venerdì, febbraio 29, 2008

Speciale Sevilla.

Dopo lo speciale Espanyol, nuova collaborazione con Antonio Giusto di "Calcio d' Angolo". Vi lascio il link alla pagina di Sportbeat che ospita ciò che troverete anche qui di seguito, ovvero una mia analisi del Sevilla e un profilo di Luis Fabiano scritto da Antonio. Buona lettura.

Gli sviluppi accidentati della stagione in corso hanno rappresentato la sfida più ardua possibile per la dirigenza del Sevilla Futbol Club, negli ultimi anni dedita a pianificare con grande minuzia le tappe della progressiva ascesa di questo club nell’ èlite del calcio spagnolo ed europeo. Il primo imprevisto, a fine Agosto, quello più tragico e inaccettabile, la morte di Antonio Puerta, trascende inevitabilmente ogni considerazione legata al gioco, essendo un fatto che segnerà per sempre la memoria di tutti; a fine Ottobre, la fuga, veramente sconcertante nei tempi e nei modi, di Juande Ramos; infine, come filo conduttore di tutta una stagione, una serie impressionante di infortuni che ha scientificamente debilitato il reparto difensivo, specie con l’ assenza del capitano Javi Navarro, uomo-chiave nella guida della linea arretrata.
Ma, seppure tra tante difficoltà, un’ altalena di risultati e un’ evidente involuzione di gioco, il Sevilla non ha ceduto, poiché mantiene un nucleo, un progetto, un’ identità che prescindono dalle contingenze. Sembra infatti evidente la ripresa della squadra, lanciata verso la zona-Champions dopo lo strepitoso 5-0 casalingo al Zaragoza, anche se ancora attesa dal delicatissimo ritorno col Fenerbahçe, incrocio-chiave nella stagione: non pochi pensano che, passata questa, il Sevilla potrebbe davvero diventare la mina vagante della situazione, considerata l’ abilità degli andalusi nelle eliminatorie in due partite, testimoniata dalle due vittorie consecutive in Uefa.

Improvvisamente incaricato dell’ eredità di Juande Ramos, al timone si è trovato Manolo Jiménez: 44enne bandiera del club (recordman di presenze in Primera da giocatore), sette anni eccellenti alla guida della squadra B (dalla quale questo Sevilla ha tratto una delle basi fondamentali del suo progetto, i giovani), catapultato in prima squadra ha già avuto le sue buone critiche, critiche comunque mitigate dal suo provato e indiscutibile attaccamento ai colori del club.
Lo si è accusato di scarsa personalità, di una certa rigidità e di difensivismo… da parte mia possono essere discutibili la sua gestione della rosa (Juande era famoso per il suo turnover, Manolo praticamente non esce da quegli 11-14 giocatori: questo ha motivato un giocatore come Luis Fabiano, che non aveva mai sentito tanta fiducia attorno a sé, ma ne ha depresso altri che finiscono col sentirsi inutili alla causa e magari cambiano pure aria, vedi Kerzhakov. Bisogna inoltre vedere come questa politica inciderà sulle condizioni atletiche della squadra a fine stagione) e qualche ritardo o imprecisione nella lettura degli sviluppi del match (tipo l’ 1-1 casalingo nella Liga col Barça), ma non si può certo ricostruire una sua volontà di stravolgere la filosofia di gioco della squadra, essendo la sua gestione improntata, come logico, alla continuità.
Oltrettutto è ben difficile stabilire quanta parte degli alti e bassi del Sevilla in questa stagione sia da attribuire a sue precise responsabilità e quanto invece abbia fatto parte di una tendenza fisiologica intrinseca all’ organico e già peraltro intravista nell’ ultima fase della gestione-Juande.

Facendo un raffronto con la passata stagione, oltre al dato più evidente, e cioè che il Sevilla alla venticinquesima giornata della scorsa Liga si trovava primo in classifica mentre ora è quinto, si nota che la vera differenza risiede nel numero di gol subiti, da 23 a 33. Proprio dalla difesa, anzi dalla fase difensiva nel suo complesso, bisogna partire per analizzare i problemi attraversati dagli andalusi in questa stagione.
Il Sevilla ha accusato non di rado problemi di distanza fra i reparti: in particolare la difesa, spesso rimaneggiata e mai definita stabilmente nei suoi componenti a causa degli infortuni, priva dell’ importante leader di reparto Javi Navarro, non ha mostrato un sincronismo ideale coi movimenti del centrocampo, non accorciando e accompagnando quando questo alzava il pressing e quindi creando spazi invitanti fra le linee per gli avversari, che hanno potuto approfittare in più di un’ occasione di questa situazione andando a segno con incursioni dalla seconda linea o comunque trovando il tempo e lo spazio per dare l’ ultimo passaggio sulla trequarti.
Altro problema inatteso ma notevolissimo nelle sue dimensioni quello delle cosiddette palle inattive: incredibile la quantità di gol subiti quest’ anno su azioni da calcio piazzato, azioni che rappresentavano il fiore all’ occhiello della fase difensiva di Juande Ramos e che si sono convertite invece in una vera spina nel fianco per Manolo Jiménez, che sta cercando ad esso una soluzione cambiando il sistema di marcatura sui calci piazzati, che è passato dalla zona mista consolidatasi con Juande alla difesa a uomo e infine nelle ultime partite alla zona pura, sistema applicato piuttosto male nella sfida di Champions del Sukru Saraçoglu, vedi il gol di Diego Lugano.
L’ imperfetta distanza fra i reparti ha creato evidenti problemi anche nella fase di impostazione della manovra, che ha accusato una consistente involuzione specie a Gennaio ed inizio Febbraio. Con la difesa incaricata di avviare l’ azione, la distanza e gli appoggi insufficienti del centrocampo hanno tolto opzioni di passaggio praticabili e fluidità alla manovra, costringendo spesso i difensori (già di loro poco dotati nell’ impostazione, vedi soprattutto Mosquera) a rilanci approssimativi o nella peggiore delle ipotesi a cadere nella trappola del pressing alto avversario (vedi la sconfitta da pivelli di Bilbao), con Daniel Alves, unico difensore capace di portare palla nella metacampo avversaria, bersaglio sin troppo facile del pressing, spesso indotto a forzare la perdita del pallone e ad avviare così le pericolosissime ripartenze avversarie.
Problemi che comunque sembrano aver passato la loro fase di maggior acutezza (con l’ immeritata vittoria casalinga con l’ Osasuna come apice), e anzi il partitone col Zaragoza è un segnale più che mai incoraggiante sulla via del recupero dell’ eccellenza, quella che ha caratterizzato il Sevilla 2006-2007 e che in questa stagione si è potuta apprezzare oltre che nella citata goleada di sabato scorso (in assoluto la partita meglio giocata di tutta la Liga) soltanto in quei big match che hanno chiamato la squadra a dare il suo meglio, come le vittorie casalinghe con Real Madrid e Valencia o la vittoria in Champions contro l’ Arsenal.

L’ eccellenza del Sevilla si basa su tre parole d’ ordine essenziali: intensità, velocità e verticalità. Poche squadre in Europa come il Sevilla sono in grado di imprimere un tale ritmo al gioco e di ribaltare l’ azione con uguale velocità e profondità. Squadra dall’ anima sostanzialmente offensiva (anche se una delle sue forze è la capacità di sapersi adattare alle diverse esigenze di una partita, sapendo pure difendere più basso e ripartire in contropiede se del caso), soprattutto in casa, portata ad aggredire in pressing e ad attaccare con molti uomini, si distacca tuttavia dallo stereotipo classico della squadra spagnola, basando il suo gioco più che sulla ricerca del possesso-palla sulla straordinaria rapidità delle proprie transizioni.
Il modulo è un 4-4-2 classico, con la possibile variante del 4-4-1-1 con un centrocampista avanzato (generalmente Renato) a supporto di un’ unica punta, alternativa tattica comunque molto meno praticata da Jiménez rispetto a quanto non facesse Juande Ramos. Due esterni larghi a centrocampo, un terzino sempre proiettato all’ attacco (Dani Alves) a destra e uno più bloccato a sinistra, un centrocampista centrale portato ad aggredire alto in pressing e a inserirsi a rimorchio delle punte (Keita) ed un altro che rimane più basso a protezione della difesa (Poulsen), due attaccanti perfettamente integrati, Kanouté che viene incontro e tiene su palla sulla trequarti e Luis Fabiano che attacca maggiormente la profondità (pur essendo anch’ egli abile nel gioco spalle alla porta e capace di scambiarsi le mansioni con Kanouté).
Mentre le altre squadre tendono prevalentemente a dirottare sulle fasce mezzepunte o seconde punte portate ad accentrarsi, il Sevilla mantiene vivo il gusto per il gioco sulle fasce e le ali vecchio stampo, cercando insistentemente la massima ampiezza e profondità possibile coi suoi esterni di centrocampo. Ma l’ aspetto più originale del 4-4-2 sevillista è sicuramente l’ incidenza assolutamente non comune che ha la fascia destra sulla manovra di tutta la squadra. E’ da essa, non tanto dal cuore del centrocampo, che nascono le azioni più elaborate, non solo sovrapposizioni e cross ma anche triangolazioni e scambi stretti nelle zone interne.
Daniel Alves è l’ elemento che in fase di possesso rende anticonvenzionale questo 4-4-2, quasi il regista occulto della squadra, straordinariamente atipico nel trascinare la squadra dal ruolo di terzino destro. Il brasiliano ha un dialogo sempre fitto su quella fascia con Jesus Navas, e cerca le zone interne della trequarti ancor più spesso della sovrapposizione lungo la linea del fallo laterale. Da qui nasce mediamente la stragrande maggioranza delle azioni pericolose che il Sevilla costruisce, è la principale fonte di gioco.
Alternativa al dialogo palla a terra dalla destra, quando l’ avversario intasa la sua metacampo praticando un gioco meramente ostruzionistico (spesso al Sanchez Pizjuan si vedono le squadre ospiti schierare quasi un doppio terzino sulla sinistra in funzione anti-Alves&Navas), è il lancio a saltare il centrocampo alla ricerca diretta di Kanouté, che con la sua stazza è bravissimo a mettere giù palla spalle alla porta e a mantenerne il possesso a favore dei compagni.
Il Sevilla sa assicurare una discreta varietà di soluzioni alla sua manovra, alternando gli scambi corti alle palle lunghe: un classico la giocata che prevede il lancio immediato di Alves (sempre lui) alla ricerca dello scatto di Luis Fabiano o Kanouté nella zona alle spalle dei due centrali difensivi avversari, schema col tempo talmente ben affinato che rende abbastanza sconsigliabile per gli avversari del Sevilla l’ utilizzo di una difesa alta.


-----------------------------Palop---------------------------------

Daniel Alves--------Mosquera------Dragutinovic----------Adriano

Jesus Navas-----------Poulsen--------Keita-----------------Capel

---------------------Kanouté------Luis Fabiano-------------------

Altri giocatori. Portieri: De Sanctis. Difensori: Javi Navarro, Escudé, Fazio, José Crespo, Boulahrouz, Casado, Lolo. Centrocampisti: Maresca, Renato, De Mul, Duda, Alejandro Alfaro. Attaccanti: Chevanton, Arouna Koné, Juanjo.


