Recreativo Huelva-Espanyol 0-1: Luis García 84'.
Real Madrid-Numancia 4-3: Moreno 7' (N); Guti 19' (R); Barkero 22' (N); Higuaín 26' (R); Van der Vaart 36' (R); autorete Cisma 40' (R); Moreno 57' (N).
Almería-Valencia 2-2: Piatti 20' (A); Alexis 35' (V); Negredo 40' (A); Villa 68' (V).
Villarreal-Deportivo 1-0: Cazorla 27'.
Mallorca-Osasuna 1-1: Aduriz 15' (M); Portillo 84' (O).
Málaga-Athletic Bilbao 0-0Getafe-Betis 0-0Barcelona-Racing 1-1 (giocata sabato): Messi, rig. 71' (B); Pereira 76' (R).
Valladolid-Atlético Madrid 2-1 (giocata sabato): Vivar Dorado 3' (V); Javier Baraja, rig. 28' (V); Agüero 54' (A).
Sevilla-Sporting Gijon 4-3 (giocata sabato): Bilic 18' (S); Bilic 20' (S); Chevantón 22' (S); Kanouté 36' (S); Maresca 37' (S); Bilic, rig. 45' (S); Kanouté 60' (S).
Dopo due giornate, il capolista più inaspettato, ovvero quell’ Espanyol che aveva iniziato la stagione fra molti dubbi e preoccupazioni per un temuto ridimensionamento (presumibilmente sventato con le intelligenti operazioni degli ultimi giorni di mercato). Chiaro che il nome della capolista (che peraltro non ha brillato prima di agguantare i tre punti sul campo del Recre grazie al solito Luis García) non fa altro che sottolineare la provvisorietà della situazione, normale alla seconda giornata e ancora di più con tutte le big alla ricerca ancora dell’ equilibrio e del rendimento migliore.
Real Madrid stazionario. Non era questo il grande test per la squadra di Schuster, e presumibilmente non dovrebbe esserlo neppure il BATE Borisov. Tre punti acchiappati col minimo indispensabile, che in questo caso sono la bellezza di quattro gol, a causa di qualche leggerezza di troppo là dietro che ha incoraggiato oltre il dovuto il Numancia.
L’ umilissima squadra ospite aveva addirittura pensato di poter prolungare il miracolo della prima giornata col Barça, passando in vantaggio per due volte al Bernabeu, prima che la logica facesse il suo corso. Ricetta piuttosto rustica quella di Kresic: la sua squadra non solo difende tutta nella propria metacampo, ma addirittura lascia l’ avversario completamente libero di impostare ben oltre il cerchio di metacampo, senza mostrare il minimo interesse per un pressing. Passata questa immaginaria linea, il 4-5-1 diventa una specia di marmellata di nove uomini ammucchiati al limite dell’ area: il povero Gorka Brit rimane abbandonato nella metacampo avversaria, e considerato che le qualità di questa squadra non consentono di rilanciare il gioco con azioni manovrate, l’ unica possibilità offensiva resta in pratica quella di affidarsi al buon Dio e agli episodi, come si vede dalla dinamica dei tre gol (Moreno di testa su calcio d’ angolo, lasciato incredibilmente libero dalla difesa madridista; pazzesca sassata all’ incrocio di Barkero; punizione di Moreno, altro mancino caldo, con l’ ausilio della papera di Casillas).
La marmellata di Kresic comunque non resiste alla forza d’ urto del Real Madrid, che risolve la pratica nel primo tempo, forzando con un leggero colpo d’ acceleratore quegli errori insiti nella modesta qualità individuale dei difensori soriani, in particolare Cisma, colpevole sul 2-2 di Higuaín (che risponde sempre presente quando chiamato in causa, stavolta al posto di Raúl non nelle migliori condizioni) quando non scala in tempo e ridicolo nell’ autogol del 4-2. In mezzo c’è la perla di Van der Vaart, non molto presente nella manovra durante la serata ma eccezionale nel sorprendere Juan Pablo da posizione defilata.
