensiva (generalmente abbastanza avanzata, col portiere che funge da libero aggiunto se necessario) o del grado di intensità del pressing, che variano a seconda dell’ avversario (ad esempio Real Madrid e Villarreal son state “matate” col pressing alto, mentre al Mestalla e al Sanchez Pizjuan l’ Espanyol si era difeso più basso nella sua metacampo), la base del calcio di Valverde resta questa, si predilige un “contro-gioco” diretto e mai troppo elaborato, solido, aggressivo ed estremamente pratico.


----------------------Kameni-------------------------

Zabaleta----Torrejon-----Jarque-------David Garcia

----------------Moisés----De la Peña----------------
--Valdo--------------------------------------Riera--

--------------------Luis Garcia-----------------------
-----------------------Tamudo-----------------------

Altri giocatori. Portieri: Lafuente, Kiko Casilla. Difensori: Chica, Lacruz, Clemente Rodriguez, Serran. Centrocampisti: Angel, “Lola” Smiljanic, Moha, Rufete. Attaccanti: Coro, Jonathan Soriano.
Classifica marcatori (18esima giornata): Tamudo 10 gol; Luis Garcia 5; Riera, Valdo 3; Angel 2; Zabaleta, Coro, Jarque, Jonathan Soriano 1.


DIFESA
Kameni punto fermo da anni, ormai abbiamo imparato anche a familiarizzare con i suoi “estri”. Con riflessi impressionanti e slanci di agilità portentosi in alcune occasioni, in altre mostra una concezione naif del suo ruolo che ha dello sconcertante, tipo quella volta in cui uscì per mettere palla in fallo laterale e rimase ad aspettare fuori dalla sua area finchè l’ avversario non rimetteva in gioco… Ora però il camerunese, richiamato per la Coppa d’ Africa, saluterà la compagnia per qualche tempo, lasciando la porta a Lafuente, uomo fidato di Valverde, che già lo ha allenato all’ Athletic, ma non tanto fidato per chi, primi fra tutti i tifosi dei Leoni, ne ha ammirato le frequenti incertezze.
Parlando del reparto arretrato, d’ obbligo sottolineare la costante e impetuosa crescita di Zabaleta, sempre più giocatore vero il 22enne argentino, per rendimento secondo solo a Sergio Ramos in questa Liga nel ruolo di terzino destro (ormai il suo ruolo stabile, dopo le peregrinazioni fra fascia destra e centro della mediana). Contributo dinamico impagabile (sulle orme di Javier Zanetti), l’ ex San Lorenzo sta maturando a vista d’ occhio sul piano tattico, sempre più affidabile difensivamente. Si attacca al diretto avversario, cerca di non metterlo mai in condizione di girarsi, è aggressivo, reattivo e cerca costantemente l’ anticipo, interpreta la partita con grinta e totale dedizione alla causa. Propone con buona frequenza la sovrapposizione per portare via l’ uomo al suo compagno di fascia, il suo apporto all’ azione offensiva è discreto, anche se la pericolosità delle sue incursioni non è elevatissima, mancandogli un po’ di qualità nel tocco di palla.
La coppia di centrali è consolidata e ben amalgamata sin dall’ anno scorso, la formano i due canterani Dani Jarque e Marc Torrejon. Si fanno apprezzare per la sobrietà, il senso della posizione, il gioco aereo, la concentrazione e il buon tempismo, ma possono andare in difficoltà presi in velocità (soprattutto il 21enne Torrejon, dall’ alto del suo 1,87x87 kg) da attaccanti rapidi che scattano in profondità o che cercano di portarli fuori zona spostandosi verso le fasce.
Il primo e finora unico cambio per i centrali (dato che il canterano Serran non ha ancora toccato il campo) è Lacruz, altra vecchia conoscenza di Valverde ai tempi dell’ Athletic, difensore versatile (all’ occorrenza anche terzino destro molto bloccato), tutt’ altro che irresistibile sul piano tecnico e atletico, ma esperto e tatticamente abbastanza avveduto.
Dopo una lunga sequela di infortuni, a sinistra è tornato titolare David Garcia, espanyolista da sempre, la cui diligenza tattica è sicuramente superiore a quella di Clemente Rodriguez, terzino dalle lacune difensive paurose. Rapido e ficcante anche se un po’ confusionario sul piano offensivo, viene invece da mettersi le mani nei capelli quando in fase di non possesso abbandona allegramente la sua zona cercando improbabili anticipi e lasciando voragini alle sue spalle. Se nel Boca la sua spinta si rivelava importante, in Catalogna pesa di più in negativo la sua insipienza tattica, essendo l’ Espanyol una squadra che basa il suo gioco soprattutto sull’ ordine difensivo e su rapide verticalizzazioni, azioni che per definizione tendono ad escludere un apporto costante e significativo in sovrapposizione da parte dei terzini.
Come alternativa per le due fasce Chica, altro canterano: lanciato come titolare fisso a sinistra l’ anno scorso, quest’ anno trova poco spazio. Giustamente, perché le doti di questo 22enne destro naturale sono oggettivamente modeste, al massimo si può apprezzarne l’ umiltà e l’ impegno.

CENTROCAMPO
Prima del rientro di De la Peña, Valverde optava per due mediani di quantità, uno più basso sempre a protezione della difesa, l’ altro dal raggio d’ azione più ampio, incaricato anche di accompagnare l’ azione offensiva, con licenza di tentare la conclusione da fuori.
La prima casella la copre quasi indiscutibilmente Moisés Hurtado, scommessa vincente di Valverde lo scorso anno, il classico centrocampista difensivo poco appariscente ma fondamentale perché la squadra mantenga le distanze giuste tra i reparti. Accanto a lui in assenza di De la Peña si muoveva prevalentemente il canterano classe ’86 Angel, giocatore concreto e di buon rendimento, efficace in entrambe le fasi del gioco, dinamico e continuo nel pressing, ordinato e senza fronzoli nella costruzione del gioco, in possesso anche di un discreto destro da fuori (bello e importante ad esempio il gol al Sanchez Pizjuan). Angel che ha avuto finora più minuti del giovane serbo Smiljanic, elemento di ottime prospettive, centrocampista di quantità e qualità finora intravista solo a sprazzi (significativa soprattutto la prestazione cntro il Real Madrid).
A sinistra, Riera è l’ opzione d’ obbligo quando serve sfondare le linee nemiche palla al piede: quando l’ Espanyol ha più spazi per il contropiede nella metacampo avversaria, l’ex maiorchino ama anche cercare gli spazi centrali, quando invece occorre dare ampiezza alla manovra, il compito di Riera è quello di guadagnare il fondo.
Cambia poco, perché l’ avversario viene comunque superato: il ragazzo è letteralmente in stato di grazia, alla vera e agognata consacrazione. Nessuno ha mai messo in dubbio il talento di questo mancino, sin da quando Aragones lo lanciò al Mallorca, ciò che ora fa veramente la differenza è la convinzione, la maturità raggiunta dal giocatore, pienamente conscio della propria importanza e dell’ impatto che può avere su un match: emblematico il derby col Barça, dove Puyol a uomo gli ha reso la vita difficilissima, ma nel quale comunque Riera ha saputo essere determinante alla prima occasione in cui è sfuggito al suo marcatore, ispirando il pareggio di Coro.
Grande abilità tecnica, repertorio di dribbling ampio e raffinato, Riera ha un fisico atipico per un uomo di fascia (1,88x83), un fisico robusto e prestante che lo rende difficile da contrastare nel corpo a corpo quando prende velocità e distende la sua falcata potente ed elegante. Resistente, aiuta con buona costanza il terzino in ripiegamento e vede bene la porta, avendo ottima coordinazione quando va al tiro, anche al volo e incrociando da posizioni defilate. Rispetto agli inizi poi cerca la profondità senza palla con maggiore frequenza e decisione. Alternativa affidabile a Riera è il marocchino Moha, esperto e sperimentato 30enne sicuramente meno talentuoso del titolare, ma che ha nel baricentro basso, nella rapidità e nel dinamismo delle buone carte da giocare.
A destra, assente la “vecchia carretta” Rufete (infortunatosi in pretemporada e solo da poco tornato disponibile), la fascia è diventata tutta di Valdo (anche seconda punta), 27enne dalle ottime qualità non sempre mostrate con la dovuta continuità, comunque sicuramente positivo finora in questa sua esperienza catalana. Giocatore che abbina corsa, eleganza e agilità ad ottime doti di palleggio, capace di sfoderare slalom niente male, gli manca forse un po’ di cattiveria e di personalità nelle contese più aspre.