DIFESA
Come detto, problemi di stabilità. A parte Alves, sia Juande che Jiménez non hanno potuto quest’ anno consolidare una linea difensiva titolare (quella indicata nello schema sopra è... puramente indicativa), e infatti ne sono scaturiti i noti problemi difensivi, originati più che dalle carenze dei singoli proprio dalla mancanza di affiatamento come blocco.
Molti infortuni, a cominciare da quello del capitano Javi Navarro (problema serio al ginocchio che perdura dall’ estate scorsa e ancora non si sa quando potrà trovare una soluzione), non un fenomeno sul piano qualitativo ma assai importante per la sua capacità di guidare i movimenti della linea difensiva e affidabile nella difesa delle “palle inattive”.
Molestato dagli infortuni anche Escudè (13 presenze), principale partner di Javi Navarro al centro della difesa nella scorsa stagione, out quasi per l’ intera prima parte della stagione. Centrale mancino ma anche terzino sinistro, il francese è elegante e abbastanza veloce, il più bravo dei centrali ad impostare l’ azione, ma gli manca un po’ di aggressività e di risolutezza negli interventi, è più portato alla copertura dell’ altro centrale che all’ anticipo.
Decisamente più aggressivo è Ivica Dragutinovic (19 presenze, 1 gol), terzino-centrale sinistro esattamente come Escudè ma con un’ interpretazione più fisica del ruolo. Venuto fuori alla distanza come giocatore di rendimento e di carisma, il serbo è personalmente preferibile al centro della difesa: sulla sinistra può essere molto utile in gare più difensive quando servono centimetri sulle palle alte e occorre blindare la fascia, ma quando gli si richiede di spingere le rilevanti doti di corsa non nascondono le carenze nel tocco. Grintoso e tenace, in alcuni casi un po’ brutale, “Drago” è aggressivo sull’ uomo, cerca l’ anticipo con molta frequenza, e a dispetto di ciò che la sua stazza (1,86x84) potrebbe suggerire, è rapido sul breve e piuttosto veloce nei recuperi. Ha finito col ritagliarsi uno spazio significativo il colombiano Aquivaldo Mosquera (13 presenze): arrivato nelle ultime fasi del mercato estivo, “pecora nera” della gestione Juande (che le rarissime volte che lo metteva in campo, lo toglieva dopo il primo tempo), criticatissimo nelle sue prime partite (vedi il pasticciaccio combinato al Madrigal, dove regalò un rigore decisivo al Villarreal), a una prima impressione trasmette una forte sensazione di goffaggine, ma alla lunga sa sbrigarsela senza essere un fuoriclasse. Gli manca un po’ di agilità e reattività sul breve, ma è meno lento di quello che sembra. Forte e vigoroso nel contrasto, anche lui tende a rimanere in copertura più che ad aggredire alto, chiudendo gli spazi alle spalle di Alves. Estremamente impacciato nell’ impostazione del gioco dalle retrovie.
Dani Alves (21 presenze, 1 gol), lo abbiamo già anticipato, è il motore offensivo della squadra: terzino destro sui generis, esonda spesso e volentieri dalla sua zona spinto da un’ energia inesauribile, che lo porta a giocare 90 minuti a tutto campo da un’ area all’ altra mantenendo pure la lucidità per tentare giocate difficili, una cosa raramente vista sui campi di calcio. Uno dei grandi meriti di Juande Ramos è stato proprio quello di aver incanalato questa sua anarchia in un meccanismo tattico equilibrato, rendendola anzi un punto di forza e un elemento di imprevedibilità per gli avversari. Da buon terzino brasiliano, Alves ama molto meno difendere: reattivo e grintoso nell’ uno contro uno, tende tuttavia a entrare precipitosamente provocando falli ingenui, e mostra ricorrenti lacune nel gioco di posizione, specie quando si tratta di stringere sui cross provenienti dalla fascia opposta.
La cessione invernale di Hinkel ha lasciato senza sostituto di ruolo il brasiliano, tanto che nella recente partita con l’ Espanyol in sua assenza è stato adattato a terzino destro Adriano, che ha dalla sua il fatto di essere ambidestro. Adriano (19 presenze, 1 gol) che anche lui ha faticato a trovare continuità in questa stagione, essendo afflitto spesso da problemi muscolari che gli impediscono di mantenere la forma migliore. Velocissimo, capace di scappare all’ avversario sui due lati grazie al suo gioco ambidestro, dotato palla al piede ma capace anche di attaccare lo spazio, l’ ex Coritiba, solitamente esterno alto a sinistra, di questi tempi si sta adattando al ruolo di terzino con apprezzabile spirito di sacrificio e diligenza tattica.
Prima di due successivi infortuni si era guadagnato la titolarità sulla sinistra della difesa José Crespo (7 presenze), tornato disponibile solo di recente. Unico apporto “originale” della gestione-Jiménez, che lo ha meritatamente promosso in prima squadra, Crespo è un jolly in grado di coprire tutti i ruoli della difesa, al centro come sulle fasce. Ha ottime doti di difensore puro: destro naturale, specialista dell’ anticipo, molto aggressivo sull’ uomo, rapido, reattivo, buon allungo in velocità, ha ridotte attitudini offensive.
Scivolato un po’ in secondo piano rispetto a inizio stagione l’ argentino Fazio (15 presenze), che ancora deve completare la sua maturazione. Ha qualità indiscutibili: è concentrato, attento in marcatura, tempista, fortissimo nel gioco aereo (dall’ alto del suo 1,95x85 chili), calmo, ben piazzato e pulito negli interventi. L’ ampia falcata gli permette di tenere discretamente sulla lunga distanza, ma sul breve soffre parecchio giocatori più agili e rapidi. Ha inoltre la tendenza a rimanere un po’ troppo basso quando occorre accorciare e accompagnare il pressing del centrocampo.
Praticamente fuori dai giochi “il Cannibale” Boulahrouz (marcatore puro, centrale o terzino destro, spesso rozzo e scomposto), che in Liga ha giocato la miseria di 6 partite, l’ ultima delle quali per giunta risalente al lontano 31 Ottobre 2007, sconfitta 4-3 in casa dell’ Atlético. Improbabile che possa venire acquistato definitivamente il suo cartellino dal Chelsea la prossima estate.
In porta, dopo l’ affidabile interregno di De Sanctis (7 presenze), è tornato dall’ infortunio Palop (19 presenze), a dire il vero tutt’ altro che impeccabile nella prima parte di questa stagione, specie se rapportato col Palop 2006-2007. Comunque, l’ ex Valencia ha mostrato buone cose nelle ultime sfide, specie in Champions col Fenerbahçe, e si prepara allo sprint finale col blaugrana Valdés per il posto di terzo portiere della Spagna al prossimo europeo.

CENTROCAMPO
Meno determinante rispetto all’ anno scorso ma sempre di grande importanza l’ apporto di Poulsen (19 presenze, 3 reti), l’ equilibratore della squadra, incaricato di coprire gli spazi davanti alla difesa e se necessario disimpegnarsi come stopper aggiunto. E’ la sua presenza che permette ad Alves di godere della massima libertà di azione, assicurando il danese con le sue coperture sul centro-destra (in aiuto col centrale difensivo destro) una sorta di “effetto correttore” rispetto alle scorribande a briglia sciolta del vulcanico terzino brasiliano. Senso tattico e sostanza, ottimo gioco aereo, prestante e tosto nei contrasti (altro aspetto è la sua tendenza alla provocazione e al gioco sporco, ben noto anche se sottolineato oltremisura qua in Italia).
Se Poulsen è il centrocampista più tattico e di posizione, Seydou Keita (19 presenze, 2 gol) rappresenta il dinamismo e l’ intensità, con Alves è l’ altro polmone della squadra. Su livelli altissimi di rendimento sin dalle prime partite, ha sorpreso la sua facilità ad inserirsi nel contesto di una squadra che d’ altra parte ne esalta le impressionanti capacità atletiche. Sbalorditiva resistenza, lo trovi in tutte le zone del campo dalla sua area a quella avversaria, ha facilità di corsa, è poderoso nei contrasti, potente ma anche agile, formidabile nel portare il pressing sulla trequarti avversaria. Ma è un giocatore completo, valido anche quando non si tratta solo di distruggere il gioco altrui, si disimpegna con tranquillità palla al piede, ha visione di gioco e sa evitare i tocchi superflui. Notevole incursore, temibile per potenza e coordinazione la sua botta mancina, eccellente lo stacco aereo nell’ area avversaria. E’ una perla di centrocampista, sorprende che sia venuto fuori relativamente tardi per il grande calcio.
Dopo l’ opaca stagione scorsa, sta tornando un’ opzione valida il nostro Maresca (13 presenze, 1 gol) che ha dato buone risposte, specie nell’ ultima col Zaragoza, quando Jiménez gli ha chiesto di dare più respiro a una manovra involuta. I limiti di Maresca risiedono in una certa tendenza a creare disordini tattici in mezzo al campo (cosa che probabilmente rende consigliabile un suo utilizzo con due centrocampisti più difensivi a protezione) e nella scarsa attenzione alla fase difensiva.
Più “quadrato” tatticamente è il brasiliano Renato (19 presenze), giocatore geometrico e dal buon tocco, pericoloso coi suoi inserimenti in zona-gol quando viene schierato in appoggio a un’ unica punta, ma mai pienamente convincente in questi suoi anni al Sevilla. Deludente nell’ ultimo anno di Caparros e nel primo di Juande Ramos, ottimo nella prima parte del 2006-2007 ma poi calato nettamente, fino a recitare copioni modesti nelle ultime partite, avulso dalla manovra e quasi perso in una terra di nessuno in mezzo al campo, inutile ad entrambe le fasi.
A sinistra, la grande novità della stagione, l’ ultima perla della cantera locale, Diego Capel Trinidad (19 presenze, 2 gol), 20 anni e già molta attenzione da parte del C.T. Aragonés. Qui bisogna approfondire il discorso, per non fermarsi alla pur abbagliante apparenza.
Capel ha delle accelerazioni palla al piede devastanti, uno spunto diifficile da contenere nell’ uno contro uno e un sinistro molto calibrato nei cross. Però gioca ancora un calcio troppo legato all’ istinto, sembrano quasi mancargli le cognizioni basilari del gioco di squadra, e certo è che deve maturare ancora tantissimo prima di affermarsi come giocatore vero. Svanito l’ effetto-sorpresa i suoi movimenti rischiano di diventare ripetitivi: gli avversari cercano di non farlo girare e lo portano verso l’ interno, lui si perde sempre in qualche tocco di troppo, rallentando l’ azione e aiutando le difese avversarie a piazzarsi (anche se rimane sempre complicato da marcare per l’ esplosività, i cambi di direzione e l’ ottimo controllo di palla, prova ne siano i numerosi falli e cartellini che riesce a procurare ad ogni partita), quando invece chiedere un dai e vai al compagno e attaccare lo spazio senza palla aumenterebbe enormemente l’ efficacia delle sue azioni. In fase di possesso è poi sin troppo svagato, normalmente il terzino destro avversario trova un’ autostrada per sovrapporsi quando gioca lui.
Alternativa a Capel (e ad Adriano, non dimentichiamolo, il “boss” del ruolo sarebbe lui) il portoghese Duda (12 presenze), probabilmente non all’ altezza del contesto, raramente convincente. Il suo punto di forza è sicuramente il mancino, uno dei più calibrati di tutta la Liga, spettacolari i cross tagliati e insidiosissime le punizioni, ma a parte questo la limitata velocità e l’ assenza di spunto nell’ uno contro uno lo rendono poco funzionale in una squadra che basa tanto proprio sulla velocità delle transizioni offensive e sulla profondità degli esterni.
Qualità queste sublimate in Jesus Navas (23 presenze, 3 gol), colonna affermata della squadra nonostante i suoi 22 anni. Esterno destro leggero (1,70x60 kg), rapidissimo e sgusciante nell’ uno contro uno, micidiale quando ribalta l’ azione palla al piede in campo aperto, è un giocatore maturo e completo anche al di là della grande brillantezza dei suoi spunti, capace di coprire la sua fascia con grande continuità e applicazione per tutti i 90 minuti, anche in ripiegamento, dove dà una mano importantissima al terzino. Il suo neo sono i cross, sfornati in quantità industriali (è il giocatore che ne mette di più nella Liga) ma spesso di qualità rivedibile, e le conclusioni a rete, 9 volte su 10 davanti al portiere strozza il tiro indegnamente. L’ elevato dispendio atletico durante la stagione lo porta poi ad avere dei fisiologici periodi di appannamento, in cui perde lo slancio e la freschezza necessari per andare via all’ uomo.
Chiuso e trascurato, quasi un oggetto misterioso finora, il 21enne belga Tom De Mul (5 presenze, 3 sole dall’ inizio). Ala pura, forse non adattissimo al modulo del Sevilla lui che si è forgiato nel classico 4-3-3 dell’ Ajax, De Mul ha grande velocità e capacità di giocare in verticale senza troppi fronzoli, anche se ha poca fantasia e abilità nell’ uno contro uno, il suo gioco è piuttosto lineare, scatta e crossa (peraltro bene) senza grande varietà di soluzioni.