Il Real Madrid considera chiuso qui il suo compito, e si consegna a un secondo tempo discutibilissimo, nel quale allenta la tensione, perde il controllo saldo del centrocampo (poi recuperato con l’ ingresso di De la Red per Van der Vaart) e incoraggia un Numancia che dopo il 4-3 ci crede e passa al 4-2-3-1 aggiungendo Álvaro Antón sulla trequarti. Non creano nulla di rilevante gli ospiti, non hanno la qualità (e con Brit là davanti mi sa che sarà difficile salvarsi), ma oltre all’ atteggiamento sufficiente del Real Madrid non ha convinto la latente incertezza della coppia Pepe-Metzelder. Allo scadere del recupero, un traversone di Del Pino attraversa pericolosamente tutta l’ area piccola, e al fischio finale parte del Bernabeu borbotta.
Il Barça non decolla. Beffati i blaugrana, un misero punticino e mugugni che non vanno via al termine di una gara dominata, contro un Racing ultra-difensivo (in sé nulla di scandaloso, al Camp Nou giocano così tutte le squadre ospiti, persino il Manchester United), dedito all’ ostruzionismo e a un gioco violento (Hleb ringrazia Pinillos per l’ intervento che lo terrà fuori dalle due settimane al mesetto circa) votato alla rinuncia persino del minimo accenno di contropiede, eppure trovatosi a ricavare il premio del pareggio dall’ unico tiro (in porta e non) di tutta la sua partita, una punizione di Garay deviata furbescamente da un Pereira invero abbandonato in maniera molto ingenua nell’ area blaugrana (insisto sul talento del Racing, vi farò una testa come un pallone con lui: entrato in corsa, ha trasmesso una chiara sensazione di pericolo ad ogni intervento, una zanzara che infastidisce i difensori su tutti i palloni e che col minimo spazio ti può rovinare la festa; speriamo solo che Muñiz abbia imparato la lezione e non gli tolga più la titolarità, anche a costo di sacrificare il mostro sacro Munitis).
È un risultato che va particolarmente di traverso a Guardiola perché una vittoria gli avrebbe permesso di guadagnare da subito punti decisivi, rivendicando le proprie scelte coraggiose. Scelte che per quanto abbiano fatto discutere, e nonostante il risultato finale, non cessano di denotare la personalità di un tecnico che cerca le soluzioni giuste guardando al di là dei nomi. Non si è trattato infatti soltanto di riservare giocatori per la Champions (Márquez non convocato e Messi partito dalla panchina dopo gli impegni con la nazionale), ma negli innesti di Sergio Busquets e Pedro, due canterani, al posto di Yaya Touré ed Henry, si è letta una giusta e severa bocciatura del Barça imbolsito di Soria, Cracovia e del Gamper, e il tentativo deciso di tornare alle interessanti geometrie delle prime amichevoli.
L’ inserimento di Pedro è un segnale del coraggio e della capacità di analisi di Guardiola ma anche delle serie carenze della rosa blaugrana, che in attacco ha soprattutto seconde punte portate ad accentrarsi e che vede in questo canterano l’ unica vera ala in grado di aprire il campo, un aspetto fondamentale nel lavoro di creazione degli spazi (come abbiamo visto anche a Soria dove Messi e Alves chiusero ogni sbocco sulla destra accentrandosi testardamente). Ad analogo scopo ha risposto il contemporaneo utilizzo di Hleb largo nel tridente, mentre Busquets al posto di Touré è una bocciatura pesante per l’ ivoriano, la cui presenza statuaria (in senso letterale) in mezzo al campo è coincisa non a caso con le prestazioni imbolsite di cui sopra: un problema aperto questo del “pivote”, Guardiola non ha ancora trovato una soluzione in questo ruolo-chiave.