ATTACCO
Il regno di Tamudo: 10 gol in questa Liga, 123 totali, massimo cannoniere nella storia dell’ Espanyol, bandiera intoccabile (si era tremato però quest’ estate quando erano uscite voci di una trattativa col Villarreal). Il suo fisico è abbastanza banale, la velocità media, le doti tecniche ampiamente sufficienti ma non certo quelle del Van Basten di turno, la sua forza sta tutta nella combinazione di opportunismo, intelligenza tattica e astuzia da gran figlio di buona donna (memorabile questo gol nella finale di Copa del Rey del 2000). Un maestro nel cercarsi lo spazio, muovendosi fra i due centrali o allargandosi negli spazi alle spalle dei terzini, rapinoso negli ultimi metri.
Luis Garcia è un complemento perfetto, giocatore completo, bravo con e senza palla: fra le linee offre l’ appoggio al centrocampo e si muove a supporto di Tamudo, ma è pericoloso anche quando va a concludere in prima persona, ha coordinazione e buon istinto. Controllo di palla molto pulito, ha un destro potente e preciso, se ha spazio al limite dell’ area trova facilmente l’ angolo, ed è uno degli specialisti più abili del campionato su calcio piazzato.
Jolly fra trequarti e attacco (seconda punta ma anche esterno su tutte e due le fasce) è Ferran Corominas detto “Coro”, particolarmente utile a partita in corso, rapido sul breve, legge bene l’ azione negli ultimi metri, trova il gol inserendosi a fari spenti in area di rigore. Già nel pantheon dei tifosi per il gol alla Real Sociedad che in pieno recupero evitò la retrocessione nella Liga 2005-2006, sembra però abbia già un accordo con il Mallorca per la prossima stagione.
Conta invece poco o nulla per Valverde Jonathan Soriano, non all’ altezza in quel ruolo di bomber di scorta che Pandiani ricoprì magistralmente la passata stagione: dovrebbe partire in questa sessione di mercato invernale, e si è già fatto un nome pesante come quello di Fred del Lione per la sua eventuale sostituzione.



TAMUDO PROTAGONISTA DEL MIRACOLO
di Antonio Giusto

Prima un destro preciso a tu per tu con Viera, poi il marchio di fabbrica: il colpo di testa, per battere nuovamente Viera con la complicità di Cani (che lo tiene in gioco) e Angel (che lo marca… per modo di dire). Basterebbero queste poche parole per descrivere Raúl Tamudo Montero, 30enne attaccante dell’Espanyol. Ma va aggiunto anche che con il secondo gol segnato ieri sera al Villareal è il numero 123 in carriera, con cui raggiunge Fernando Morientes al secondo posto tra i marcatori spagnoli in attività. Il primo è Raul, che con Tamudo condivide anno di nascita, il 1977, altezza, 1 metro e 80, e occupazione, che per entrambi è quella di essere il capitano-bandiera della propria squadra. Bandiera perché Tamudo, originario di, è recordman di gol – 123, superato da tempo il record di 112 di Rafael Marañón – e, quasi, visto che gliene manca ancora una per agganciare Argilés, di presenze.
Tamudo inizia a giocare a calcio in una squadra del suo paese l’Escuela Wagner, dove resta per un solo anno. Poi tre anni nel Fórum e il passaggio, nel 1989, al Milan de Sta. Coloma, dove resta fino ai 15 anni, quando l’Espanyol se lo aggiudica per sei palloni ed una partita amichevole. Il 23 marzo 1997 esordisce nella Liga al 59° minuto di Hércules-Espanyol sul punteggio di 1-1. Si dà immediatamente da fare e, a pochi minuti dal termine, trova il 2-1 decisivo. Segna un altro gol ed poi si ritrova di nuovo all’Espanyol B. Trail 1998 e il 1999 Tamudo disputa le sue uniche due stagioni senza la maglia dell’Espanyol, all’Alaves ed al Leida. Dopo questi mesi passati a farsi le ossa in Segunda Division, ritorna all’Espanyol, che però rischia di lasciare nel 2000. Dopo le Olimpiadi, in cui la Spagna arriva seconda, a lui si interessano i Rangers. L’Espanyol accetta, ma durante le visite mediche viene fuori un problema provocato a Tamudo da Pierre Wome, che sarà poi suo compagno di squadra all’Espanyol. Tamudo quindi resta ai periquitos, dove nel 2006 bissa il successo in Coppa del Re. Tempo un anno, e Tamudo batte il record di gol di Marañón proprio nel derby con il Barça il 9 giugno, quando con una doppietta raggiunge quota 113 gol. Adesso è a 123, ma non sembra affatto intenzionato a fermarsi, visto che prima di appendere gli scarpini al chiodo vuole ancora compiere due imprese: segnare un tripletta, cosa che non gli è mai riuscita tra i professionisti, e portare in Champions League il suo Espanyol.

Antonio Giusto

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lunedì, gennaio 07, 2008

DICIOTTESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Racing-Athletic Bilbao 1-0: Tchité 42'.
Valencia-Levante 0-0
Getafe-Valladolid 0-3
: Vivar Dorado 53'; Alvaro Rubio 67'; Vivar Dorado 75'.
Murcia-Osasuna 2-0: Goitom 73'; Abel, rig. 93'.
Recreativo Huelva-Almeria 1-1: Sinama 13' (R); Mané 19' (A).

Valencia è attualmente la città più triste del calcio spagnolo, ormai dovrebbe essere chiaro (interessante però l' idea di Koeman di mettere Arizmendi terzino destro, parlo sul serio). Il Racing prosegue il suo miracolo, l' Athletic continua ad arrancare (qualcosa si è inceppato da quella vittoria del Mestalla che sembrava la rampa di lancio ideale per uscire dalle secche della bassa classifica e ritrovare l' autostima), ma Munitis si infortuna e starà fuori per circa un mese.
Il colpo della giornata lo mette a segno senza dubbio il Valladolid che dà una lezione di calcio al Getafe (ancora papera di Abbondanzieri, se lo chiamano Pato ci sarà anche qualche motivo...) e sbanca il Coliseum: l' ho già detto in altre occasioni, la squadra di Mendillibar merita ogni bene, perchè costruisce tutto a partire dall' umiltà e dal collettivo, un collettivo che anche senza avere fenomeni sa tenere il campo alla grande, regalando un buon calcio (peccato sia una delle squadre che passano meno in tv, perchè è una delle più interessanti di questa stagione).
Nel trionfo, brilla pure la stella di Sergio Asenjo, 18enne grandissima promessa del calcio spagnolo, portiere dell' ultima Under 19 campione d' Europa (sostituì in corsa il titolare Felipe Ramos, infortunatosi, giocando la finale con la Grecia), che si mette in evidenza con grandi interventi: grandi doti, sarà lui probabilmente il post-Casillas, intanto sbalordisce la maturità con cui si è calato nella realtà della Primera, scavalcando nelle ultime 5 partite Alberto, vecchio e ormai fuori fase, e Butelle, manifestamente incapace.
Vittoria sofferta ma incredibilmente preziosa per il Murcia (Goitom finalmente si sblocca segnando un supergol su azione personale), pareggiano Recreativo e Almeria, abbastanza contente del punto anche se avrebbe meritato di più il Recre, che ha trovato sulla sua strada un gran Diego Alves (il portiere brasiliano, prima di ieri secondo di Cobeno, è un altro da tenere assolutamente d' occhio).