ATTACCO
Kanouté
(18 presenze, 8 gol) e Luis Fabiano (18 presenze, 19 gol!) sono forse la coppia d’ attacco al momento più affiatata del calcio europeo, dalle caratteristiche complementari e dai movimenti ormai perfettamente coordinati. Kanouté non sta confermando il ruolino realizzativo dell’ anno scorso (ma nel complesso della sua carriera non è mai stato uno sfondareti, anzi è proprio questo l’ aspetto che gli è mancato per consacrarsi fuoriclasse), ma mantiene più che mai intatta la sua importanza fondamentale nei meccanismi di gioco della squadra. Punto di riferimento offensivo, eccellente il suo lavoro fra le linee, viene incontro sulla trequarti e tiene palla con rara maestria, non è comune vedere giocatori della sua stazza (1,92x82) muoversi con tanta coordinazione ed eleganza. Complicatissimo da marcare spalle alla porta.
Luis Fabiano è in stato di grazia: giocatore umorale, ha bisogno di fiducia per esprimere al meglio il suo gioco, quest’ anno nessuno lo discute e infatti i risultati si vedono. Non è più il giocatore di indiscusso talento ma un po’ ombroso e scostante degli anni scorsi, al di là del tocco magico sottorete lo si nota più vivo e partecipe, più brillante dal punto di vista atletico (anche se non è e non sarà mai un velocista), si propone, si smarca e crea spazi. Finalizzatore micidiale, splendido nel colpo di testa in torsione, freddo davanti al portiere, che mette fuori causa scartandolo oppure facendo sfoggio del suo variegato repertorio tecnico, che va dalla rasoiata decisa al tocco sotto di gran classe. Raffinate doti di palleggio, molto abile negli scambi di prima.
Quasi inesistente finora l’ apporto di Arouna Koné (10 presenze, 1 gol), il grande colpo dell’ estate, sollecitato proprio di recente dal presidente Del Nido ad un rendimento più all’ altezza. Un patrimonio che non va dilapidato, può essere una carta importante in questo rush finale di stagione. Il 24enne ivoriano è un diamante grezzo: spettacolare agilità ed esplosività muscolare, gran cambio di marcia, discrete doti tecniche, non riesce tuttavia a mettere a frutto queste sue qualità con la concretezza e la continuità dovute. Generoso, mobile, ma un po’ individualista e sciupone, è una seconda punta che potrebbe fare cose interessanti anche come esterno di centrocampo, ha la predisposizione e le doti atletiche per svolgere il ruolo, il suo forte non è tanto il gol quanto piuttosto la creazione di occasioni per i compagni.
Chevanton (8 presenze, 1 gol, ma solo una gara da titolare) è stato recuperato da Jiménez dopo che con Juande i rapporti si erano deteriorati al punto tale che l’ uruguaiano era stato messo sul mercato la scorsa estate. Attaccante rapido e che cerca la profondità (un po’ come quel Kerzhakov inspiegabilmente ceduto), ancora non ha ripagato nemmeno una minima parte dell’ importante investimento effettuato su di lui.

P.S.: mi sono stati utilissimi nella preparazione di questo articolo gli spunti, soprattutto sui temi tattici, forniti dall’ eccellente blog “Sevillismo y mas futbol” (http://sevillismofutbol.blogspot.com/) , che consiglio a tutti coloro che desiderano approfondimenti sul Sevilla (e non solo).



LUÍS FABIANO: STAGIONE FABULOSA

Se ti chiamano “O Fabuloso” un motivo deve pur esserci, e Luís Fabiano lo sta scoprendo in questa stagione, quella della sua definitiva – e tarda: 27 anni sono troppi per esplodere – consacrazione.
Esplosione tarda, sì, ma comunque avvenuta, visto che, con tutto ciò che ha passato, è già tanto che l’ex giocatore del San Paolo abbia avuto la forza di emergere. Sì, perché la vita di Luís Fabiano non è stata esattamente tutta rose e fiori, come dimostra anche l’episodio extracalcistico più recente legato al suo nome: venerdì scorso, mentre lui era all’allenamento, dei ladri si sono introdotti nella sua villa e, dopo aver minacciato sua moglie, che sfortunatamente si trovata in casa, con gli attrezzi del mestiere (in questo caso una pistola) si sono portati a casa soldi, orologi e gioielli. Luís, che a combattere con la sfortuna è però ormai abituato, ha tranquillizzato il suo allenatore, Manolo Jimenéz, ed è regolarmente sceso in campo sabato sera con il Saragozza. Contro i “Maños” ha sfogato la sua rabbia, ma in maniera utile, a differenza di quanto accadde un anno fa, quando la sua frustrazione si tramutò in una rissa – anche abbastanza comica, vista la totale incapacità di menar le mani sua e del suo avversario – con Carlos Diogo. Venerdì sera infatti il prodotto del vivaio del Guaranti, la squadra della sua città natale, Campinas, ha contribuito con due gol alla «miglior partita della stagione», parola di Andrés Palop, un altro a cui i ladri sono recentemente passati a far visita.
Dicevamo dei gol: il primo è la fotografia del suo opportunismo: è il più lesto (e l’unico, visto che Pavon ha fatto lo spettatore non pagante nei suoi 70 minuti in campo) ad avventarsi sul cross dalla trequarti destra di Daniel Alves. Cinque minuti dopo arriva anche un’altra fotografia, questa parecchio più bella: dopo uno doppio scambio con il solito Daniel Alves, l’ex giocatore del Porto finalizza con un magnifico tocco sotto a scavalcare César, migliore in campo dei suoi nonostante le cinque reti incassate, e ciò è tutto un dire. La gioia più grande però Luís Fabiano la prova forse nei quattro minuti che vanno dal 49’ al 53’, quando Diogo prima infila la propria porta per errore, poi si fa espellere.
Tornando a parlare delle tante difficoltà passate da Luís, prima non ho accennato a quella più grave: nel 2005, pochi mesi dopo la firma del suo contratto da $14m con il Porto, sua madre Sandra è stata rapita. I due si sono ritrovati sessantuno – tremendi – giorni dopo, fortunatamente senza conseguenze né per la mamma né per il portafogli del figlio, che ha però sofferto venerdì scorso.
Adesso però i suoi problemi sono finiti, e può concentrarsi solo sul Siviglia e sulla Scarpa d’oro, alla sua portata, vista i 19 gol in 18 partite messi a segno fino ad ora nella Liga.

Antonio Giusto

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Il punto sulle semifinali d' andata di Copa del Rey.

Getafe-Racing 3-1: De la Red 23’ (G); Smolarek 27’ (R); Casquero 53’ (G); Manu Del Moral 82’ (G).
Barcelona-Valencia 1-1 (giocata mercoledì sera): Villa 70’ (V); Xavi 93’ (B).

Un buon secondo tempo porta il Getafe a un passo da una seconda finale di Copa del Rey consecutiva che avrebbe un sapore veramente storico per il club (idem dicasi per un’ eventuale qualificazione del Racing: è la semifinale delle outsider per eccellenza). Peccato che gli uomini di Laudrup debbano ancora sudare freddo per raggiungere una quota-salvezza fattasi quest’ anno particolarmente elevata, sennò dalle parti del Coliseum ci sarebbe davvero da fregarsi le mani, considerando anche che è l' unica spagnola superstite in Uefa.
Era iniziata male per il Getafe, legato e a corto di idee di fronte all’ oliato 4-4-2 di Marcelino, che nel primo tempo controlla gli spazi e i ritmi del match, rendendo sterile il prevedibile predominio nel possesso-palla dei padroni di casa. Gli ospiti danno il primo avviso, con una conclusione da fuori di Duscher di poco a lato, ma è il Getafe a trovare il gol, con De la Red che incorna a rete su calcio d’ angolo, non nuovo a quest’ azione l’ ex-madridista (insisto, da tenere d’ occhio per la nazionale: può fare i due ruoli nel mezzo e ha il gol nelle corde, importante avere centrocampisti che vedono la porta in una nazionale che giocherà probabilmente con una punta sola, a forte rischio sterilità).
Ma la gioia dura giusto quattro minuti, perché sul calcio di punizione dalla destra di Jorge Lopez Belenguer lascia Smolarek libero di colpire a rete. Punto e a capo, il Getafe deve riordinare le idee, che però rimangono piuttosto annebbiate: l’ undici di casa, problema manifestato già in altre occasioni, si fa eccessivamente precipitoso nelle sue azioni offensive, forzando la verticalizzazione centrale e finendo inevitabilmente inghiottito nel cuore dell’ organizzatissimo sistema difensivo del Racing. Primo tempo bloccato e tendenzialmente a favore degli ospiti, che sembrano trovarsi più comodi sul rettangolo verde.
Serve più calma al Getafe, far girare il pallone con maggiore pazienza in attesa del varco giusto, ed è proprio su questa falsariga che la squadra “azulona”, evidentemente istruita da Laudrup (che ha studiato alla scuola di Cruijff), inizia ottimamente il secondo tempo: manovrando con più fluidità e continuità, triangolando e coinvolgendo più giocatori, e finalmente aprendo maggiormente il gioco sulle fasce, soprattutto sulla destra, dove Pablo Hernandez trova l’ aiuto delle sovrapposizioni di Contra e degli spostamenti a turno delle punte Manu e Uche per creare situazioni di superiorità numerica e smuovere la difesa racinguista.
Il gol del 2-1 è un premio a questo cambio di marcia e una dimostrazione esemplare dei movimenti offensivi caratteristici del Getafe: circolazione di palla, movimento della punta a “svuotare” l’ area di rigore, inserimento del centrocampista. Da manuale: protagonisti Contra che sale sulla destra, Uche che dal centro si defila sulla destra e apre lo spazio all’ inserimento centrale di Casquero (trascurato da Jorge Lopez, che apre un buco nel sistema difensivo del Racing), servito da un Pablo Hernandez stasera ottimo come in tante altre occasioni.
Uche deve lasciare il campo ad Albin per un problema muscolare (il nigeriano non è proprio riuscito a trovare continuità in questa stagione), Marcelino invece si gioca la carta del rientrante Munitis. Il Getafe si ritrae e rinforza la mediana con Celestini, soffrendo poco perché far la partita non è certo ciò che il Racing ama. I padroni di casa trovano anzi pure più spazi di rimessa, e segnano il pesantissimo 3-1 con Manu Del Moral, che in due tempi schiaffa in rete un perfetto cross di, manco a parlarne, Pablo Hernandez. Premio meritato per Manu, attaccante generosissimo, che si sobbarca un incredibile mole di lavoro su tutto il fronte d’ attacco e che spesso pecca di lucidità al momento di finalizzare.

L’ altra semifinale è nettamente più in bilico, dopo il match del Camp Nou, vibrante e di elevato spessore. Polemiche da parte valenciana per il gol del pareggio blaugrana in pieno recupero, per una mano di Eto’o che vizia l’ inizio dell’ azione. Esaurita la moviola, gli sviluppi del match parlano di un risultato che va stretto al Barça: non condivisibili le analisi prevalenti sulla stampa, che parlano di una grande partita difensiva del Valencia, che in realtà ha subito più di venti tiri in porta e un dominio costante dell’ avversario, in alcuni casi facendo ricorso a salvataggi disperati e con un Hildebrand in grande spolvero. Il merito della squadra di Koeman, e che in questo senso segnala una crescita, è quello di aver saputo soffrire e cogliere l’ occasione al momento giusto, mentre appena un mese fa sarebbe colata a picco in quattro e quattr’ otto. La ricostruzione di una squadra comincia prima di tutto da questi aspetti.
Ed in pieno rilancio da un punto di vista anche morale è il Barça, che analogamente un mese fa non avrebbe reagito allo svantaggio con la determinazione mostrata mercoledì sera dopo lo 0-1 (unica incursione offensiva valenciana, micidiale Villa nel punire un Barça ancora in disordine per avere appena effettuato i suoi due cambi). Ancora in gol Xavi, e non è più un fatto casuale, sintomo di una squadra che sta migliorando la propria dinamica di gioco, non appoggiandosi staticamente sui tre attaccanti ma portando maggiormente al tiro anche i centrocampisti, giocando con meno tocchi e pìù rapidità (anche se la propensione a voler entrare in porta col pallone è insopprimibile, fa parte del DNA). Xavi buono anche al di là del gol, in ottimo momento di forma, mentre gigantesco è il contributo di Yaya Touré, una forza della natura nello sradicare palloni e proporre percussioni, e pensare che non gioca nemmeno nel suo vero ruolo…
Nel Valencia, comincia a emergere a centrocampo la coppia Maduro-Banega: l' olandese sobrio e tatticamente efficace, l' argentino in notevole spolvero, soprattutto nel primo tempo, con la sua straordinaria personalità e padronanza nel controllo di palla, roba che per togliergliela si dovrebbe adoperare il fucile.






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lunedì, febbraio 25, 2008

VENTICINQUESIMA GIORNATA: ALTRE PARTITE.

Athletic Bilbao-Villarreal 1-2: F. Llorente 3' (A); Guille Franco 64' (V); Capdevila 81' (V).

Osasuna-Atlético Madrid 3-1: Sola 1' (O); Vela 4' (O); Forlán 25' (A); Héctor Font 74' (O).

Deportivo-Espanyol 2-0: Coloccini 17'; Lafita 23'.

Murcia-Valladolid 0-1: J. Llorente 42'.

Racing-Almeria 1-0: Tchité 61'.

Mallorca-Betis 1-1: Varela 55' (M); Edu 69' (B).