Al di là delle prestazioni individuali dei due ragazzini (Pedro non incide, Busquets invece si muove con una certa autorevolezza), è un Barça che occupa il campo in maniera più razionale (non che ci voglia molto) in entrambe le fasi rispetto all’ esordio col Numancia, anche se come al solito alla fluidità del settore destro, con Alves (che si muove in maniera più intelligente, offrendo maggiormente la sovrapposizione esterna), Xavi (migliore in campo blaugrana) e Pedro, si contrappone una fascia sinistra legata e senza profondità, problema ad oggi di improbabile soluzione (Abidal rimane una condanna purtroppo inevitabile). Il primo tempo del Barça lo si può definire corretto sul piano dei movimenti e della circolazione del pallone, ma la mancanza di ispirazione negli ultimi metri di campo (assenti un po’ di fantasia e il miglior Eto’o) permette al Racing di non correre grossi pericoli.
Più sciolti e molto più incisivi i padroni di casa nel secondo tempo, con il brillante ingresso di Iniesta (al posto di Hleb) che dà qualcosa anche alla fascia sinistra, e l’ ingresso di Messi (al posto di Keita: Pedro rimane in campo, dettaglio importante) che aggiunge ulteriore qualità, fino al rigore trasformato dall’ argentino, al termine di una serie di importanti occasioni accumulate. Ma questo non serve a chiudere la partita per un Barça che anzi denota una certa insicurezza dopo il pareggio, rischiando la frittata.
Generoso Sevilla. Partita da pazzi al Sanchez Pizjuan, l’ inizio di campionato incoraggia tutti all’ allegria, i calcoli sono ancora lontani. Lo Sporting a quanto pare sposa in pieno questa filosofia: infatti alle buone sensazioni che nel primo tempo regala l’ impianto collettivo, un 4-2-3-1 molto corto, con raddoppi puntuali e tre mezzepunte vivacissime nelle ripartenze (decisivi gli spunti di Diego Castro e Carmelo nella costruzione del primo e del secondo gol, strepitosa l’ azione di Maldonado che origina il rigore del terzo gol: in tutto questo Mate Bilic segna quasi senza volerlo una tripletta che lo porta al titolo provvisorio di Pichichi), la squadra associa ingenuità difensive davvero grossolane e sin troppo naïf per questi livelli.
La mediocrità degli elementi della retroguardia (a parte Canella, che pure ha imbarcato il suo da Jesús Navas) è sotto gli occhi di tutti: imbarazzanti i centrali Jorge e Colin (scarto di uno degli Ajax peggiori di tutti i tempi) che fanno da spettatori mentre il cross di Jesús Navas poi incornato a rete da Chevanton attraversa tutta l’ area piccola; da non credere Sastre (giocatore d’ esperienza, ricordiamolo) che lascia una voragine nella sua zona sulla rimessa da cui ha origine il gol del 2-2 di Kanouté; passivi i centrali sul terzo gol sevillista, in occasione del quale lasciano a Maresca il tempo di controllare, girarsi e tirare senza porsi nemmeno il problema di accorciare e chiudergli lo spazio (Colin se ne ricorda in ritardo, e si ritrae per paura di prendere una pallonata, mossa che il sottoscritto è solito eseguire quando gioca a calcetto con gli amici); pessima la respinta di Sergio Sánchez, direttamente sui piedi di Kanouté, sul quarto gol: già la seconda papera del portiere sportinguista, dopo quella sul calcio di punizione di Albín nell’ esordio casalingo col Getafe. Se aggiungiamo che il ricambio fra i pali sarebbe Iván “Pichu” Cuéllar, quello che ne combinò di tutti i colori in un 6-0 incassato dall’ Atlético contro il Barça, quello del portiere rischia di diventare un grave handicap per una squadra che deve darsi una bella registrata in vista del Barça.