CLASSIFICA
1 R. Madrid 44
2 Barcelona 37
3 Espanyol 36
4 Atlético 34
5 Villarreal 32
6 Racing 29
7 Valencia 27
8 Sevilla 26
9 Murcia 22
10 Zaragoza 21
11 Mallorca 21
12 Valladolid 21
13 Getafe 21
14 Recreativo 21
15 Osasuna 20
16 Almería 20
17 Athletic 19
18 Betis 18
19 Deportivo 17
20 Levante 8

CLASSIFICA MARCATORI
Luis Fabiano 12 (1 rig.)
Tamudo 10 (2 rig.)
Diego Milito 9 (4 rig.)
V. Nistelrooy 9 (1 rig.)
Raúl 8 (1 rig.)

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DICIOTTESIMA GIORNATA: Deportivo-Atlético Madrid 0-3: Forlan; Agüero; Jurado.

L’ Atlético timbra il cartellino: vittoria e quarto posto in banca (scavalcato il Villarreal), gli aspetti sicuramenti più rilevanti della serata. Latita sempre un po’ il gioco nelle fila dei colchoneros, raramente si apprezza una comunicazione fluida fra i reparti, si aspetta più che altro il lampo giusto là davanti, chè tanto il gol arriva. Tre occasioni e tre gol, punite col minimo sforzo le ingenuità in stile Liga BBVA del Deportivo.
Drammatica la situazione dei galiziani: pensare che fino a poco tempo fa si leggeva notevole ottimismo nei commenti, giocatori e allenatori (s)parlavano addirittura di un gioco fra i migliori della Liga… Ora, è vero che rispetto a Caparros si nota l’ intenzione di un gioco più manovrato, è vero anche che l’ impegno resta fuori discussione… ma i begli ideali e la buona volontà naufragano miseramente di fronte alla debolezza disarmante di questa squadra (una sola partita vinta in casa finora).
Se nella finestra di mercato non si interverrà con decisione, dotando Lotina soprattutto di un uomo-gol (che non è assolutamente Bodipo, con tutto il rispetto per il gran sgomitare e dannarsi l’ anima del centravanti della Guinea Equatoriale), questa squadra è destinata certamente irrimediabilmente immancabilmente indiscutibilmente alla Segunda Division, triste destino di quello che una volta era il SuperDepor.

Lotina, discutibilmente, preferisce Rubén Castro (più punta) a Verdú, mentre dall’ altra parte ha una chance importante Jurado: la rottura con Maniche, l’ infortunio di Motta e la non-intoccabilità di Cléber Santana possono segnare una svolta nella sua esperienza colchonera.
Nelle prime fasi del match, dopo un botta e risposta con un’ occasione per parte (Bodipo alto al volo da fuori area-Maxi Rodriguez di poco a lato dal limite dell’ area) l’ impressione è quella di un Depor più corto e aggressivo, ma la fase offensiva dei padroni di casa è di un’ inconsistenza agghiacciante. E’ un primo tempo dai contenuti miseri, l’ Atlético resta lì, passivo, sceso in campo giusto per farti un favore, e solo al 39’ costruisce la prima azione manovrata decente, che porta alla sovrapposizione di Antonio Lopez e porta soprattutto al gol del vantaggio, segnato da Forlan, lesto ad approfittare dell’ incertezza generale della difesa di casa (Coloccini non riesce a intercettare il cross, Filipe non chiude sul bomber uruguagio).
Il Deportivo comincia con ardore il secondo tempo, ma nel giro di un minuto, fra il 6’ ed il 7’, si verifica la svolta che decide la partita: mischia nell’ area dell’ Atlético, uscita insicura di Abbiati (bravo fra i pali, da brivido fuori: successivamente si fa scappare un altro pallone rischiando il rigore, secondo me sacrosanto, su Lafita), palla che rotola verso Sergio, conclusione a botta sicura che però viene incredibilmente salvata sulla linea da Raul Garcia, intervento che vale una partita intera; sul ribaltamento successivo, Agüero ha spazio per puntare Barragan, e sono guai: quella del Kun, finalmente al ritorno al gol, è un’ opera d’ arte, un dribbling irridente e un colpo da biliardo fuori dalla portata di Aouate.
Lotina ridisegna la squadra in senso più offensivo, con Adrian (perché così pochi minuti, perché quest’ ostracismo?) per Rubén Castro e Verdú per Sergio, ma il terzo gol dell’ Atlético stronca ogni velleità: Jurado anticipa un distratto Guardado sulla respinta di un calcio d’ angolo e insacca con un colpo di testa non molto convenzionale ma sicuramente efficace. Gol importante per il talento andaluso, anche se la sua partita a centrocampo è stata abbastanza insignificante.

I MIGLIORI: Agüero-Forlan, non si scappa: se l’ Atlético a fine stagione andrà in Champions, un 90% del merito (preferisco mantenermi basso con le percentuali) sarà loro. Il gol del Kun poi è da spellarsi le mani, nel suo stile più classico. Poca visibilità ma tanta sostanza per Raul Garcia, decisivo come i suoi due colleghi d’ attacco ai fini del risultato.
Nel Deportivo l’ unico che si salva è il motorino De Guzman, molto continuo in questa stagione.
I PEGGIORI: Leggero leggero come una piuma Rubén Castro, improduttivo Lafita (acquisto deludentissimo). Può dare molto di più Guardado, essendo l’ unico di un certo livello.

Deportivo (4-4-1-1): Munúa 6; Barragán 5,5, Piscu 5,5, Coloccini 6, Filipe 5,5; Lafita 5 (73'), Sergio 5,5 (61') De Guzman 6, Guardado 5,5; R. Castro 5 (61'), Bodipo 5,5.
In panchina: Fabricio, Pablo Amo, Juan Rodríguez, Xisco, Adrián s.v. (61'), Verdú s.v. (61'), Riki s.v. (73').
Atlético de Madrid (4-4-2): Abbiati 5,5; Perea 6,5, Pablo 6, Eller 6,5, Antonio López 6; Maxi 6, Raúl García 7, Jurado 6 (73'), Simao 5,5 (75'); Forlán 7, Agüero 7 (67').
In panchina: Falcón, Valera, Zé Castro, C. Santana s.v. (67'), Luis García s.v. (73'), Reyes s.v. (75'), Mista.

Goles: 0-1 (39'): Forlán remata en el área pequeña un centro de Antonio López, después de que Agüero deje pasar el balón. 0-2 (52'): Agüero recibe fuera del área, encara a Barragán, le recorta y cruza con la derecha, pegado al palo. 0-3 (64'): Jurado cabecea casi desde la frontal aprovechando un rechace en un córner.
Árbitro: Teixeira Vitienes, del Colegio Cántabro. Amonestó a Barragán (25'), Pablo (33') y Lafita (59').
Incidencias: Riazor. 12.000 espectadores.