L' Atlético ci ricasca: squadra in pieno disfacimento, si fa travolgere dall' Osasuna (devastanti Vela, Plasil e Sola, quest' ultimo va tenuto d' occhio, è un "jugon" di quelli buoni). Non bastano più per tenersi a galla le prodezze di Forlan, il giocatore migliore della stagione colchonera (almeno col Barça tornerà dalla squalifica Aguero). A questo punto scommettere su una qualificazione ai prossimi preliminari di Champions a scapito del Sevilla sarebbe da folli...
Il Racing la spunta nella sfida fra squadre rivelazione, l' Espanyol prosegue la sua crisi nera (cominciata proprio dopo avergli dedicato un articolone celebrativo...), crisi coincidente forse non a caso con l' assenza dell' infortunato Tamudo. Vittoria importantissima per il Depor che resta attaccato con le unghie e con i denti alle sue speranze, fiducioso nella recente inversione di tendenza innescata dal cambio di modulo di Lotina, la cui difesa a 5 ha reso più sicura ed efficace la squadra (modulo particolarmente adatto ai tre difensori centrali deportivisti, Coloccini-Pablo Amo-Lopo, gente prestante e dal passo abbastanza lento). In grande spolvero Lafita, talento fino a ieri nel più totale anonimato.
Ancora un crollo verticale nel secondo tempo per l' Athletic, tendenza che ha già fruttato una perdita consistente di punti in questa stagione: dopo un' ottima prima parte, tonica e autorevole, i Leoni si consegnano al possesso-palla del Villarreal, che blindando il suo terzo posto si consola della grande delusione dell' eliminazione in Uefa.
Il Murcia cola a picco: il progetto, che era basato sull' esperienza e sul pragmatismo, sta affondando nel gioco pessimo e nel progressivo scoramento. Alcaraz, ultra-contestato dalla Nueva Condomina, è a fortissimo rischio.
Due elementi tengono a galla il Betis di Paco "Mick Jagger" Chaparro: il cuore, un cuore enorme (vedere per credere la vittoria della scorsa giornata col Madrid), e la coppia Pavone-Edu: sesto gol di testa per il brasiliano, tutti in fotocopia, taglio dalla destra e incornata perentoria a rete, generalmente con l' assistenza del generosissimo "Tanque" argentino. Il Mallorca non riesce a uscire dalle sabbie mobili, pareggia troppo e deve fare i conti con la crisi realizzativa di Guiza, che era l' uomo incaricato del salto di qualità rispetto alla squadra buona ma spuntata dell' anno scorso.
Lotta-salvezza da brividi, da sette a nove squadre coinvolte (e occhio al Zaragoza, chi non ha la predisposizione psicologica alla bassa classifica può finire col soccombere).

CLASSIFICA
1 R. Madrid 56
2 Barcelona 54
3 Villarreal 46
4 Atlético 41
5 Sevilla 39
6 Espanyol 39
7 Racing 38
8 Almería 36
9 Valencia 35
10 Getafe 32
11 Valladolid 31
12 Mallorca 30
13 Osasuna 29
14 Athletic 29
15 Zaragoza 29
16 Betis 29
17 Recreativo 29
18 Deportivo 27
19 Murcia 23
20 Levante 16


CLASSIFICA MARCATORI
Luis Fabiano (Sevilla) 19 (2 rig.)
Diego Milito (Zaragoza) 14 (4 rig.)
Llorente (Valladolid) 13
V. Nistelrooy (R.Madrid) 12 (2 rig.)
Raúl (Real Madrid) 11 (2 rig.)

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VENTICINQUESIMA GIORNATA: Real Madrid-Getafe 0-1: Uche.

Una parte del fascino del calcio risiede sicuramente in quel suo susseguirsi di ribaltamenti e colpi di scena che talvolta sfuggono completamente alla logica… beh, ieri sera i cultori della materia ne hanno visto una delle manifestazioni più eclatanti.
Diciannovesimo del secondo tempo: il Madrid tenta disperatamente di forzare il catenaccio getafense, Torres converge da sinistra verso il centro, spara un destro debole ma inisidioso per Abbondanzieri che non riesce a trattenerlo, sulla respinta si avventa il solito Raul che rimette al centro dove Robben libero da marcatura deposita nella porta sguarnita… sembra il gol salvifico per un Real che stava facendo una fatica tremenda, Robben corre verso la bandierina ad esultare, lo raggiungono i compagni euforici, il Bernabeu è un’ esplosione di gioia ma… l’ arbitro ha annullato per il fuorigioco iniziale di Raul, e così mentre il gruppetto di esultanti merengues comincia a rendersi conto dell’ accaduto il Getafe ha già riavviato il gioco… incredibile, Casquero si trova in un amen nella trequarti avversaria senza opposizioni, è un chiaro micidiale tre contro due in contropiede, Guti incespica, il centrocampista del Geta ha la strada spianata e serve sulla destra Pablo Hernandez, che non ha che da servire Uche smarcato sul secondo palo per il gol che ammutolisce il Bernabeu. Incredibile, in nemmeno un minuto dalla gioia alla disperazione, dal calore al gelo, da +5 a solo +2 sul Barça.

Ma che cosa sta succedendo al Real Madrid? Son già sei le sconfitte dall’ inizio dell’ anno, tre consecutive nelle ultime partite. Fino a poco tempo fa, l’ impressionante sfilza di vittorie riusciva a nascondere le magagne non trascurabili della squadra, e in un circolo virtuoso accresceva la determinazione dei giocatori, la fiducia e l’ ottimismo di tutto l’ ambiente.
Ora si apre una fase nuova , delicatissima, in cui il Madrid non avrà più l’ aspetto psicologico dalla sua ma dovrà dimostrarsi la squadra migliore in tutti gli aspetti del gioco. Una fase ancora più delicata se si considerano i tanti infortuni che stanno colpendo la squadra (la difesa praticamente ai minimi termini, Sneijder fuori ancora più di un mese, e stasera ha dovuto gettare la spugna pure Guti, mentre il Barça sta recuperando tutti i suoi fenomeni) e un calo atletico che comincia ad affiorare, ma un altro problema emergente è che gli avversari potrebbero aver capito come limitare seriamente questo Real Madrid.
Sulla questione occorre fare un excursus. Personalmente devo riconoscere un errore: vedendo tutta quella serie di partite in cui gli avversari del Madrid accumulavano occasioni e restavano immancabilmente a mani vuote, pensavo che nonostante ciò essi seguissero la via giusta, perché il fatto di creare così tante occasioni evidenziava di per sé la bontà della loro strategia. Ma il Real Madrid finiva sempre col segnare prima dell’ avversario, e non poteva essere una semplice coincidenza, ciò avveniva perché trovava più spazi in contropiede e quindi occasioni più chiare, che anche in numero inferiore fruttavano più gol rispetto all’ avversario, sfruttando l’ abilità di Robinho nel ribaltare l’ azione e le doti di cecchino di Van Nistelrooy.
Credo che in questo senso paradossalmente abbia segnato una svolta negativa per il Real Madrid il torrenziale 7-0 al Valladolid di due settimane fa: la condotta suicida della squadra di Mendillibar, tutta riversata nella metacampo madridista con a tratti il 60% di possesso-palla a favore (al Bernabeu!), con la difesa altissima ma senza adeguato pressing del centrocampo, e un’ autostrada per il quarterback Guti e la freccia Robben, ha evidenziato in maniera sin troppo netta quali siano i punti salienti del gioco madridista e cosa NON SI DEBBA FARE quando si gioca contro la squadra di Schuster, dando una bussola indispensabile ai successivi avversari del Madrid. Se non hai qualità superiore, non devi andare a cercare il predominio nel possesso-palla a tutti i costi, non devi avanzare scriteriatamente, non devi correre il rischio di perdere palloni stupidi sulla trequarti, non devi lasciare spazio all’ azione di rimessa al Real Madrid.
L’ equivoco è credere che questo Real voglia per sé il possesso palla: niente di più falso, quello che vuole sono gli spazi in profondità, la palla rubata e la verticalizzazione immediata, la giocata diretta… se gli togli questo e lo costringi ad elaborare l’ azione, se gli pianti davanti due linee schierate, la sua manovra comincia ad accusare una mancanza di idee e di ritmo evidentissima, ed emergono le molte lacune creative del centrocampo (dipende troppo da Guti, che oltrettutto è un giocatore essenzialmente di spunti). Non è un caso, guardate le poche occasioni chiare create nella partita di oggi, il secondo tempo con la Roma (che ad inizio partita aveva sbagliato proprio l’ atteggiamento, beccando in contropiede lo 0-1 di Raul) e quello col Betis (anche se sia col Betis che con la Roma Van Nistelrooy ha preso un palo).

Merita un discorso a parte il Getafe, che nel suo piccolo ha compiuto un’ impresa eccezionale. Unica squadra ancora viva sui tre fronti assieme al Barça, in condizioni atletiche tutt’ altro che splendide per i continui doppi impegni settimanali, con una quantità impressionante di assenze (fra le quali De la Red e Granero, impossibilitati a giocare per motivi burocratici) e pure con gli infortuni durante il match di Cortés e di Mario, è riuscito ad ottenere una vittoria vitale per mantenersi a +5 sul Depor terzultimo, con una partita ultradifensiva non proprio tipica della filosofia di Laudrup, ma certamente la più pragmatica possibile nelle circostanze concrete.
Alla vigilia ci si aspettava infatti una sfida a viso aperto, e le primissime battute parevano confermare quest’ impressione: il Getafe tentava di combinare nella trequarti e contrattaccare con un discreto numero di uomini, accompagnando con una difesa abbastanza alta esposta al rischio delle verticalizzazioni madridiste (pallonetto di Van Nistelrooy alto), il Real trovava campo soprattutto a destra, con le incursioni di Sergio Ramos poco seguito da un Pablo Hernandez alquanto allegrotto quando c’è da sgobbare e coprire. Proprio un cross di “Tarzan” dalla destra deviato alto di testa da Baptista (su buco in uscita di Abbondanzieri… il buon vecchio Pato ce ne deve regalare sempre almeno una) è l’ ultimo segnale di vita ufficiale dei padroni di casa.
Da questo momento in poi la partita vive una paralisi più o meno completa, il Geta aggiusta le misure, accorciando le distanze fra difesa e centrocampo, stringendo le maglie e abbassando saggiamente il baricentro. I raddoppi sulle fasce negano al Madrid la possibilità di dare sbocco all’ azione sugli esterni con Sergio Ramos e Robben, e progressivamente, nelle maglie sempre più folte, si esaltano gli uomini a protezione della zona centrale, in specie l’ eccellente coppia di centrali composta da Belenguer e Cata Diaz. Senza ritmo, senza spazi e col fiato del Barça sul collo, il Madrid deve accontentarsi dei tentativi biascicati di Robben e Baptista e di una punizione di Guti ben sventata dal Pato.
Poi arriva il tragicomico patatrac del diciannovesimo minuto, che ha un effetto ulteriormente depressivo sui merengues: Schuster le prova tutte, Drenthe per aggiungere spinta sulle fasce, Higuain (al posto dell’ infortunato Guti) in cerca di freschezza, addirittura Soldado per Torres come mossa della disperazione, ma se possibile crea sempre meno. Il Getafe è un po’ sulle ginocchia, non ha tanta forza e lucidità per tenere palla o affondare in contropiede, ma difende agevolmente fino al fischio finale, correndo un brivido soltanto su un destro orrendamente svirgolato da Higuain dentro l’ area in pieno recupero.

I MIGLIORI: Gran coppia al centro della difesa del Getafe: Belenguer col senso della posizione e l’ esperienza, Cata Diaz (in assoluto uno dei migliori centrali di questa Liga 2007-2008) col carisma, la concentrazione e la prestanza. Nota di merito anche per Licht, molto accorto. Al di là del gol facile, importante la velocità di Uche.
Nel Madrid le cose migliori le fanno vedere Sergio Ramos e Robben, anche se il primo trova sempre meno spazi col passare dei minuti e il secondo invece, da poco rientrato da un infortunio, ha ancora un’ autonomia limitata nel corso dei 90 minuti.
I PEGGIORI: Polveri bagnate per Van Nistelrooy, limitato nella costruzione del gioco Baptista, volenteroso ma ancora troppo impreciso Gago.

Real Madrid (4-3-3): Casillas 6; Ramos 6,5, Cannavaro 6, Heinze 6, Torres 6 (82'); Guti 5,5 (74'), Gago 5,5, Baptista 5,5 (61'); Raúl 5,5, V. Nistelrooy 5, Robben 6.
In panchina: Dudek, Drenthe 5,5 (61'), Diarra, Balboa, Higuaín 5,5 (74'), Soldado s.v. (82').
Getafe (4-4-1-1): Pato 6; Cortés s.v. (8'), Belenguer 7, Cata Díaz 7,5, Licht 6,5; Cotelo 6,5, Celestini 6,5, Casquero 6,5, Pablo Hernandez 6; Manu 6 (66'); Uche 6,5.
In panchina: Ustari, Mario 6 (8') (53'), Tena 6 (66'), Albín 6 (53'), Richi, Braulio, Kepa.

Gol 0-1 (63'): Contragolpe del Getafe mientras el Madrid estaba celebrando un gol anulado a Robben, Casquero abre a la derecha a Pablo Hernández, cuyo pase lo remata totalmente solo Uche con la derecha.
Árbitro: Daudén Ibáñez, del Colegio Aragonés. Amonestó a Celestini (20'), Casquero (20'), Belenguer (26'), Cannavaro (41'), Heinze (65') e Higuaín (89').
Incidencias: Santiago Bernabéu. Tres cuartos de entrada. 60.000 espectadores. El terreno de juego estaba muy rápido por la lluvia caída en Madrid.