Dall’ altra parte un Sevilla che regala sempre emozioni quando spinge sull’ acceleratore, con le sue due punte pure, gli esterni larghissimi, tanta gente che si sovrappone e si inserisce… certo però che anche là dietro bisogna fare un po’ più di attenzione. Non ha ancora convinto la linea difensiva in questo inizio di campionato: l’ ottimo canterano David Prieto ha subito una battuta d’ arresto in questa occasione, ma più che questo non hanno preso ancora il controllo della situazione i nuovi acquisti: Squillaci non trasmette ancora la sicurezza che dovrebbe, e procura un altro fallo da rigore evitabile dopo quello sul campo del Racing, mentre Konko ad oggi risulta un pesce fuor d’ acqua, debolissimo sul piano puramente difensivo e, come prevedibile, lontano anni luce dall’ incidenza che aveva Alves su quello offensivo.
Un paio di minuti di blackout che avevano addirittura causato un momentaneo passivo di due reti, poi recuperato grazie a una reazione assai veemente, guidata da due elementi su tutti, Jesús Navas e Maresca. Lo scricciolo di casa ha lasciato costantemente il segno sulla destra col suo spunto, il nostro connazionale invece è in un momento d’ oro: già dalla pretemporada, dove gli erano state assegnate con profitto le chiavi della manovra, si era notata una rinnovata considerazione nei suoi confronti, mentre sabato, partendo in coppia con Fazio “alla Poulsen” (poi arretrato in difesa con l’ ingresso di Romaric nel secondo tempo), ha avuto la licenza di inserirsi e muoversi a ridosso delle punte, risultando trascinante e decisivo.
Il Villarreal non perde le buone abitudini. Convincente vittoria del Villarreal, che può dispiegare il suo buon calcio contro un Deportivo che, al di là di un palo esterno colpito da Sergio, per tenerezza ha ricordato un po’ quello del girone d’ andata dello scorso campionato: apprezzabile l’ idea di giocarsela senza alzare barricate, ma se in attacco manchi di incisività, con Mista assente non giustificato, Guardado assente per davvero, Valerón a mezzo, anzi a un quarto di servizio, Cristian stranamente preferito a Lafita e Juan Rodríguez meravigliosamente inutile schierato da trequartista (una cosa che al massimo potevo capire ai tempi dell’ economia di guerra di Caparros), allora non ti resterebbe che affidarti a una buona copertura nella tua metacampo. Invece il Villarreal ha potuto giocare tutto sommato tranquillo, trovando gli spazi tra le linee e le combinazioni palla a terra che ama, graziando sin troppo l’ avversario, per il quale il passivo poteva essere ben maggiore.
Protagonista assoluto un Santi Cazorla in stato di grazia, in questo momento l’ unico giocatore inamovibile per Pellegrini assieme a Senna e Gonzalo, e decisamente indiscutibile anche fra i 22 per la nazionale (poi che giochi titolare o meno è tutto un altro discorso, chiaro): nettamente il più continuo e il più incisivo del rinomato parco di esterni/mezzepunte del quale dispone Pellegrini: sempre molto intelligente nel tagliare fra le linee, nello stretto scappa con estrema facilità e ha nel gioco perfettamente ambidestro un punto di forza che pochi suoi omologhi hanno (non ha bisogno di “trivellare” come Quaresma), come dimostra anche il bel gol realizzato, esemplare per completezza di repertorio e rapidità di esecuzione: perfetto aggancio a seguire col destro per liberarsi dell’ avversario nello stretto e sinistro scagliato a rete in un amen.
Da segnalare anche l’ apparizione nella ripresa di Jozy Altidore (al posto di Guille Franco): un carrarmato lo statunitense, se lo tocchi rischi di farti male, ha mostrato sprazzi di una fisicità impressionante e un’ ottima propensione a svariare e aprire varchi sul fronte offensivo, minata magari da una certa confusione nella finalizzazione delle giocate. Peccato comunque che non figuri nella lista per la Champions (questo perché fino all’ ultimo era viva l’ idea di un prestito al Racing, che non avrebbe potuto utilizzare in Uefa un giocatore iscritto alla Champions) e non possa quindi giocare domani a Old Trafford, dove il Villarreal si presenterà decisamente spuntato, considerate le assenze degli infortunati Nihat e Rossi (quest’ ultimo pronto comunque a rientrare a breve) che lasciano l’ attacco ai soli Franco e Llorente (deludente finora, il sospetto è che non sia all’ altezza dei livelli che ormai esige una piazza come il Villarreal), sicuramente gli attaccanti di minor talento.