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DICIOTTESIMA GIORNATA: Sevilla-Betis 3-0: Luis Fabiano; Luis Fabiano; Daniel Alves.

Dopo quello che annuncia l’ estinzione delle mezze stagioni, il luogo comune più diffuso è sicuramente quello che ritiene i derby partite fuori dall’ ordinario, in cui i valori tecnici eccezionalmente smettono di contare e le sorprese diventano all ordine del giorno. Beh, quella che si è vista ieri al Sanchez Pizjuan è stata una delle partite più “normali” da un po’ di tempo a questa parte: ha voglia Paco Chaparro a studiare le più svariate tecniche motivazionali (canzoncine per incitare alla battaglia i suoi, show di diapositive raffiguranti lupi feroci ed incazzati per alimentarne l’ appetito pre-derby), ma il divario fra le due squadre è abissale: giocano nella stessa città ma sembrano farlo in campionati diversi.
Funesto presagio per il Betis, un pasticcio di squadra senza capo né coda, perforabilissima sul piano difensivo, dalla manovra inesistente e dall’ attacco spuntato (ancora di più quando l’ unico specialista del gol, il Tanque Pavone, riposa in panchina tutti i 90 minuti). Sevilla invece in netta crescita: al di là della tenerezza dell’ avversario, sta recuperando la sua immagine gagliarda (pian piano riemergono l’ intensità proverbiale e le distanze giuste fra i reparti) e risalendo posizioni in classifica (la sesta, il Racing, è a soli tre punti di distanza).

Nel Sevilla torna Keita, mentre il Betis ha seri problemi di formazione, guardacaso proprio su quella fascia sinistra che avrebbe il compito di arginare Alves e Navas, zona come capirete strategica per il controllo del match: Chaparro non se la sente di buttare nella mischia il canterano Toni (che ha esordito nella Copa mercoledì scorso contro l’ Elche e che anche qui troverà spazio, ma solo dopo l’ uscita per infortunio di Rivas a metà primo tempo), così sceglie di spostare il destro Damiá a sinistra, lasciando a Melli la fascia destra. In attacco parte titolare José Mari: Chaparro dato il tipo di partita preferisce probabilmente un contropiedista rispetto a un uomo d’ area più statico come Pavone.
Dopo un avvio nel segno di un effimero equilibrio, con falli e palle contese a centrocampo, presto il Sevilla si prende tutta la scena e fa praticamente quello che vuole, esibendo tutte le sue virtù senza opposizione alcuna: Poulsen e Keita arrivano prima su tutti i palloni, Kanouté e Luis Fabiano hanno una netta supremazia su Juanito e Rivas (poi al centro si sposterà Melli una volta uscito Rivas), Alves e Navas cominciano a straripare nelle zone di loro competenza. L’ azione dell’ inevitabile vantaggio però nasce dall’ altra fascia, la sinistra, da un incursione di Capel il Terribile, che mette un cross perfetto fra portiere e centrali avversari, centrali a dire il vero piuttosto distratti su Luis Fabiano, il quale può insaccare comodamente smarcato nell’ area piccola. Comodamente ma molto probabilmente in maniera irregolare: i replay non ci danno la totale certezza, ma è fortissimo il sospetto che O Fabuloso abbia impattato il pallone col braccio.
Comunque, discussioni o meno, c’è una sola squadra in campo, il Sevilla di un Alves incontenibile, autore dello splendido cross del 2-0: al limite dell’ area, il terzino (?) brasiliano sembra disposto al tiro, invece con la coda dell’ occhio inganna tutti e appoggia un pallone morbido e millimetrico, impossibile da sbagliare, per il colpo di testa e la doppietta di Luis Fabiano.
La prammatica impone a Chaparro qualche cambio per cercare la reazione nel secondo tempo, e il tecnico verdiblanco si gioca Somoza per Sobis. Scelta discutibile: un mediano in più può servire per infoltire un reparto nettamente in sofferenza nel primo tempo, ma lasciare Edu unica punta, supportato (ovviamente si fa per dire) da Mark Gonzalez, Rivera e José Mari, condanna il Betis all’ impotenza offensiva. Se magari erano comprensibili le premesse tattiche iniziali, sotto di due gol un minimo di peso in più là davanti, e quindi Pavone, sarebbero d’ obbligo.
Al Sevilla così basta soltanto dosare ritmi ed energie in un secondo tempo di totale tranquillità, con spazio per belle giocate e anche per il terzo gol, una punizione di Alves leggermente, e imparabilmente per Ricardo, deviata da Somoza.

I MIGLIORI: Alves protagonista assoluto, la debolezza del Betis lascia tutto lo spazio al suo calcio enciclopedico. Non c’è dubbio che in generale rispetto alla scorsa stagione il brasiliano sia un po’ calato di rendimento, ma ciò è perfettamente naturale, perché quelli erano livelli disumani. Poderoso Keita, dalla sua area fino a quella avversaria spazza via tutto ciò che trova sul suo cammino.
Gran partita di Jesus Navas e Capel: per il primo è l’ ennesima conferma, il secondo invece attraversa un ottimo momento, con le doti naturali che ha se impara pure a giocare a calcio diventa un mezzo fenomeno. Marcia spedito Luis Fabiano, respinge l’ attacco di Tamudo e si isola in testa alla classifica cannonieri con 12 gol.
Edu l’ unico che ci prova nel Betis, ma è condannato (situazione familiare) a un isolamento disperante.
I PEGGIORI: Ovviamente per il Betis è una condanna generalizzata. Due-tre sottolineature: Sobis, talento vero che rischia di perdersi per essere capitato nel posto più sbagliato al mondo (e oltrettutto gioca pure fuori ruolo); José Mari, l’ utilità del cui acquisto riescono a cogliere solo gli ingegni più portati all’ astrazione; Mark Gonzalez, giocatore ampiamente sopravvalutato (a suo tempo pure da me, faccio mea culpa).

Sevilla (4-4-2): De Sanctis s.v.; Alves 7,5, Mosquera 6, Escudé 6, Drago 6; Navas 7, Poulsen 7 (79'), Keita 7, Capel 7 (71'); Kanouté 6,5, Luis Fabiano 7 (64').
In panchina: Vargas, Adriano s.v. (64'), Duda, Martí s.v. (79'), Chevantón s.v. (71'), Maresca, Crespo.
Betis (4-2-3-1): Ricardo 5,5; Melli 5,5, Juanito 5, Rivas s.v. (29'), Damiá 5; Arzu 5,5, Rivera 5; Sobis 5 (46'), Edu 6, Mark 5 (69'); J. Mari 5.
In panchina: Casto, Caffa, Fernando, Pavone, Xisco s.v. (69'), Somoza 5 (46'), Toni 5,5 (29').

Goles: 1-0 (26'): Luis Fabiano marca con el brazo. 2-0 (42'): Luis Fabiano remata de cabeza un pase de Alves. 3-0 (63'): Alves, de falta, ayudado por Damiá.
Árbitro Undiano Mallenco, Comité Navarro. Amonestó a los visitantes Melli (18'), Mark González (45'), José Mari (46') y Somoza (62'). Y a los locales Drago (33') y Luis Fabiano (60').
Incidencias Sánchez Pizjuán. 45.000 espectadores. Unos 1.000 aficionados béticos.

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DICIOTTESIMA GIORNATA: Real Madrid-Zaragoza 2-0: Van Nistelrooy; Robinho.