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VENTICINQUESIMA GIORNATA: Barcelona-Levante 5-1: Xavi (B); Riga, rig. (L); Messi (B); Eto’o (B); Eto’o (B); Eto’o (B).

Passeggiata doveva essere e passeggiata è stata, anche se un censurabile calo di tensione aveva portato addirittura a un momentaneo 1-1 nel primo tempo. Chiaro comunque che non doveva essere questa la partita della conferma rispetto alle ottime sensazioni di Glasgow, ma soltanto un cuscinetto prima della vera serie di prove del nove, col Valencia in semifinale di Copa del Rey e con Atlético e Villarreal nella Liga.

A riposo Deco e Marquez nel Barça, undici-tipo per il Levante (almeno con quelli che sono rimasti a De Biasi), che al fischio d’ inizio non si siede sul campo come minacciato alla vigilia per protesta contro il mancato pagamento degli stipendi. La sensazione, assai prevedibile, è che il Barça possa sfondare come e quando vuole, con le mezzeali che trovano da subito buoni collegamenti con l’ attacco. Bastano tredici minuti per il primo gol della serata: Iniesta triangola con Eto’o, invitando ad uscire i centrali del Levante e creando così lo spazio per la comoda conclusione a rete di Xavi (di questo passo mi vince la Scarpa d’ Oro…) inseritosi in seconda battuta.
Troppa facilità inganna il Barça, inducendolo ad accomodarsi. Il Levante non ha più nulla da perdere già da un paio di mesi, e va a giocarsela con dignità, inquietando il Camp Nou. Oltre al rilassamento, si giova dello scarso filtro di Iniesta e Xavi nel centrocampo blaugrana: manca la capacità di Deco di frenare il contropiede avversario se occorre con falli tattici, e così perfino una squadra di modestissime virtù tecniche come il Levante riesce in questa fase ad avvicinarsi con relativa facilità all’ area di Valdés. Suona il campanello d’ allarme quando Juanma lascia sul posto Puyol e solo il palo respinge il suo colpo da biliardo, ma probabilmente l’ allarme non suona sufficientemente forte se Zambrotta commette una sciocchezza come il fallo di mano che regala al Levante il rigore dell’ incredibile 1-1, trasformato da Riga.
Dura poco però lo stupore, perché Messi si incarica subito di rimettere in carreggiata il Barça con un perentorio sinistro al termine di un’ elegante scambio stretto con Xavi dentro l’ area di rigore. Nella ripresa i padroni di casa scherzano meno e con atteggiamento più professionale chiudono la pratica in scioltezza, regalando la ribalta ad Eto’o (e anche a un discreto spezzone finale di Bojan: meglio utilizzarlo così, a partita in corso, senza pressioni).

I MIGLIORI: Rispetto all’ anno scorso, è sicuramente più apprezzzabile la gestione della rosa da parte di Rijkaard. Chi gioca male rischia il posto, e questo è uno stimolo per tutti. Lo dimostrano i casi di Ronaldinho e Xavi: il brasiliano, pur senza disputare una partita in assoluto straordinaria, sembra sulla via della ripresa, alleggerito e vivace; Xavi, dopo una meritatissima parentesi da panchinaro, ha ritrovato un livello di gioco soddisfacente: assai ispirato e continuo nella fase creativa stasera. Ordinaria amministrazione da fenomeno per Messi, un gol dopo semi-assolo e due assist per Eto’o (splendido quello del 3-1). Eto’o che con tre gol facili mantiene la sua media-monstre: 8 gol in 7 partite, non è un caso che in sua assenza statisticamente la media-gol blaugrana si abbassi drasticamente. E poi giocando nel Barça bisognerebbe dargli un premio solo per il fatto di essere l’ unico che detta il passaggio in profondità invece di venire incontro per farsela dare sui piedi…
Juanma e Riga fra i pochi a salvarsi, una costante nella stagione del Levante: l’ esterno destro cerca sempre il fondo, è rapido e punta l’ uomo, Riga invece è al solito volenteroso e molto mobile su tutto il fronte dell’ attacco.
I PEGGIORI: Una groviera David, un pollo Zambrotta.

Barcelona (4-3-3): Valdés 6; Zambrotta 5,5, Puyol 6, Milito 6 (Thuram s.v., m.68), Sylvinho 6; Xavi 7, Touré 6,5, Iniesta 6,5; Messi 7 (Giovani s.v., m.81), Eto’o 7, Ronaldinho 6,5 (Bojan 6,5, m.73).
In panchina: Pinto, Abidal, Gudjohnsen, Edmilson.
Levante (4-4-2): Kujovic 6; Descarga 6, Álvaro 5, José Serrano 5,5, David 4,5; Juanma 6,5, Miguel Ángel 5,5 (Pedro León s.v., m.68), Berson s.v. (Javi Fuego 5, m.23), Courtois 5,5; Riga 6,5, Geijo 5,5 (Sául s.v., m.81).
In panchina: Rubiales, Armando, Manolo, Iborra.

Goles: 1-0, m.14: Xavi. 1-1, m.41: Riga, de penalti. 2-1, m.44: Messi. 3-1, m.56: Etòo. 4-1. m.62: Etòo. 5-1, m.87: Eto'o.
Árbitro: Velasco Carballo (Comité Madrileño). Sin amonestados.
Incidencias: Asistieron al encuentro 71.979 espectadores en partido disputado en el Camp Nou, correspondiente a la vigésimo quinta jornada de Primera División. Los jugadores del Levante salieron del túnel de vestuario con una camiseta con la inscripción: «Forza Tommasi», en homenaje a Damiano Tommasi, jugador del Levante, que ha sido intervenido recientemente de una lesión en la rodilla. Se guardó un minuto de silencio en memoria de William Silvio Modesto, 'Biò, jugador del Barça en las temporadas 1977-78 y 1978-79.



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domenica, febbraio 24, 2008

VENTICINQUESIMA GIORNATA: Sevilla-Zaragoza 5-0: Luis Fabiano; Luis Fabiano; autorete Ayala; autorete Diogo; Keita.

Benvenuti al Sanchez Pizjuan, benvenuti al Festival del Futbol. Trascinante, travolgente, sublime Sevilla, così si gioca solo in Paradiso. Da tempo non assistevo a una lezione di calcio simile, che ci ha finalmente riportato in tutto il suo splendore il Sevilla dell’ anno scorso. Zaragoza incommentabile, ma questo comunque non può e non deve togliere alcun merito a chi ci ha fatto vivere una serata di calcio così entusiasmante.

Il piano di Irureta sarebbe quello di attendere e ripartire in contropiede con Diego Milito e Oliveira (attaccanti fra i più letali della Liga muovendosi negli spazi). Questo in teoria. In pratica, il Sevilla cancella dal campo l’ avversario sin dalle prime battute.
C’è intensità, c’è coesione, c’è ritmo all’ ennesima potenza nell’ azione dei padroni di casa. Il centrocampo aggredisce il portatore di palla già sulla trequarti, la difesa accorcia e non lascia un metro a Oliveira e Milito, il Zaragoza non esce dalla sua metacampo, il Sevilla riconquista palla subito e dà libero sfogo al suo potenziale offensivo, in un crescendo esaltante. E’ l’ Enciclopedia del Calcio dispiegata: la palla gira a velocità folli, non si ferma mai, viaggia ad uno-massimo due tocchi (tranne quando ce l’ ha Diego Capel, ovvio) da una fascia all’ altra in attesa dell’ immancabile tagliente verticalizzazione, i due attaccanti offrono appoggi continui fra le linee, si triangola ad occhi chiusi e dalla fascia destra arriva il solito uragano.
La resistenza del Zaragoza crolla ben presto, già al 19’, quando Jesus Navas, non vedendo lo spazio per il cross, cede indietro al suo compagno di merende Dani Alves, che taglia uno dei suoi classici traversoni fra centrali e portiere avversario, sul quale si avventa Luis Fabiano, dimenticato da Pavon (neo-entrato al posto dell’ infortunato Sergio). Nemmeno cinque minuti e partita già in cassaforte, col sontuoso gol del raddoppio, di gran lunga uno dei più belli della stagione: dialogo in rima baciata fra Dani Alves e Luis Fabiano, tocco sotto di “O Fabuloso” sull’ uscita di César, palla in rete e applausi fino a spellarsi le mani. Tiki-taka!
Il massacro si completa poi quando sotto di due gol il Zaragoza deve cominciare a scoprirsi e lasciare spazi al supersonico contropiede sevillista. Navas (che già in precedenza aveva graziato solo davanti a César) riparte, sulla trequarti cede palla a Luis Fabiano, da questi in profondità per Kanouté, controllo a seguire che evita il rientro del difensore, César si avventa in uscita e l’ azione sembra persa, ma una fortunosissima carambola su Ayala determina il 3-0.
Fortuna che per una volta aiuta chi se lo stramerita ed è ancora molto generosa col Sevilla in apertura di ripresa: Mosquera si traveste da Alves e disegna un lancio millimetrico alle spalle dei due centrali zaragocisti, Luis Fabiano se la aggiusta col petto, Diogo interviene in chiusura, anticipa O Fabuloso ma soltanto per mettere in rete in prima persona. Altra carambola tragicomica, 4-0. Diogo completa poi la disfatta facendosi pure espellere pochi minuti più tardi per un vergognoso fallo di frustrazione, un’ entrata spaccagambe che per fortuna non centra in pieno Diego Capel. Chiude le danze infine il 5-0 di Keita, che stacca anticipando Ayala su calcio piazzato di Alves dalla destra, lasciando il finale ai cambi di Jiménez, che mette a riposo Luis Fabiano e Keita e dà qualche minuto ai più bisognosi (c’è pure l’ oggetto misterioso De Mul, che sfiora la soddisfazione personale su cross perfetto di Diego Capel).

I MIGLIORI: Un fiume in piena Alves, entra in tre dei cinque gol alla sua maniera. Sempre più Pichichi e sempre più Re Mida Luis Fabiano, ogni palla che tocca è gol o quasi, gioca con una fiducia in sé stesso e una condizione tali che gli permettono di mettere in mostra tutta la finezza del suo repertorio. Magico l’ affiatamento con Kanouté.
Spettacolare partita anche di Navas, giocatore tatticamente molto maturo oltre che irresistibile nello spunto (è il modello cui deve ispirarsi Diego Capel nella sua crescita, se vuole diventare davvero grande). Una macchina il centrocampo: Keita divora chilometri e avversari, Maresca distribuisce e rifinisce da maestro palloni su palloni (partitone il suo, fa venire un dubbio in vista del cruciale ritorno col Fenerbahce: chi accanto a Keita? Lui o Poulsen?). Perfetto anche il mio amico Mosquera: sempre attento in chiusura, aggressivo nell’ accorciare lui che generalmente ha il difetto di tendere un po’ troppo a rinculare, va anche oltre i suoi arcinoti limiti nell’ impostazione del gioco quando provoca l’ autogol di Diogo con uno spettacolare lancio alla Alves.
I PEGGIORI: Naufragio collettivo nel Zaragoza, segnalo solo i due centrali Pavon e Ayala, impotenti tutta la serata di fronte al DICO (copyright Andrea De Benedetti, Guerin Sportivo) Kanouté-Luis Fabiano, che fa tutta la sera quello che vuole, raccogliendo e giocando a piacimento ogni pallone, alto o rasoterra, sulla trequarti o in area di rigore che fosse.

Sevilla (4-4-2): Palop s.v.; Daniel Alves 8,5, Mosquera 7, Escudé 6,5, Adriano 6,5; Jesus Navas 7,5 (dal 67’ De Mul s.v.), Maresca 7,5, Keita 7 (dal 71’ Renato s.v.), Diego Capel 6; Kanouté 7,5, Luis Fabiano 8,5 (dal 58’ Koné s.v.).
In panchina: De Sanctis, Fazio, Casado, Duda.
Zaragoza (4-4-2): César 6; Diogo 4, Sergio s.v. (dal 19’ Pavon 4), Ayala 4, Juanfran 5; Sergio Garcia 5, Zapater 4,5 (dal 46’ Celades s.v.), Luccin 4,5, Gabi 4; Oliveira 5,5 (dal 54’ Chus Herrero s.v.), Milito 5.
In panchina: Lopez Vallejo, Matuzalem, Generelo, Oscar.