Tatticamente, va detto che nonostante le assenze di Nihat e Rossi in quest’ inizio di stagione, Pellegrini ha confermato il 4-4-2: scelta che pare giusta, perché i movimenti delle due punte (Llorente e Guille Franco, quest’ ultimo sempre prezioso da un punto di vista strettamente tattico, nel gioco spalle alla porta e nell’ offrire l’ appoggio al portatore di palla) sembrano più funzionali alla creazione di spazi, permettendo di allungare ed allargare maggiormente le difese avversarie e ampliando di conseguenza le opportunità di manovra sulla trequarti rispetto al 4-2-3-1 poco convincente e un po’ appesantito del precampionato, anche se è molto probabile che a Manchester l’ Ingegnere riproponga il modulo ad una punta, considerate le ristrettezze offensive sopra esposte e vista anche la comprensibile esigenza di non regalare la superiorità numerica a metacampo ad un avversario superiore (ma che in compenso gli spazi fra le linee li lascia: ci sono le condizioni per una bella partita e per una buona figura da parte del Villarreal).
Valencia: lavori in corso. Gran bella partita il posticipo domenicale al “Juegos del Mediterraneo”. Il motivo dellla vigilia era “Emery contro il suo passato”, e dobbiamo dire che, almeno per quanto riguarda il primo tempo, si è notato il contrasto fra una squadra che non è più allenata da Emery ma che i concetti del suo calcio li mantiene tutti, ed una che è sì allenata da Emery ma che ancora deve decisamente consolidare una propria identità.
Eccellente il primo tempo dell’ Almería, impressionante la continuità nel gioco rispetto all’ anno scorso: Arconada ha cambiato solo la disposizione delle pedine, dal 4-3-3 al 4-2-3-1, con Juanito che gioca sulla stessa linea di Julio Álvarez (non è Felipe Melo, ma a calcio ci sa giocare) nel doble pivote e Corona più a ridosso dell’ attacco, ma l’ “anima” della squadra rimane intatta: aggressività, intensità, pressing alto, transizioni supersoniche, concezione “totale” delle due fasi del gioco, ricerca ossessiva della verticalizzazione molto più che dell’ azione elaborata (filosofia questa che si riflette nel dato del possesso-palla, sensibilmente inferiore rispetto a quello del Valencia nonostante un protagonismo offensivo decisamente superiore), “collo d’ acciaio” Negredo (che gol il suo!) che fa da riferimento offensivo e i due esterni che cercano il taglio in diagonale (Piatti esegue pari pari i movimenti di Crusat, ha più o meno la stessa velocità ed in più ha qualità nello stretto di altro livello rispetto al catalano: se quelle di domenica son le premesse, ne vedremo delle belle dal talento argentino).
Davvero va benone al Valencia il parziale di 2-1 nel primo tempo, perché quanto a gioco non c’è confronto: il Valencia fatica ad iniziare l’ azione, si muove e muove il pallone faticosamente, non c’è confronto quanto a reattività nelle transizioni con un Almería che arriva sempre prima sul pallone, rientra molto più rapidamente nelle proprie posizioni e contrattacca a valanga di fronte a un avversario che non ne regge il passo e si sfilaccia con facilità.