Se per il Barça ho parlato di risultato un po’ bugiardo, di questa partita dovrei dire che si tratta di una delle più clamorose menzogne che un campo di calcio ci abbia mai raccontato. Un Madrid brutto oltre ogni umana immaginazione, il peggiore della stagione, viene da farsi due-tre domandine vedendo questa partita: dov’ è finita la squadra coesa, solidale e autorevole ammirata al Camp Nou? Per caso era un miraggio? Com’è possibile poi che una squadra che gioca in questa maniera, quella che subisce più tiri in porta di tutto il campionato (Casillas secondo le statistiche, aggiornate alla diciassettesima giornata, interviene più di Storari del Levante!), stradomini il campionato con un punteggio offensivo per i suoi avversari, quasi da record?
Non possono bastare l’ efficacia realizzativa o le parate di Iker (portentoso anche stasera) per spiegare fino in fondo tale mistero. Oggi il Zaragoza ha dominato da cima a fondo, ha attaccato e attaccato e attaccato con commovente testardaggine, ma quando verso il quarto d’ora del secondo tempo il destro incrociato di Oliveira è finito sul palo, allora lì ho capito quale sarebbe stato il risultato finale. Ne ho viste troppe, amici cari.

Formazione-tipo per Schuster, se si eccettua la pesante assenza di Pepe; Victor Fernandez ripete l’ undici della partita col Valencia, solo che cambia di fascia Zapater e Sergio Garcia.
Sulla partita c’è poco da dire: dopo un quarto d’ora iniziale di studio ma con un netto predominio madridista nel possesso palla, la partita assume presto i contorni del monologo zaragocista. C’è che il Real Madrid, dopo la grande parentesi del Camp Nou, è tornato quello sfilacciato di sempre, di un’ inconsistenza paurosa a centrocampo: Sneijder ha qualità ma porta molto palla e non ha i tempi né l’ attitudine dell’ organizzatore di gioco, Baptista è forza bruta e poco altro, Diarra ha i piedi che ha. I merengues evidenziano grosse carenze nella costruzione della manovra (oltrettutto monca a destra, dopo che l’ uscita per infortunio di Heinze ha costretto all’ ingresso di Torres con Sergio Ramos spostato al centro), perdono palloni preziosi, e progressivamente Luccin e Celades, col supporto di Zapater, prendono il sopravvento. Le distanze fra i reparti del Madrid sono enormi, e la difesa si trova esposta alle percussioni degli abili attaccanti aragonesi (micidiali soprattutto quando hanno gli spazi in profondità), che arrivano al tiro con facilità estrema: prima viene giustamente annullato un gol a Oliveira, poi Diego Milito si fa ipnotizzare a tu per tu con Casillas, poi ancora Sergio Garcia spara due botte mancine molto insidiose per Casillas dopo essere giunto al limite dell’ area.
La ripresa inizia allo stesso modo: il Madrid continua a non riuscire a collegare i reparti e a sparacchiare palloni (nonostante Schuster cerchi più fluidità e immaginazione con Guti, ingresso sacrosanto), il Zaragoza persiste nel suo assedio, monotono e noioso perché tanto sai già come andrà a finire: Casillas sventa un tiro a girare di Zapater, poi mette una mano miracolosa su un colpo di testa di Diego, infine Oliveira prende il citato, clamoroso palo.
La misura è colma, è tempo che il Madrid passi in vantaggio, alla prima sortita seria nella metacampo avversaria da almeno una quarantina di minuti: Robinho si sposta sulla destra, aggira un avversario e inventa un cross perfetto per Van Nistelrooy, che non si fa pregare. Partita chiusa, perché il Zaragoza è ormai preda della rassegnazione e il Real Madrid trova gli spazi per il suo calcio, quello di pura improvvisazione in contropiede, gli spazi perché Robinho da par suo arrotondi la più ingiusta e assurda delle vittorie.

I MIGLIORI: Casillas le prende tutte: l’ uno contro uno vinto con Milito vale da solo la partita, poi risponde a una serie di tiri di difficoltà medio-bassa, sfodera un riflesso da campione su Diogo e, come se non bastasse, nel recupero para anche una punizione bassa e angolata di Gabi, prodezza che nonostante la sua inutilità ai fini del risultato scatena un abbraccio sincero dei suoi compagni, ben consapevoli di dover gran parte della loro gloria attuale ai riflessi di quest’ individuo. Robinho è invece decisivo nell’ aspetto offensivo.
Robusta la prova di Luccin, pericolosi Oliveira e Diego Milito, anche se il secondo non rende onore alla sua fama quando perde l’ uno contro uno con San Iker.
I PEGGIORI: Male tutto il centrocampo madridista.

Real Madrid (4-3-3): Casillas 8; Ramos 6, Cannavaro 6,5, Heinze s.v. (16'), Marcelo 5,5; Sneijder 5 (54'), Diarra 5, Baptista 5 (78'); Raúl 5,5, V. Nistelrooy 6,5, Robinho 7.
In panchina: Dudek, Torres 6 (16'), Gago s.v. (78'), Robben, Guti 6 (54'), Saviola, Higuaín.
Zaragoza (4-4-2): L. Vallejo 6; Diogo 6,5, Sergio 5,5, Ayala 6, Juanfran 6; S. García 6 (75'), Luccin 6,5 Celades 6 (75'), Zapater 6,5; D. Milito 6, Oliveira 6,5 (87').
In panchina: Miguel, Chus, Herrero, Pavón, Paredes s.v. (87'), Gabi 6 (75'), Óscar s.v. (75').

Goles 1-0 (65'): Robinho entra por banda derecha, se marcha con un autopase de Juanfran, centra y Van Nistelrooy, totalmente solo, marca de cabeza. 2-0 (76'): Arrancada de Robinho, que deja atrás a Sergio, llega al área y suelta un derechazo que entra a la izquierda de López Vallejo.
Árbitro Iturralde González, del Colegio Vasco. Expulsó al doctor Villanueva (31'), médico del Zaragoza. Amonestó a Marcelo (36'), Ayala (70'), Ramos (70') y Diogo (84').
Incidencias Santiago Bernabéu. Lleno. 80.000 espectadores.

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domenica, gennaio 06, 2008

DICIOTTESIMA GIORNATA: Espanyol-Villarreal 3-0: Tamudo; Valdo; Tamudo.

Bagno di sangue al Montjuic. Espanyol intrattabile, in stato di grazia: come il Real Madrid ha perso finora solo due partite, non conosce sconfitta da 14 incontri e con la vittoria di ieri, clamorosamente netta e su una diretta concorrente per l’ Europa, si è situato in una posizione di classifica da far venire le vertigini.
Un capolavoro costruito da Ernesto Valverde, basato su un eccellente sistema difensivo, su ordine tattico ed ardore agonistico in egual misura e su transizioni offensive micidiali, seconde solo a quelle del Sevilla per rapidità ma forse anche superiori in termini di pura efficacia realizzativa: a differenza dello stereotipo classico della squadra rivelazione, questo Espanyol ricorda le grandi per la spietatezza, gli basta pochissimo per creare un pericolo, e ancora meno per trovare il gol. Un contropiede e ti guasta la festa, per questo risulta tanto indigeribile in trasferta e contro grandi squadre (ha battuto Valencia e Sevilla in casa loro, le ha suonate a Real e Atlético e non ha perso col Barça), con le quali ha maggiori possibilità di attuare il suo letale gioco di rimessa, gioco che ora acquista pure maggiore imprevedibilità col ritorno in pianta stabile, e in grande stile, di De la Peña, le cui visioni potranno tornare assai comode anche contro quelle difese schierate davanti alle quali l’ undici di Valverde è solito fare un po’ più di fatica.
Villarreal sbranato in un quarto d’ora, letteralmente sovrastato sul piano dell’ intensità di gioco e della convinzione, Villarreal comunque troppo brutto per essere vero: in certe partite non basta dare del tu al pallone e vestire questo bel giallo canarino, servono anche concentrazione, fame, cattiveria, aggressività… invece troppe palle perse a centrocampo, troppe sbavature e distrazioni difensive, troppa leggerezza in generale. Nemmeno fischiato l’ inizio, il Villarreal si è visto passare sopra un treno, senza nemmeno riuscire a capacitarsi di ciò che stava accadendo. Subito sotto di due gol, è stata solo una lenta agonia fino al fischio finale. Momento no per la squadra di Pellegrini, che ha accusato un certo calo di condizione nell’ ultimo periodo e che ora vede in pericolo il suo quarto posto, esposto stasera all’ assalto dell’ Atlético.