Gol: Luis Fabiano 19’; Luis Fabiano 24’; autorete Ayala 42’; autorete Diogo 49’; Keita 68’.
Árbitro: Antonio Rubinos Pérez (c.madrileño). Expulsó al uruguayo Diogo (m.53) por violenta entrada a Capel, y además mostró tarjeta amarilla a Sergio (m.16), Gabi (m.22), Luccin (m.36.), Chus Herrero (m.79).
Incidencias: Partido disputado en el estadio Ramón Sánchez Pizjuán ante unos 25.000 espectadores en noche en la que llovió a ratos y fresca. Terreno de juego en aceptables condiciones pese a las lluvias de las últimas horas.


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VENTICINQUESIMA GIORNATA: Valencia-Recreativo 1-1: Mata (V); Carlos Martins (R).

Non decolla il Valencia, non ci riesce proprio. Anche se le occasioni per vincere ci son state e al di là di alcuni timidissimi (issimi-issimi-issimi) segnali di miglioramento, rimane l’ impressione di una squadra che non riesce a imporsi all’ avversario, in grave difetto di personalità e di gioco, cui Koeman ha dato nulla e anzi ha pure tolto (non è un caso che le uniche vittorie ottenute di recente, quelle con Valladolid e Betis, siano state ottenute applicando le ricette puramente contropiedistiche di Quique: almeno con il Barça mercoledì non si dovrà fare la partita…).
Non sappiamo invece quali poteri abbia il signor Manolo Zambrano, fatto sta che sette punti in tre partite da quando ha preso il posto di Victor Muñoz (che pure secondo me non aveva combinato tutti ‘sti disastri) rappresentano un impatto eccellente. Squadra di risorse limitate il Recre, ma ordinata umile e reattiva, quanto basta per sperare.

Solito 4-1-4-1 ibrido per Koeman (con ampia libertà di movimento sulla trequarti per Silva, in partenza mezzala con Banega), il quale privo di Helguera arretra Marchena sulla linea difensiva; difesa titolare indisponibile per Zambrano (Beto e Caceres squalificati, Calvo e Poli infortunati), che aggiunge Gerard al centrocampo defilando Camuñas sulla destra.
Dopo un’ incerta fase iniziale, il copione della partita emerege chiaramente: Recre tutto a contenere, Valencia che fa la partita, anche se poi il COME faccia la partita è tutto un altro discorso. Solita manovra insipida e a singhiozzo, poco movimento, troppi tocchi, circolazione di palla a ritmi assolutamente insufficienti, con le due linee da quattro del Recre che non fanno fatica a piazzarsi e intercettare le linee di passaggio. I padroni di casa insidiano Sorrentino solo quando Zigic a centro area mette giù un pelotazo e gira a rete trovando il pronto intervento di piede dell’ ottimo portiere italiano.
Tuttavia la strategia degli ospiti denuncia un’ eccesso di passività, il Recre infatti rimane troppo dietro, fatica ad uscire e distendersi in contropiede per alleggerire la pressione (Sinama un’ anima in pena), e dai e dai il Valencia passata la mezzora prende fiducia e crea i presupposti per il vantaggio: Banega con uno stupendo colpo d’ esterno smarca Mata sulla sinistra, il quale, in posizione regolare e dimenticato da Edu Moya e Camuñas, fulmina Sorrentino.
E’ un buon momento per il Valencia, che sulle ali dell’ entusiasmo intensifica i suoi attacchi, coinvolgendo anche Silva, autore di uno stupendo lancio smarcante per la botta al volo di Joaquin, eurogol sventato dal solito Sorrentino.
I padroni di casa hanno però un inizio morbido di ripresa, e il Recreativo ne approfitta per togliersi di dosso un po’ di timidezza ed affacciarsi sulla trequarti: Carlos Martins, ora più a sostegno di Sinama rispetto a Gerard, ha lo spazio e scarica una gran botta mancina sulla quale forse Hildebrand poteva fare qualcosa di più ma che comunque si insacca stupendamente quasi all’ incrocio. Punto e a capo, il Valencia si ritrova a dover ruminare una reazione contro un Recre meno irrigidito nella seconda parte ma che rischia comunque sulla conclusione di Mata di poco a lato al 66’.
Koeman si gioca Vicente e poi Baraja e poi ancora Arizmendi, riesce a creare qualche problema a una difesa del Recre un po’ incerta sui palloni alti (clamorosa occasione mangiata da Zigic solo in area su cross di Joaquin; prodezza di Sorrentino su conclusione sottomisura di Baraja originata da un mezzo pasticcio di Dani Bautista), ma alla fine è solo pareggio, risultato tutto sommato giusto.

I MIGLIORI: Non sempre perfetto nella presa (a fine primo tempo sfarfalla su un tiro da fuori, ma per sua fortuna la ribattuta di Zigic è in fuorigioco) ma Sorrentino è decisivo, attento, reattivo e coraggioso. Uno dei pilastri di questo Recre, al pari di Carlos Martins, che ne rappresenta l’ anima creativa a centrocampo. Erede di Viqueira, del quale è meno visionario ma più solido e continuo, il portoghese ha un destro fra i più sensibili della Liga, ma anche il sinistro non scherza…
Per quanto riguarda il Valencia ci si deve necessariamente accontentare di sprazzi, quelli che sta cominciando ad offrirci Banega (da fuoriclasse l’ assist dell’ 1-0) e quelli di un Mata che, una delle poche notizie positive della gestione-Koeman, sta prendendo slancio e fiducia. L’ ex madridista non è un esterno di ruolo, ma ha voglia, è rapido, incisivo ed ha un mancino squisito. Incomprensibile la sua sostituzione.
I PEGGIORI: Goffo Zigic sotto porta, sbaglia due gol nel secondo tempo. Un fantasma Gerard, sempre ai margini del gioco e pressochè inutile in fase di contenimento: una tristezza pensare a quanto prometteva questo giocatore in gioventù…

Valencia (4-1-4-1): Hildebrand 6; Caneira 6, Albiol 6, Marchena 6 (dall’ 84’ Arizmendi s.v.), Moretti 6; Maduro 6; Joaquin 6,5, Banega 6, Silva 6 (dall’ 82’ Baraja s.v.), Mata 6,5 (dal 75’ Vicente s.v.); Zigic 5.
In panchina: Mora, Lomban, Sunny, Edu.
Recreativo Huelva (4-4-1-1): Sorrentino 7; Edu Moya 5,5, Iago Bouzon 6, Quique Alvarez 6, Dani Bautista 5,5; Camuñas 6, Carlos Martins 7 (dall’ 81’ Varela s.v.), Jesus Vazquez 6, Aitor 5,5; Gerard 4 (dal 71’ Zahinos s.v.); Sinama Pongolle 5,5 (dal 72’ Ruben s.v.).
In panchina: Barbosa, Ersen Martin, Barber, Marquitos.

Gol: Mata 38’ (V); Carlos Martins 52’ (R).
Arbitro: Gonzalez Vazquez. Ammoniti: Iago Bouzon, Quique Alvarez, Camuñas, Jesus Vazquez, Carlos Martins e Zahinos per il Reacreativo; Marchena per il Valencia.


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venerdì, febbraio 22, 2008

Le rivelazioni della Liga.

Eccomi di nuovo, vi annuncio che da questo fine-settimana torneranno gli articoli sulle partite di Liga. Intanto vi lascio a questo post (lunghissimo) sui giocatori rivelazione della Liga 2007-2008.


PORTIERI: E’ una rivelazione la sicurezza che Toño, disastrosissimo la passata stagione, sta dimostrando fra i pali del Racing (anche se ultimamente è stato fuori per infortunio: al suo posto lo svizzero Coltorti ha fatto storcere parecchi nasi), ma sicuramente l’ exploit più eclatante è quello del 18enne del Valladolid Sergio Asenjo (campione d’ Europa con l’ Under 19: decisivo in semifinale nei rigori contro la Francia, dove sostituì il titolare Felipe Ramos, infortunatosi a partita in corso), indicato come la grande promessa del calcio spagnolo, un po’ il Bojan dei portieri. Approfittando della vecchiaia avanzata di Alberto e della broccaggine manifesta di Butelle, si è fatto strada da titolare con risultati assai incoraggianti.
Di lui colpisce soprattutto la personalità: Asenjo non ha paura di rischiare, di prendersi le sue responsabilità, e se questo non esclude ancora qualche sbavatura di tanto in tanto (nella sconfitta al Riazor qualche cantonata l’ ha presa…), gli permette spesso di fare la voce grossa in area piccola e di sventare col talento proprio degli audaci i pericoli portati dagli avversari. Aggressivo nelle uscite sia alte che basse, notevole dal punto di vista fisico, esplosivo fra i pali, deve certamente limare alcune ingenuità e spericolatezze tipiche della sua età.

Quello del 22enne brasiliano Diego Alves era già segnalato dagli esperti come un talento fuori dal comune, ci è voluto però qualche mese per saggiarlo sui campi della Liga: la ritrosia di Emery ad affidarsi da subito ai nuovi acquisti provenienti dall’ estero lo ha relegato in panchina per quasi tutto il girone d’ andata, ma appena chiamato in causa si è imposto con prestazioni monstre (in particolare quelle con Sevilla e Recre e l’ ultima col Real Madrid). Gran colpo di reni, riflessi impressionanti e parate ai limiti della logica, ha pure battuto il record di imbattibilità stagionale che, fino all' ultima giornata, apparteneva a San Iker.

Con Diego Lopez il Villarreal ha trovato finalmente stabilità fra i pali: il suo 1,96 aveva stuzzicato due estati fa Capello (che, in omaggio alla sua ossessione per i centimetri, aveva addirittura pensato in un primissimo momento di mettere in discussione Casillas!), ma nonostante la stazza il portiere del Submarino dimostra di sapersi pure distendere con buona agilità. Ha il pregio della sobrietà, trasmette sicurezza ai compagni (tutte considerazioni però drasticamente ridimensionate dal doppio confronto di Uefa con lo Zenit, dove due sue clamorose papere son costate una buona parte dell’ eliminazione).


DIFENSORI CENTRALI: Spettacolare l’ impatto di Martin Caceres (Recreativo): l’ uruguagio è uno dei giovani difensori più promettenti del calcio mondiale, e il Villarreal l’ ha mandato a farsi le ossa nella succursale Recreativo fregandosi le mani pensando alla coppia che dall’ anno prossimo potrà comporre con Gonzalo Rodriguez. Centrale all’ occorrenza adattato anche sulla fascia destra o sinistra (e in un paio di occasioni anche come centrocampista difensivo), straripante personalità ed esuberanza atletica.
Esplosivo, agile, reattivo, rapido e spericolato nei recuperi, prepotente stacco aereo, discreta dimestichezza palla al piede, il suo limite può risiedere proprio in questa sorta di “incontinenza”, che lo porta a interpretare certe situazioni in maniera avventurosa o comunque un po’ troppo al limite, non misurando adeguatamente gli interventi o facendosi sorprendere fuori posizione (nonostante la differenza di ruolo, può ritenersi in questo senso azzeccato un paragone con Sergio Ramos).

Salgono le quotazioni di Fernando Amorebieta (Athletic Bilbao), che gli anni scorsi era risultato più che altro insopportabile per la brutalità delle sue entrate mentre quest’ anno sta maturando nella maniera giusta sotto la guida di Caparros, valorizzatore di giovani come pochi altri nel calcio spagnolo. Amorebieta è il più classico stopper “da Athletic”, che fa dell’ agonismo talvolta esasperato l’ aspetto fondamentale del suo gioco: centrale marcatore mancino (ruolo definitivo dopo tentativi di scarsissimo successo da terzino sinistro gli anni scorsi), cerca l’ anticipo e il contatto fisico con l’ attaccante avversario, è veloce e parecchio potente (un 1,92x85 che intimidisce, e senza perdere nulla in agilità). Ha un gioco molto aggressivo che necessita sicuramente di un compagno di reparto più propenso a tenere la posizione e ad attuare da “libero” come per l’ appunto è Aitor Ocio, col quale ben si sposa, formando una coppia di centrali finalmente affidabile dopo i disastri targati Sarriegi dell’ anno scorso. Rubata palla propone non di rado delle sfuriate palla al piede, ma alla prepotenza atletica non si accompagna sufficiente qualità: il sinistro è potentissimo, ma difetta di precisione e sensibilità di tocco, non ha le capacità per impostare il gioco dalle retrovie.


TERZINI: Koikili (Athletic Bilbao) la favola di maggior successo: carneade che a 26 anni aveva assaggiato massimo la Segunda B, prelevato dal Sestao River per un paio di noccioline, promosso titolare al posto del malinconico Del Horno da Caparros, che guarda ai “huevos” più che ai nomi. Della dedizione e della ferrea applicazione Koikili ha fatto la sua bandiera: il fisico tozzo, compatto e muscolosissimo rivela il passato da campione di lotta greco-romana, sempre molto attento e diligente sul piano difensivo, per le caratteristiche tattiche ricorda l’ ex bandiera sevillista David Castedo. In fase offensiva si limita al compitino senza strafare, ma sa tagliare discreti traversoni dalla sinistra.