La fortuna del Valencia è che (esattamente come tendeva a succedere l’ anno scorso con Emery) l’ Almería, in maniera fisiologicamente comprensibile, non ce la faccia a mantenere questo ritmo anche nella ripresa, non riesca più a mantenere alta la pressione nella metacampo avversaria e progressivamente allarghi le maglie e regali tempo per pensare la giocata alle individualità superiori degli ospiti. Determinanti in tale contesto Joaquín e, manco a dirlo, Villa: l’ andaluso nel secondo tempo viene portato finalmente nella sua fascia prediletta dopo aver discutibilmente cominciato a sinistra, e trova gli spazi per incidere con le sue cavalcate palla al piede, dalle quali nascono suggerimenti preziosi come quello che origina il gol del 2-2, ennesima dimostrazione dello strapotere del Guaje, il quale sul passaggio filtrante di Joaquín guadagna la posizione da maestro muovendosi fra i due centrali (come nello stupendo gol siglato contro la Bosnia in nazionale), difende la palla e gira a rete un diagonale chirurgico.
Carte importanti per Emery, che però dovra fare a meno di Silva, operato alla caviglia, per ben tre mesi: un’ assenza straordinariamente pesante, il canario è l’ unico giocatore in rosa capace di “legare” i reparti e orientare il gioco sulla trequarti (Mata, il suo sostituto, è sostanzialmente una seconda punta: non troppo positivo l’ altra sera, così come Pablo Hernández che, al di là della traversa colpita nel primo tempo, deve mostrare ben altro piglio). Da segnalare purtroppo l’ ennesima incertezza fra i pali, stavolta del nuovo arrivo Renan, che regala la respinta dell’ 1-0 a Piatti: non vorremmo che dopo Hildebrand ne venisse subito sbranato un altro.
Nell’ Almería, seppure beffato da Villa sul gol, da segnalare sul centro-sinistra della difesa la prestazione dell’ argentino Pellerano, attento, puntuale, rapido e risoluto nei recuperi e nelle chiusure laterali, la coppia che forma con l’ altro nuovo acquisto Chico (colpevolmente blando sul gol di Alexis) ha prospettive interessanti.
Il resto. Getafe e Betis pareggiano al termine di una gara combattuta, nella quale i padroni di casa colpiscono due traverse (col solito Casquerazo dalla lunga distanza e con Albín che sbaglia un calcio di rigore) ma il Betis sviluppa una mole di gioco superiore e si vede frenato dal portiere Jacobo, che risponde al meglio ai dubbi sorti dopo gli infortuni ai due portieri argentini Ustari (fuori tutta la stagione) e Abbondanzieri (solo un paio di settimane).
Pareggi anche fra Mallorca e Osasuna in una partita equilibrata e fra Málaga e Athletic, partita a reti bianche e un po’ triste, perché i baschi non possono considerare un bel risultato un pareggio, seppure fuori casa, contro una delle squadre teoricamente destinate alla retrocessione (ha esordito bene però il brasiliano Pablo de Barros a centrocampo). Frenata, neppure tanto sorprendente, dell’ Atlético Madrid, che assente Heitinga torna a manifestare scompensi difensivi (pessimo Coupet sul primo gol) e non riesce a rimontare un Valladolid in dieci per grn parte del match per la doppia ammonizione a Pedro López.
CLASSIFICA1 Espanyol 6
2 Valencia 4
3 Almería 4
4 Sevilla 4
5 Getafe 4
6 Villarreal 4
7 Atlético 3
8 R. Madrid 3
9 Numancia 3
10 Deportivo 3
11 Valladolid 3
12 Recreativo 3
13 Osasuna 2
14 Racing 2
15 Barcelona 1
16 Betis 1
17 Athletic 1
18 Mallorca 1
19 Málaga 1
20 Sporting 0
CLASSIFICA MARCATORIBilic (Sporting) 3 (1 rig.)
Forlán (Atlético Madrid) 2 (1 rig.)
Villa (Valencia) 2
Luis García (Espanyol) 2
Kanouté (Sevilla) 2
Negredo (Almería) 2
Moreno (Numancia) 2
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