Espanyol privo del leader difensivo Jarque, Villarreal senza Nihat e Tomasson si affida alla pura tecnica, con Cani, Pires e Mati Fernandez a ridosso dell’ unica punta (che non è) Rossi. E’ la tanto attesa prima da titolare in campionato per Mavuba (nello sfacelo generale proverà a battersi), preferito al geometra Bruno.
In teoria è un bellissimo confronto di stili, il futbol de toque di Pellegrini contro il calcio diretto e verticale di Valverde, ma in realtà sin dalle prime battute capiamo che il confronto, almeno per ieri sera, non si pone nemmeno: già al 9’ l’ Espanyol affonda pesantemente i colpi. De la Peña orchestra a centrocampo, appoggia su Tamudo, c’è un malinteso generale nella difesa amarilla, Fuentes esce avventatamente, gli altri restano fermi, si apre una voragine al centro e per Tamudo è un gioco da ragazzi chiedere triangolo a Luis Garcia e filare dritto in gol.
L’ Espanyol non dà tregua all’ avversario e appena quattro minuti più tardi raddoppia: magistrale punizione di Luis Garcia sulla traversa, e sulla respinta Valdo ha un riflesso geniale, inventandosi una sorta di mezzo scorpione (per chi si ricorda il famoso gesto atletico di Higuita a Wembley o il gol di Coridon del Psg qualche Champions fa) che si insacca in rete fra gli applausi del pubblico sempre un po’ esiguo del Montjuic (ci sono stato, visto da fuori è uno stadio elegante, molto bello architettonicamente, ma dentro è effettivamente molto triste, freddo e con la pista d’ atletica ad impedire la trasmissione d’ energia dagli spalti al campo).
L’ Espanyol sembra indemoniato, le gambe girano a mille, l’ avversario viene polverizzato a centrocampo, i padroni di casa rubano palla con facilità irrisoria e in due-tre passaggi massimo verticalizzano portandosi dalle parti di Viera. Il Villarreal viene preso allo scoperto, i terzini (soprattutto Angel) abbandonano spesso la loro posizione per sostenere l’ attacco, e fra difesa e centrocampo c’è una prateria che non può non ingolosire De la Peña, senza contare che la difesa di Pellegrini non ci capisce proprio nulla, non sa come prendere le misure a Tamudo e assiste impotente agli inserimenti in appoggio di Luis Garcia.
Comunque, passati i 20 minuti di fuoco iniziali, l’ Espanyol logicamente rifiata, e gli ospiti hanno l’ opportunità
di riorganizzare la loro manovra a centrocampo: Senna e i trequartisti vedono un po’ cosa si può fare (pochino), ma è solo una parentesi prima che il rock ‘n roll espanyolista torni a sconquassare ogni cosa. Ancora una volta imperdonabile la leggerezza difensiva del Villarreal: calcio d’ angolo al 36’, Capdevila e Pires troppo mansueti sul primo palo, Valdo anticipa e prolunga, Cani tiene in gioco Tamudo che, controllato a vista (molto a vista) sul secondo palo da Angel, appoggia in rete di testa.
Il secondo tempo è assolutamente inutile, il Villarreal prova a mostrare un po’ di buona volontà e a manovrare, ma giocando per altri tre giorni non si scalfirebbe nemmeno una minima parte della fiducia e dell’ organizzazione di cui l’ Espanyol si fa forte in questo momento. Pellegrini prova con la quarta mezzapunta, Cazorla, arretrando Cani vicino a Mavuba, ma l’ unico risultato è una stupenda quanto sfortunata punizione di Rossi sul palo, mentre l’ Espanyol segnerebbe anche il 4-0 regolare se l’ arbitro si accorgesse che Fuentes in realtà respinge la conclusione di Tamudo quando il pallone è già entrato completamente.

I MIGLIORI: Tamudo! Decimo gol, Pichichi assieme a Luis Fabiano in attesa del superderby sivigliano di stasera, 123esimo totale nella Liga… non è un giocatore che incanti dal punto di vista tecnico o atletico, ma, come per Raul, i suoi movimenti senza palla andrebbero mostrati nelle scuole calcio. Per le difese avversarie è una rottura di scatole inenarrabile: appoggia, si smarca, si nasconde e riappare, individua sempre lo spazio dove può fare più male e fiuta il gol come un cane da tartufo.
Da Oscar il gol di Valdo, al solito eccellente Luis Garcia, torna a pieno regime la coppia Moisés- De la Peña determinante l’ anno scorso: “Lo Pelat” torna a fornire quel salto d’ immaginazione che rende ancora più pericoloso il potenziale offensivo dell’ Espanyol.
In casa Villarreal, Rossi è uno dei pochi a salvarsi: sempre una gioia per gli occhi, peccato il palo su punizione.
I PEGGIORI: I primi 20 minuti di Fuentes sono catastrofici, non sa proprio cosa fare con Tamudo, o fa fallo oppure gli scappa. Senna divorato dal centrocampo dell’ Espanyol, Pires senza cambio di ritmo e senza idee rilevanti.

Espanyol (4-4-1-1): Kameni 6; Zabaleta 6,5, Torrejón 6,5, Lacruz 6,5, David 6,5; Valdo 7, Moisés 6,5, De la Peña 7, Riera 6,5 (59'); L.García 7 (72'); Tamudo 8 (83').
In panchina: Lafuente, Coro s.v. (83'), Lola s.v. (72'), Ángel, Jonathan, Clemente, Moha s.v. (59').
Villarreal (4-2-3-1): Viera 6; Ángel 5, Fuentes 4,5, Godin 5,5, Capdevila 5,5; Senna 5 (65'), Mavuba 6; Cani 5,5, Pires 5, Mati Fernandez 5,5; Rossi 6,5.
In panchina: Diego López, Josemi, Cygan, Bruno, Venta, Cazorla 6 (65'), Franco.

Goles: 1-0 (9'): Tamudo define una pared con Luis García. 2-0 (13'): Valdo remata acrobáticamente un rechace. 3-0 (36'): Tamudo remata de cabeza el servicio de un córner.
Árbitro: Daudén Ibáñez, Colegio Aragonés. Amonestó a Cani (43'), De la Peña (46') y Capdevila (66').
Incidencias: Estadi Olímpic. 14.100 espectadores. La segunda peor entrada de la temporada. La Cabalgata pasó factura en este gran partido.


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sabato, gennaio 05, 2008

DICIOTTESIMA GIORNATA: Mallorca-Barcelona 0-2: Marquez; Eto’o.

Risultato bugiardo se non nella sostanza perlomeno nelle dimensioni, tre punti che potrebbero rivelarsi preziosi per un Barça comunque alquanto deprimente: i blaugrana è almeno un anno che ripetono sempre la stessa partita, una tiritera che ha abbondantemente stancato, sarebbe più eccitante una marcia di lumache.