Buone senzazioni da Mané (Almeria), 26enne terzino sinistro di propensione prevalentemente offensiva (come impone il modulo di Emery, che affida soprattutto ai terzini il compito di dare ampiezza), anche se più che per la profondità si fa apprezzare per le buone doti di palleggio: non perde mai la calma, gioca bene nello stretto conservando il possesso-palla, i compagni si affidano spesso a lui quando occorre elaborare l’ azione. Spesso incaricato di calci piazzati e calci d’ angolo, ha un sinistro eccellente, capace di disegnare traiettorie calibratissime e cariche d’ effetto.

Bene anche Licht (Getafe), presenza semi-clandestina l’ anno scorso con Schuster, titolarissimo con Laudrup: l’ argentino ha gambe e polmoni, assicura le due fasi con buona continuità e si sovrappone con facilità, avendo dalla sua pure un ottimo traversone mancino.
Un martello Pedro Lopez sulla fascia destra del Valladolid, condivisibile l’ adattamento del 18enne Azpilicueta (Osasuna) a terzino: mancano la qualità tecnica e l’ uno contro uno per incidere come esterno alto, ma ha dinamismo, grinta e duttilità sufficienti per affermarsi giocando qualche metro dietro.


CENTROCAMPISTI CENTRALI: Finalmente De la Red (Getafe): l’ ex prigioniero del Real Madrid Castilla ha trovato nel Getafe lo spazio e la fiducia che da troppo tempo strameritava. E’ un giocatore che andrebbe tenuto in considerazione anche per la nazionale, un centrocampista completo e versatile: nel 4-4-2 di Laudrup può fare sia il centrale più basso che viene a prendere palla dalla difesa, quando gioca in coppia con Casquero, sia il centrale di maggior propensione offensiva (quando Laudrup accantona Casquero e utilizza Celestini come schermo davanti alla difesa), oppure ancora la mezzala in un modulo con tre centrali. Il risultato non cambia: De la Red esprime qualità e continuità per tutti i 90 minuti, gioca a testa alta, cuce il gioco e dirige l’ orchestra, sempre al centro del gioco, da vero trascinatore (lavora una quantità incalcolabile di palloni durante i 90 minuti, ogni azione del Getafe DEVE passare per i suoi piedi). Buon dinamismo, si sacrifica in copertura pur non essendo il suo forte (la sua propensione ad accompagnare l’ azione fino alla trequarti lo porta talvolta a lasciare qualche buco nel mezzo). Dotato di una bella rasoiata col destro, se ne ha licenza può fare male nelle conclusioni da fuori, e quest’ anno ha trovato più di un gol andando a staccare di testa sui calci piazzati o inserendosi a rimorchio degli attaccanti.

Bruno (Villarreal) è una delle scoperte più interessanti di questa stagione. Il giovanotto di casa si è fatto strada nella mediana di Pellegrini sbrigandosela da subito con la sapienza del veterano. Come detto in altre occasioni, il pallone non gli scotta mai fra i piedi: la sua miglior dote è la tranquillità, la capacità di sapere in ogni momento cosa occorre fare. Non è rapido, ma ha buona presenza fisica e una grande intelligenza tattica: sembra avere una conoscenza innata dei tempi e delle misure del gioco, il suo innesto ha ulteriormente accresciuto la fluidità di manovra del Villarreal. Visione di gioco panoramica, alterna intelligentemente combinazioni nelle stretto a uno-due tocchi ad aperture illuminanti col suo calibrato mancino. Difficile perda palla, sfrutta bene il corpo e l’ ottima padronanza nel controllo per difenderla dal pressing avversario, e più in generale fa tesoro della grande razionalità che lo contraddistingue al momento di scegliere la giocata.


ESTERNI: Una delle notizie migliori della Liga 2007-2008 è la fioritura di tanti giovani extremos sfrontati e di talento che, magari non da subito, potranno offrire alla Seleccion prospettive un po’ più ampie rispetto agli infortuni di Vicente e agli scazzi (ops) di Joaquin.
C’è ovviamente Diego Capel (Sevilla) con le sue galoppate travolgenti e sgrammaticate, con le sue potenzialità ancora tutte da sgrezzare, ma ce ne sono anche altri, a cominciare da Markel Susaeta. I suoi 20 anni invitano alla speranza i tifosi dell’ Athletic, che ne hanno bisogno: Caparros lo gestisce con la cura che meritano gli oggetti preziosi, dopo una partenza a razzo lo ha rispedito per qualche partita nella filiale, per permettergli di gestire tranquillamente un calo di forma fisiologico e poi ripresentarsi al meglio con la prima squadra col nuovo anno.
Nell’ Athletic B Markel faceva il trequartista, molti gli pronosticano un futuro da 10 (da Guerrero a Yeste, da Yeste a Susaeta: il piano sarebbe questo), ma per ora non può certo garantire la maturità e la leadership tecnica richieste dal ruolo, gli si chiedono soltanto quell’ elettricità che non tanti possiedono nell’ attuale rosa dei Leoni.
Destro naturale (eccellente battitore di punizioni, cerca e trova spesso la traiettoria sopra la barriera, veloce e tagliata o morbida a seconda delle circostanze), può partire indifferentemente dalla destra o dalla sinistra, veloce ed incisivo nell’ uno contro uno, deve ancora trovare la continuità ideale all’ interno dei 90 minuti.

Pablo Hernandez scatenato al Getafe: basa il suo gioco sullo spunto breve, ha bisogno di essere fresco per dare il meglio, lo sa bene Laudrup che cerca per quanto può di non sovraccaricarlo. Destro anche lui adattabile a sinistra, punta costantemente l’ uomo, non si accontenta del cross buttato lì, cerca sempre il punto scoperto che gli permetta di conquistare il fondo.
Per il fisico leggero e la rapidità nel muovere le gambe e disorientare l’ avversario ricorda Jesus Navas: rispetto al sivigliano è meno esplosivo ed estroso nello spunto (e meno presente nei ripiegamenti in fase di non possesso), ma dalla sua ha un calcio migliore col destro, più insidiosi i suoi cross, migliori la coordinazione e la precisione quando va al tiro. Giocatore di proprietà del Valencia, esattamente come Sisi (Valladolid), altro giovane esterno destro che si sta mettendo in buona evidenza: un gradino sotto rispetto a Susaeta e Pablo Hernandez come classe, epperò insidioso e vivacissimo: Sisi è il classico nano (1,69x68, ma mi sembra una stima addirittura al rialzo quella del sito del Valladolid) che scappa via da tutte le parti: gli manca potenza, ma è rapidissimo, e il fatto di avere il sedere praticamente attaccato a terra lo aiuta ad anticipare quasi sempre i movimenti degli avversari, coi quali cerca con grande frequenza l’ uno contro uno. Aggressivo, generoso, dinamico e caparbio proprio come la squadra in cui gioca.

Ancora meno i centimetri dell’ almeriense Albert Crusat (1,65x65, il giocatore più basso della Liga), che a 25 anni ha avuto finalmente l’ occasione giusta in Primera, dopo un inizio di carriera un po’ stentato e sfortunato partendo dalla cantera dell’ Espanyol: il suo soprannome, La Bala (il proiettile), rende l’ idea della velocità supersonica che lo contraddistingue, velocità che ha pochi riscontri nella Liga, elemento imprescindibile nel calcio di vertiginosi ribaltamenti predicato da Emery.
Crusat (la pronuncia catalana pare sia “Crusciàt”, non chiedetemi il perché) non è un centrocampista esterno, bensì un attaccante esterno da tridente: volendo azzardare un paragone, lo si può definire un Giuly mancino, molto più a suo agio nell’ attaccare lo spazio alle spalle dei terzini e nel proporre diagonali senza palla che nel puntare l’ avversario nell’ uno contro uno “da fermo”. Con gli spazi a disposizione è un coltello affilatissimo, a ritmi più controllati e in situazioni tattiche bloccate diventa un giocatore decisamente più normale. Scheggia impazzita, la sua contagiosa frenesia paga talvolta dazio in termini di lucidità (discorso che vale più in generale per tutto l’ Almeria), si vedano ad esempio i due gol incredibilmente divorati a porta vuota nelle gare casalinghe con Valladolid ed Espanyol.


TREQUARTISTI: Onore al “Pirata” Esteban Granero (Getafe). Era un giocatore della cui personalità dubitavo qualche tempo fa, invece proprio sotto quest’ aspetto il 20enne di proprietà del Real Madrid (e l’ intenzione dalle parti del Bernabeu è di ripescarlo l’ anno prossimo) sta costruendo una stagione da stropicciarsi gli occhi.
Granero è un trequartista moderno, che alla tecnica eccellente abbina fisico, continuità d’ azione e versatilità tattica. E’ un rifinitore, ma Laudrup nel suo 4-4-2 flessibile e ricco di interscambi di posizione dalla trequarti in su lo fa partire generalmente dalle fasce, più spesso dalla sinistra. Grande padronanza nel palleggio, Granero gestisce le situazioni con notevole maturità ed efficacia, sapendo alternare i momenti in cui rallentare e nascondere il pallone agli avversari con quelli in cui occorre piazzare l’ affondo o la percussione decisa nel cuore della trequarti. Tutto questo sempre con apprezzabile continuità, grinta e sacrificio atletico nel corso dei 90 minuti.
Talento speciale nell’ ultimo passaggio, la sua azione preferita è quella in cui dalla sinistra converge verso il centro per dare l’ assist oppure tentare la conclusione da fuori (meno frequentemente, ma la botta col destro sta facendo sensibili progressi, anche sui calci piazzati). Anche se la velocità media non è bassa, gli manca il cambio di ritmo devastante, il suo passo rimane costante. Concreto ed essenziale, raramente scade nella giocata fine a se stessa.


ATTACCANTI: Autocitarsi non è mai elegante, ma è sicuramente doveroso quando si è presa una cantonata. Ad inizio stagione, dopo una disperante prestazione nel pareggio casalingo col Real Madrid, sommersi di considerazioni poco affettuose il 28enne centravanti del Valladolid Joseba Llorente, nella convinzione a malapena celata che il capocannoniere della Segunda 2004-2005 (allora con la maglia dell’ Eibar) e il bomber del Valladolid dei record nella scorsa Segunda fosse in realtà inadatto al palcoscenico della Primera. Invece, dopo un’ inizio stentato, exploit fragoroso con l’ inizio dell’ anno nuovo, exploit che lo ha portato in testa alla particolare classifica dei bomber autoctoni con 12 gol (nemmeno un rigore), tra l’ altro con la ciliegina del gol più rapido nella storia della Liga, quello dell’ 1-0 all’ Espanyol, una follia realizzata in combutta col “gemello” Victor in soli 7,3 secondi dal fischio iniziale.
Llorente è una prima punta tecnicamente modesta, dalle movenze sgraziate e non particolarmente dominante dal punto di vista atletico. Non è né un’ ariete né un centravanti-boa né un veloce contropiedista, bensì un finalizzatore puro e semplice (uno alla Inzaghi, tanto per dare un’ idea, non proprio il tipo di attaccante che mi manda in estasi ad essere sincero), bravo e sveglio nel cogliere l’ occasione, caparbio e combattivo, si muove fra i due centrali e in area di rigore è efficace senza badare allo stile, riesce a deviare a rete come capita (5 gol di testa finora). Senza palla è lui il primo difensore della squadra, incaricato di avviare l’ ultra-pressing di Mendillibar.

Meno gol in classifica marcatori (8 finora), ma livello superiore e prospettive più rosee a lungo termine (per forza di cose: è dell’ Agosto ‘85) per Alvaro Negredo. L’ Almeria non potrebbe fare a meno di lui, è l’ indispensabile, ed unico nella rosa, terminale offensivo di una squadra che altrimenti, pur giocando benone, raccoglierebbe poco. Se Llorente è l’ Inzaghi dei poveri, lui potremmo accostarlo a Vieri, sempre con molto beneficio d’ inventario. Un metro e ottantasei per ottantacinque chili, ariete di peso, forte nel gioco aereo e dotato di un sinistro davvero poderoso, l’ importanza di Negredo non è comunque limitata alla sola fase realizzativa, essendo l’ ex canterano madridista fondamentale nel suo lavoro spalle alla porta al centro dell’ attacco del 4-3-3/4-1-4-1 di Emery.
Spesso cercato dai lanci della difesa, difficile da contrastare sulle palle alte, prolunga molte preziose traiettorie a favore degli inserimenti dei compagni. Viene incontro, protegge e scarica bene il pallone, favorendo i tagli dentro degli esterni d’ attacco (Ortiz e, molto più spesso, Crusat) e le incursioni delle mezzeali, ma sa anche offrire sbocchi all’ azione di rimessa quando si defila nelle zone sguarnite sugli esterni e porta palla permettendo alla squadra di salire. Falcata potente, buona progressione, non è un fine palleggiatore ma ove richiesto sa prescindere dalla soluzione meramente di potenza (quando si trova sulla fascia, non rinuncia nemmeno all’ uno contro uno: cerca di disorientare l’ avversario passandosi la palla da un piede all’ altro con la suola, è una giocata che tenta non di rado). Quella dell’ ariete è una tipologia di attaccante poco diffusa in Spagna, motivo per cui il suo nome potrebbe entrare a sorpresa nella lista dei papabili per la Seleccion.