Ronaldinho indisponibile e Deco accantonato dopo il Clasico, il Barça torna alla formazione delle buone partite con Lione, Espanyol e Valencia, fatta la rilevante eccezione della presenza di Giovani per Messi; Manzano viste le arcinote caratteristiche dell’ avversario, opta per il doble pivote ed avanza Ibagaza sulla trequarti.
Il copione è quello che ci si aspettava: il Mallorca cede il pallone al Barça, difende basso con le due linee di difesa e centrocampo molto ravvicinate, intrappolando Eto’o e abbandonando il Barça alle sue enormi e strutturali carenze di ritmo, ampiezza e profondità. Gli ospiti hanno sempre il pallone fra i piedi ma non creano un accidente, ancora non vanno all’ indietro come i gamberi ma si stanno attrezzando anche per quello, mentre è proprio il Mallorca, che agisce di rimessa o con le galoppate di Jonas oppure verticalizzando subito per Güiza, ad avvicinarsi al gol, quando Basinas ruba palla a centrocampo e lancia il solito Güiza, perfetto nell’ evitare Milito ma leggermente impreciso nella conclusione comunque apprezzabile verso il palo lungo.
Anche Basinas, con meno pericolo, tenta dal limite dell’ area, mentre il Barça in un primo tempo di un piattume imbarazzante, inquieta Lux soltanto su un’ azione discretamente casuale: errore di Fernando Navarro, che si fa soffiare palla da Giovani ed Eto’o nei pressi della bandierina del calcio d’ angolo, palla in mezzo per l’ accorrente Xavi, che con una conclusione inguardabile sopra la traversa ribadisce le sue drammatiche carenze al tiro.
Nella ripresa Rijkaard ovviamente non altera il 4-3-3, ma coglie la palese esigenza di dare maggior brio all’ insieme: fuori Gudjohnsen, Iniesta mezzala con Xavi in cerca di maggior fluidità, Bojan arma offensiva in più, anche se sacrificato largo a sinistra. A parte la sensazione che il Barça abbia accresciuto il suo potenziale offensivo, la partita continua a scorrere sugli stessi binari di noia fino a quando in un solo minuto, fra 61’ e 62’, succede di tutto: prima Jonas si lancia in due incontenibili iniziative delle sue, ma in entrambe le occasioni il suo pase de la muerte dal fondo non trova la deviazione (Güiza, infortunatosi, ha già dovuto abbandonare il campo…); sul ribaltamento successivo, appena il Mallorca si scopre un po’, Eto’o può lanciare il contrattacco, guadagnandone un calcio d'’angolo: batte Xavi, Marquez sorprende il suo marcatore Pereyra e regala ossigeno a tutto l’ ambiente culé.
Manzano cerca la reazione buttando nella mischia l’ idolo di casa Trejo(il pubblico invoca l’ ingresso del 19enne argentino, accreditato di un grande talento) e passando alle due punte, ma la presenza di un solo interdittore non fa che regalare più spazio per distendersi al Barça, che in questa fase sfiora il raddoppio: Henry (entrato proprio dopo il gol al posto di Giovani: volenteroso ma mai veramente convincente il messicano) lo segnerebbe anche, con tutti i crismi della regolarità, ma l’ arbitro annulla ingiustamente; sempre il francese, pochi minuti più tardi, si esalta nella sua azione più classica, slalom dalla sinistra e colpo da biliardo verso il secondo palo, ma trova un ottimo Lux a sventare in calcio d’ angolo.
Il finale, coi blaugrana che cominciano ad accusare una certa separazione fra l’ attacco e gli altri reparti, è più dei padroni di casa, ma i pericoli, a parte una mezza papera di Valdes sulla botta da fuori del bombardiere Varela, sono molto relativi, perché Rijkaard dispone di difensori di grande spessore (il vero punto di forza del Barça attuale, al di là delle apparenze superficiali) e perché senza Güiza l’ attacco maiorchino è più che dimezzato, inutile raccontarsi storie. Così finisce che è il Barça ad arrotondare il vantaggio in pieno recupero: inizia l’ azione Bojan dalla sinistra (il ragazzo ad ogni sua apparizione non manca mai di mostrarci sprazzi di una classe purissima), la conclude Eto’o con una fucilata imparabile da una ventina di metri: non esulta per rispetto verso il suo vecchio pubblico il camerunese, ancora lontano dalla brillantezza ideale nonostante il bel gol segnato.

I MIGLIORI: Grande prova di Marquez, non solo per il gol (taglio sul primo palo, il solito schema su palla inattiva, l’ unico studiato dal Barça in questi anni): impeccabile lettura delle situazioni difensive, puntuale negli anticipi e nelle chiusure, molto bravo a coprire in seconda battuta Milito sui movimenti sempre insidiosi in profondità di Güiza. Sempre molto sostanzioso l’ apporto di Puyol e Yaya Touré.
Gran parte del Mallorca è come sempre Jonas, una forza della natura quando ha campo per le sue trascinanti progressioni: Abidal non aveva ancora affrontato un avversario così impegnativo in questo suo soggiorno spagnolo. Molto attivo Ibagaza, sempre sfoggiando la sua mirabile raffinatezza tecnica.
I PEGGIORI: Pereyra colpevole sul primo gol, anonimo Arango. Soprattutto nel primo tempo, altra partita modesta di Xavi, quello che soffre di più questa staticità del Barça: non trovando appoggi e sbocchi per i suoi passaggi, e non potendo tentare la via dell’ azione palla al piede come certi suoi compagni superdotati, finisce col diventare quasi inutile.

Mallorca (4-4-1-1): Lux 6,5; Varela 6, David Navarro 6, Nunes 6, Fernando Navarro 6; Jonas 7, Pereyra 5,5, Basinas 6,5 (dal 70’ Trejo s.v.), Arango 5,5; Ibagaza 6,5 (dal 78’ Borja Valero s.v.); Güiza 6,5 (dal 48’ Victor 5,5).
In panchina: Moya, Ballesteros, Molinero, Tuni.
Barcelona (4-3-3): Valdés 5,5; Puyol 6,5, Marquez 7, G. Milito 6, Abidal 5,5; Xavi 5,5, Touré 6,5 (dal 68’ Edmilson s.v.), Gudjohnsen 5,5 (dal 45’ Bojan 6,5); Giovani 5,5 (dal 63’ Henry 6,5), Eto’o 6, Iniesta 6.
In panchina: Oier Olazábal, Zambrotta, Thuram, Deco.

Gol: Marquez 62’; Eto’o 91’.
Arbitro: Ramírez Domínguez. Ammoniti: Trejo per il Mallorca; Puyol, Yaya Touré e Giovani per il Barcelona.

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venerdì, gennaio 04, 2008

Copa del Rey: sorteggio ottavi e quarti.

OTTAVI DI FINALE (9 e 16 Gennaio)
(Partido 1) Recreativo - Villarreal
(Partido 2) Sevilla - Barcelona
(Partido 3) Zaragoza - Racing
(Partido 4) Mallorca - Real Madrid
(Partido 5) Athletic - Espanyol
(Partido 6 ) Betis - Valencia
( Partido 7) Atlético - Valladolid
(Partido 8) Getafe - Levante


QUARTI DI FINALE (23 e 30 Gennaio)
Ganador partido 1 - Ganador partido 2
Ganador partido 6 - Ganador partido 7
Ganador partido 8 - Ganador partido 4
Ganador partido 3 - Ganador partido 5


Sorteggio senza paletti, lo avevamo detto: ecco quindi un fantastico Sevilla-Barça (speriamo di poterla vedere in tv). Impegno da non sottovalutare per il Real Madrid, potenziali quarti Villarreal-Barça/Sevilla, Getafe-Real Madrid, Valencia-Atlético e, mi lancio già in un pronostico, Racing-Espanyol. La Coppa comincia a entrare nel vivo.

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Copa del Rey: sedicesimi di finale.

Conclusi i sedicesimi di finale della Copa del Rey. A sinistra il risultato dell' andata, a destra quello delle partite di ritorno giocate fra ieri ed oggi. In rosso, le squadre qualificate.

1 - 1 ALICANTE - R. MADRID 1 - 2
1 - 1 ESPANYOL - DEPORTIVO 2 - 1
1 - 2 REAL UNIÓN - VALENCIA 0 - 3
0 - 1 BURGOS - GETAFE 1 - 4
1 - 2 GRANADA 74 - ATLÉTICO 1 - 1
1 - 1 ELCHE - BETIS 0 - 3
2 - 0 OSASUNA - MALLORCA 0 - 4
2 - 1 LEVANTE - ALMERÍA 1 - 1
2 - 4 LAS PALMAS - VILLARREAL 1 - 2
1 - 1 DENIA - SEVILLA 3 - 4
0 - 3 ALCOYANO - BARCELONA 2 - 2
2 - 2 HÉRCULES - ATHLETIC 0 - 2
1 - 1 VALLADOLID - MURCIA 3 - 2
1 - 0 PONTEVEDRA - ZARAGOZA 1 - 3
0 - 0 MÁLAGA - RACING 0 - 2
0 - 1 XEREZ - RECREATIVO 1 - 1

Rimangono solo le squadre di Primera: diretta e assolutamente logica conseguenza di una formula indigeribile, con partite di andata e ritorno che, oltre ad affollare indebitamente il calendario, escludono quasi matematicamente la possibilità di grandi sorprese, togliendo il fascino tipico di altre competizioni come la FA Cup.
Nonostante questo, le squadre piccole e piccolissime ce l' hanno messa tutta, uscendo nella maggior parte a testa più che mai alta: citiamo Denia e Pontevedra (Segunda B) che hanno fatto vedere da vicinissimo l' eliminazione rispettivamente a Sevilla e Zaragoza (nel quale si è fatto espellere Diego Milito, assenza-choc per la prossima sfida di campionato al Bernabeu), oltre all' Alicante (Segunda B) che solo per una prodezza di Guti allo scadere non ha potuto giocare i supplementari al Bernabeu e all' Alcoyano (Segunda B) che ha colto uno storico anche se ininfluente 2-2 in rimonta al Camp Nou.
Altra impresa del Mallorca, che ci sta abituando alle grandi rimonte (già in campionato contro Valladolid e Getafe), ribaltati i due gol di svantaggio subiti all' andata al Reyno de Navarra.

Oggi, venerdì, sorteggio degli ottavi di finale: sorteggio libero, senza paletti di sorta, ciò vuol dire che potremmo tranquillamente avere un Barça-Real Madrid.

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giovedì, gennaio 03, 2008

Valencia, ufficiale Banega.

E’ arrivata la conferma: 18 milioni di euro al Boca ed un altro grande talento sudamericano arriva ad impreziosire la Liga. Nato il 29 Giugno del 1988, c’è da pregare perché coi suoi teneri 19 anni non diventi la prossima vittima del tritacarne valenciano. Sulle potenzialità assolute del giocatore comunque non ci sono dubbi: è un artista.
E’ stato inevitabilmente associato a Gago, ma in realtà la scelta di Russo di impiegarlo davanti alla difesa del Boca, appunto come sostituto di Gago, era dettata dalla necessità di buttare nella mischia questo giovanissimo ma già cristallino talento, trovandogli in qualche modo spazio anche con l’ arrivo di Riquelme.
Rispetto a Gago Banega è meno dinamico ed aggressivo, ma ancora più dotato col pallone fra i piedi, più creativo e portato a giocare qualche metro più avanti, non come trequartista ma come mezzala sì. Le migliori condizioni per esprimere il suo calcio gli son state offerte nella nazionale Under 20, dove giocava più libero e sciolto, potendo contare alle sue spalle sul soccorso di un centrocampista difensivo di posizione come Yacob o Matias Sanchez. Under 20 con la quale ha vinto l’ ultimo Mondiale, esercitando il ruolo di mattatore a centrocampo, prendendosi qualche pausa ogni tanto, ma fornendo un contributo globale decisivo, esemplificato al meglio dall’ assist per l’ 1-1 di Aguero nella finale con la Repubblica Ceca.
Più che a Gago potremmo quindi dire che Banega assomiglia nel ruolo e nei ritmi a Xavi, anche se il catalano tende più a mantenere il possesso del pallone proteggendolo col corpo, mentre Banega può contare su un estro molto maggiore: nel più classico stile argentino si esalta fra nugoli di avversari, con un’ eleganza e una spavalderia che gli son costate più di un rimprovero quando nel Boca rischiava perdite di palla dolorosissime nella sua trequarti.
Con Xavi comunque Banega ha in comune un principio fondamentale: deve giocare solo e soltanto in una squadra che pratica un calcio propositivo, che vuole il pallone tutto per sé. Se il Valencia e Koeman davvero vogliono puntare forte su di lui, deve essere chiara ed effettiva una volta per tutte la rottura con gli stilemi di Quique Sanchez Flores. Banega si offre, scambia, pretende il pallone e non concepisce una partita in cui sia lui a dover rincorrere l’ avversario, è una situazione che soffre lontano un miglio, per mentalità e caratteristiche atletiche, nonostante nel Boca si sia abbondantemente sforzato di dare una mano in copertura (beccandosi qualche cartellino di troppo, anche per la mancanza di mestiere).
Come sottolineato, è palla al piede che offre il meglio: da lasciare a bocca aperta la padronanza nel controllo di palla, in certi momenti sembra giocare al gatto col topo, quasi rispondendo alla regola paradossale che più avversari gli vengono addosso e meglio si trova. Controlli con la suola, dribbling destro-sinistro, sombreros: incredibili la qualità e l’ eleganza delle soluzioni con cui è solito liberarsi degli avversari.
Banega però, occorre precisarlo, non è affatto un solista: al di là di alcuni eccessi nella conduzione della sfera dovuti alla giovane età e alla consapevolezza a tratti eccessiva dei propri mezzi, ha sempre molto chiari gli sviluppi e i tempi della manovra, ed è ben conscio di avere una responsabilità primaria in questo senso. Quando conquista la trequarti, è abile nel fornire l’ ultimo passaggio, mentre può migliorare molto nella conclusione da fuori, dove difetta di convinzione e potenza.
Insomma, il Valencia ha fra le mani una perla, anche se non ancora pienamente matura (la sua seconda metà di 2007 è stata piuttosto deludente, con l’ espulsione nel SuperClasico come punto più basso), il che può essere un rischio tremendo quando si piomba a stagione in corso nella squadra più turbolenta di un campionato così difficile.

P.S.: Intanto il Valencia prende un brodino in Copa del Rey, qualificandosi per gli ottavi di finale dopo aver battuto il Real Union Irun per 3-0 (un’ ora pessima e con dominio avversario, poi arrivano il gol di Zigic e la doppietta di Joaquin). A domani il quadro completo dei sedicesimi (sofferenze per le grandi: il Real Madrid evita soltanto all’ ultimo i supplementari con l’ Alicante, il Barça al Camp Nou si fa rimontare i due gol di vantaggio dai carneadi dell’ Alcoyano, mentre il Sevilla addirittura perdeva 2-3 in casa con il Denia, e solo fra l’ 89’ e il 91’ ha messo i due gol della a quel punto insperata qualificazione).

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