Una sorpresa il capoverdiano Dady (6 gol), 26enne giunto alla ribalta con un po’ ritardo, rivelatosi la scorsa stagione al Belenenses e quest’ anno titolare indiscusso nello sparagnino modulo ad una punta di Ziganda, scavalcando il vecchio leone Pandiani e la promessa mancata Portillo. Centravanti filiforme (1,90x84) ed elegante, nonostante le gambe lunghe ha coordinazione e agilità nei movimenti, è elegante e tratta bene il pallone. Non si tratta di un finalizzatore quanto piuttosto di un centravanti di manovra, non attacca la spazio e gli mancano cattiveria e destrezza in area di rigore, preferisce chiedere palla ai centrocampisti e far salire la squadra. Si segnala per la sensibilità del suo mancino, capace di alternare ben calibrate aperture verso gli esterni a terrificanti sassate su calcio piazzato, alcune entrate in rete in questa Liga altre in procinto di far crollare i pali delle porte.


Link video:
-Servizio su Susaeta (Etb 2, Settembre 2007)
-Servizio su Pablo Hernandez al Cadiz (Canal+, Febbraio 2007)
-Gran gol di Granero all' Aalborg (in Uefa)
-Alcuni gol di Llorente nella scorsa Segunda
-La carriera di Llorente (Canal +, Marzo 2007)
-Golazo di Negredo al Valladolid
-Alcuni gol di Negredo con Real Madrid Castilla ed Almeria

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sabato, febbraio 02, 2008

Il punto sul mercato invernale.

Non tantissimi gli affari. Molte squadre erano già più o meno a posto, qualcuna non aveva tanto denaro da spendere, ma credo abbia giocato a sfavore anche la poco comprensibile regola delle 5 presenze, regola che vieta i trasferimenti fra squadre di Primera dei giocatori che hanno già raggiunto per l’ appunto questa quota di presenze nel corso della stagione. Del Valencia i movimenti più significativi. Qui la tabella riassuntiva.

Almeria
Così così. Emery ha avuto il terzino sinistro di riserva che chiedeva la scorsa estate (il brasiliano Guilherme dal Vasco da Gama), un elemento di equilibro per il centrocampo come Iriney del Celta (che sostituisce Cabrera, ceduto all’ Alavés), ma l’ attacco rimane Negredo-dipendente. Natalio non ha avuto un impatto soddisfacente col calcio di Primera ed è partito per Cadice (una bellissima piazza), è arrivato in sua sostituzione Veljko Paunovic, giocatore con un’ esperienza di Liga estesissima, ma tutt’ altro che uno sfondareti, una seconda punta di movimento buona al massimo come rincalzo per il tridente.

Athletic Bilbao
Bruttissima tegola l’ infortunio fino a fine stagione occorso ad Iraizoz, una delle certezze della squadra. Acqisto molto d’ emergenza il 37enne Armando, svincolato dal Cadiz del quale è stato bandiera per anni.

Atlético Madrid
Qualcosa si poteva fare. La partenza, ben poco rimpianta in sé, di Maniche lascia il centrocampo ai soli Raul Garcia, Cléber Santana e Motta, e conoscendo la fragilità dell’ italo-brasiliano (e aggiungendovi pure l’ assenza per infortunio) rimane una mediana risicatissima (non a caso l’ altro giorno nella Copa si è visto Maxi in coppia con Cléber Santana). Anche nel disastro generalizzato della difesa si poteva inserire un nome di spessore al centro, ma forse è meglio rimandare alla prossima estate con più calma (pare già preso Ujfalusi, e mi va benone, mentre Heitinga, altra soluzione prospettata per l’ anno prossimo, mi convince poco).

Barcelona
Le vere scelte verranno compiute la prossima estate (già si parla di Ezequiel Garay e di Lahm, quest’ ultimo per risolvere il problema del terzino destro: giocatore che mi piace tantissimo, ma secondo me meglio a sinistra che a destra), si è provveduto soltanto a rimpiazzare l’ infortunato grave Jorquera con Pinto, portiere di notevoli riflessi prelevato dal Celta. Da tenere d’ occhio l’ esperienza di Marc Crosas in prestito al Lione.

Betis
Niente di niente, poteva servire un rincalzo per il Tanque Pavone.

Deportivo
Problemi irrisolti: certo Wilhelmsson (in assoluto non un mio pupillo, giocatore molto fumoso) eleva il tono di una fascia destra che non ha ancora trovato un padrone decente (Lafita bocciato, Juan Rodriguez poco adatto, Lotina si è trovato ad adattare mancini pieni come Riki e Guardado), ma l’ attacco rimane debolissimo, privo di uno stoccatore affidabile, per non parlare di un centrocampo dalle carenze drammatiche nel mezzo.
Saluta la compagnia Aythami (mai preso seriamente in considerazione da Lotina, che infortunatosi Lopo aveva preferito buttare nella mischia il canterano Piscu), in prestito allo Xerez, mantre è come un nuovo acquisto il ritorno all’ attività di un poeta del calcio come il Flaco Valerón, dopo un anno di terribili infortuni che ne avevano messo a rischio la carriera (ancora non completamente sicura).

Espanyol
Momento di flessione in Liga, reso ancor più delicato dall’ infortunio che terrà fuori fino a Marzo Tamudo. Assenza rimpiazzata con una vecchia conoscenza della Liga come Ewerthon, che non ha le prerogative di goleador di Tamudo ed è una seconda punta, ma rappresenta comunque un’ alternativa di qualità per l’ attacco.

Getafe
Gavilan sistema la rosa: Laudrup ha il suo esterno puro anche a sinistra. Nacho, trascuratissimo dal tecnico danese, va in prestito alla Real Sociedad.

Levante
Più che altro si è trattato di arginare la fuga: la società è in piena crisi finanziaria, non paga gli stipendi, e così molti giocatori hanno chiesto di tagliare la corda: da Storari, Cirillo e Riganò rientrati nel BelPaese (sì, come no), a Savio con la motivazione sotto i tacchi e prossimo forse al ritiro, a Viqueira sceso in Segunda nello Xerez., senza contare le beghe di Riga con la società, accusata dal ghanese-olandese di “schiavismo”.

Mallorca
Massì, uno Scaloni in più uno Scaloni in meno…

Murcia
Una delle squadre che aveva maggior bisogno di interventi. A centrocampo si cerca più qualità e consistenza con gli arrivi di Rosinei (che ha già esordito, pare discretamente, nella vergognosa sconfitta casalinga col Levante di domenica scorsa) e Kabous, centrocampista centrale marocchino messosi in evidenza in Coppa d’ Africa. Staremo a vedere, in ogni caso è mancato l’ acquisto di quella seconda punta rapida e abile nell’ uno contro uno che a mio avviso sarebbe servita per diversificare l’ azione offensiva. Il giovane mediano di scuola Sevilla Bruno, poco impiegato, va in prestito al Salamanca.

Osasuna
Nonostante il rendimento sia deludente, la rosa mi sembra completa. Un solo intervento, un cambio di figurine in mezzo al campo: via l’ acerbo Erice, in prestito al Malaga, dentro il navigatissimo Astudillo, affidabile centrocampista difensivo argentino, 30 anni e molte stagioni di onorevole militanza nell’ Alaves, già dai tempi della leggendaria finale di Uefa col Liverpool.

Racing
Non solo vive una stagione memorabile (sesto posto e qualificazione alle semifinali di Copa del Rey con un organico massimo da diciassettesimo posto), ma ha trovato pure modo di completare la rosa in maniera intelligente. L’ uruguagio Orteman, preso dai turchi del Büyüksehir (ma con un passato anche nel Boca e nei campioni di Libertadores 2002 dell’ Olimpia Asuncion) potrebbe essere il centrocampista di qualità che, a parte Jorge Lopez, mancava un po’, anche se a dire il vero molto mi pare più una mezzala da centrocampo a rombo più che un centrale per il 4-4-2 classico di Marcelino (alla fine potrebbe essere adattato sugli esterni). Il 18enne peruviano Ismodes, centrocampista offensivo di fascia, potrebbe rivelarsi un eccellente investimento, stando alle più che ottime referenze che lo accompagnano.
Pablo Alvarez, acquisto della prima ora (del mercato invernale), sta già disimpegnandosi con buon profitto.

Real Madrid
In teoria qualche buco nella rosa ci sarebbe pure (specie in tema di centrocampisti difensivi), ma l’ intenzione di ritoccare la squadra che stradomina il campionato era comprensibilmente assente.

Recreativo
La partnership consolidata col Villarreal ha portato il prestito di Marco Ruben, attaccante argentino sul quale il Submarino Amarillo ha investito la discreta cifra di 7 milioni di dollari. Risolverà l’ annoso problema offensivo?

Sevilla
Due operazioni in uscita: Hinkel al Celtic e soprattutto un grande uomo-squadra come Pep Martí, importante pedina del progetto del nuovo ambizioso (qualcuno dice fanfarone) presidente della Real Sociedad Iñaki Badiola (che ha anche preso in prestito il talentuosissimo Fran Mérida dall’ Arsenal, oltre a Morgado, altro Under 17, e al maiorchino Victor).

Valencia
Maduro l’ ultimo innesto: francamente non faccio i salti di gioia, sia perché il giocatore mi è parso sempre piuttosto sopravvalutato, sia perché tarpa inevitabilmente le ali a un gran prospetto come Sunny. Vedere poi impiegato un doble pivote Marchena-Maduro fa capire quanto male Koeman stia già utilizzando Banega.

Valladolid
Piccoli ritocchi: il fresco campione d’ Argentina con la maglia del Lanus Aguirre prende il posto del partente Estoyanoff (tornato in patria al Peñarol: peccato, perché i colpi li aveva, anche se molto estemporanei) come rincalzo di Sisi sulla destra del centrocampo; Manchev, esattamente come l’ anno scorso, arriva a rimpolpare l’ attacco. I giovani Álvaro Antón e Kike vanno a trovare minuti in prestito rispettivamente al Racing Ferrol e al Poli Ejido.

Villarreal
Marco Ruben (girato in prestito al Recre) e Felipe Manoel (18enne brasiliano acquistato per la cantera) sono investimenti per il futuro, il 28enne centrocampista uruguagio (con trascorsi in nazionale) Eguren, prelevato dagli svedesi dell’ Hammarby, rimpiazza invece Mavuba, in prestito al Lille per permettergli di conquistarsi la convocazione al prossimo Europeo. Nessun innesto in difesa, nonostante lo stato di emergenza in cui versa questo reparto (Fuentes fuori fino a fine stagione, come centrali rimangono solo Godin, Cygan e un Gonzalo Rodriguez appena rientrato da un lunghissimo stop): meglio pianificare con più calma la prossima estate, quando Caceres tornerà dal prestito al Recre.

Zaragoza
Cambi, estremamente significativi, soltanto in panchina. Più ombre che luci nel bilancio del grande ritorno di Victor Fernandez sulla panchina aragonese: anche la scorsa stagione, nonostante il buon sesto posto finale, la squadra aveva palesato discontinuità e squilibri tattici. Quest’ anno il calo di alcuni uomini-chiave come Diogo e Zapater e il venir meno dell’ entusiasmo per un progetto che ai suoi albori stuzzicava tantissimo hanno messo a nudo tutte le fragilità strutturali della squadra, spingendo la società alla scelta dolorosa ma inevitabile del licenziamento di Victor Fernandez, perché non è possibile che una squadra con attaccanti del calibro di Diego Milito, Ricardo Oliveira e Sergio Garcia faccia questa fatica a vincere le partite.
Dopo la parentesi di una settimana di Ander Garitano (dimessosi per motivi personali, qualcuno dice perché in contrasto con la società oppostasi alla sua richiesta di mettere fuori rosa D’ Alessandro: pare comunque vicina la cessione al San Lorenzo dell’ argentino, più piantagrane che campione), è arrivato un grande come Jabo Irureta, che ha mostrato subito chiarezza di vedute: in conferenza stampa ha affermato la priorità di dare anzitutto equilibrio a questa squadra. Ha le carte per affrontare la sfida: conoscenze, intelligenza, capacità di adattamento, flessibilità ma al tempo stesso rigore e autorevolezza (provateci voi a guidare quel Deportivo là, dove i giocatori ti mandavano a quel paese ogni due per tre).
Nell’ organico resta a mio avviso sensibile la mancanza di almeno un centrocampista esterno di ruolo.

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