venerdì, ottobre 30, 2009

Il miglior attacco nasce dalla difesa.


Cosa spinge Pep Guardiola a tagliare teste di difensori una dopo l’altra con impeto giacobino? Perché il pesante investimento su un talento come Cáceres viene liquidato dopo un anno con (discutibile) nonchalance? Perché bastano un paio di partite in pretemporada per bocciare Henrique e promuovere invece come rincalzo il canterano Fontas? Perché la bellezza di 25 milioni per Chigrinskiy? Preoccupazione per il rendimento difensivo di tutti questi giocatori? Non esattamente.

La persistente, maniacale ossessione di Guardiola è in realta il “primo passaggio”. Quando i difensori giocano la palla devono non solo essere assolutamente certi di non perderla, ma devono anche superare la prima linea del pressing avversario e far sì che centrocampisti e attaccanti ricevano palla fronte alla porta invece che retrocedere per chiederla spalle alla porta agevolando il piazzamento difensivo degli avversari.
La superiorità creata dagli Iniesta e dai Messi è quella più appariscente, ma è in realtà soltanto conseguenza di una superiorità costruita già dalla difesa.
Superiorità sia numerica che di palleggio. Superiorità che richiede quindi sia qualità dei singoli che flessibilità nella disposizione tattica.
Dal primo punto di vista, bisogna dire che la coppia ideale per Guardiola in assoluto sarebbe Márquez-Piqué. Il primo coincide quasi con l’idealtipo del difensore-primo regista: incedere regale palla al piede, sensibilità nel tocco, visione di gioco. Tuttavia un infortunio ha tenuto fuori il messicano in questo inizio di stagione, e così Puyol è rimasto una presenza fissa. Per Carles Guardiola fa un’eccezione: non è certamente il suo difensore ideale, ma l’esperienza, il carattere e lo straordinario mestiere difensivo continuano a farne una colonna, pur essendo già passati gli anni migliori della sua carriera.
Piqué dal canto suo si è affermato come il miglior difensore centrale di tutto il calcio spagnolo, senza mezzi termini. La mostruosa tranquillità con cui è arrivato a giocare si riflette anche nelle azioni palla al piede: cambia gioco in maniera millimetrica, porta palla come un centrocampista in più e qualche volta improvvisa perfino percussioni fino all’area avversaria nello stile di Lucio (vedi il gol al Belgio con la maglia della nazionale).
Chigrinskiy è stato un acquisto praticamente imposto alla società da Guardiola, il quale subito dopo la vittoria di Champions aveva posto due punti fermi per la stagione successiva: la partenza di Eto’o e l’arrivo proprio dell’ucraino. Giocatore che a quanto pare impressionò Guardiola nel doppio confronto con lo Shakhtar proprio per la facilità nel superare la prima linea avversaria al momento di impostare l’azione. Destro impiegato sul centro-sinistra, Chigrinskiy sta attraversando una fase d’adattamento: non sempre precisissimo nei lanci e nei disimpegni, con qualche svagatezza per sua fortuna senza conseguenze, si dimostra tuttavia a suo agio nel portare palla, con sangue freddo e discreta visione di gioco, ha sicuramente compreso più di quanto non avesse fatto Cáceres il contesto di gioco della sua nuova squadra.

Il Barça guadagna metri nella metacampo avversaria sfruttando la qualità tecnica dei propri difensori ma anche ritagliandosi sempre uno sbocco per impostare attraverso i movimenti senza palla. Ciò ha comportato una notevole flessibilità all’interno del 4-3-3 di base. Il Barça attuale ha sviluppato molte più varianti rispetto al Barça di un anno fa, modificando di volta in volta, di partita in partita e anche all’interno degli stessi 90 minuti, la disposizione sul campo in base alla tattica avversaria e alle caratteristiche dei propri giocatori.

Quando l’avversario in fase di non possesso difende con un attacco 1+1 (cioè una punta più avanzata e un’altra arretrata che aiuta più il centrocampo), i due centrali blaugrana si allargano per aggirare la pressione: in superiorità rispetto all’unica punta avversaria, Piquè/Márquez sul centro-destra e Puyol/Chigrinskiy sul centro-sinistra possono a turno portare palla indisturbati oltrepassando la metacampo.
Una volta superata la metacampo, scatta per la squadra avversaria il problema di prendere la marcatura di questo giocatore che avanza palla al piede: siccome il Barça gioca con tre centrocampisti centrali e l’avversario normalmente si dispone in fase di non possesso con due centrocampisti centrali (a zona su Xavi e Iniesta) e un trequartista (nella zona di Touré o Busquets), uno di questi tre giocatori avversari è costretto a uscire dalla propria zona per attaccare il Piqué di turno (non può farlo infatti l’esterno che nel frattempo segue l’avanzata di Alves o Abidal), lasciando così lo spazio ad Iniesta, Xavi o anche Messi per ricevere palla fronte alla porta e spesso in una posizione già molto avanzata fra le linee.
Questa partecipazione così spiccata dei difensori blaugrana alla costruzione dell’azione (raramente riscontrata in questa misura, non solo in tutte le altre squadre, ma anche nei Barça precedenti, pure ultra-offensivi anch’essi) innesca il disordine nello schieramento avversario e la possibilità di costruire giocate fra le linee micidiali.

Da quest’anno però la novità più interessante è il comportamento del Barça quando gli avversari si schierano in fase di non possesso con due attaccanti sulla stessa linea che cercano di pressare i centrali blaugrana. In questo caso non solo i due centrali si allargano, ma il vertice basso del centrocampo (Touré o Busquets) si abbassa sulla linea dei difensori, iniziando l’azione e disegnando una difesa a tre, nel mentre che i due terzini del Barça alzano tantissimo la loro posizione aggiungendosi al centrocampo (nel grafico sono indicati con le X i giocatori avversari, mentre i punti interrogativi gialli ? sono i punti sguarniti nel sistema difensivo avversario creati dai movimenti dei difensori, segnalati con le frecce verticali).
Touré o Busquets si aggiungono alla difesa ad inizio azione, garantiscono la possibilità ai due centrali di allargarsi e avanzare palla al piede aggirando il pressing avversario, infine tornano a centrocampo col proseguimento dell’azione. È veramente interessante vedere come il Barça passi con facilità da una disposizione all’altra nel corso della partita a seconda delle situazioni, quasi dimostrando di avere predisposto una soluzione ad ogni problema.
Più frequente vedere questa soluzione “a tre” quando in campo c’è Maxwell, più disposto ad alzare la propria posizione all’altezza del centrocampo rispetto ad Abidal, maggiormente portato invece a restare come terzo difensore sulla sinistra. Da notare inoltre ancora una volta il cambiamento di Alves rispetto ai tempi del Sevilla: lì era lui a portare sempre palla, qui invece il peso del brasiliano all’inizio dell’azione è praticamente pari allo zero. Suo compito è intervenire solo successivamente nella manovra, per allargare il campo, conquistare il fondo e mettere cross.


Va premesso comunque che questo sistema della difesa a tre flessibile può funzionare soltanto se, come logico, i movimenti volti a creare superiorità della difesa trovano un accompagnamento e un seguito adeguato nei movimenti di centrocampisti e difensori. Così si spiega la differenza fra le molte partite sonnacchiose e al risparmio di quest’inizio stagione e lo show di domenica scorsa contro il Zaragoza, dove Busquets faceva contemporaneamente il difensore e il centrocampista, Keita la mezzala e l’ala, Iniesta l’ala e il trequartista, e Ibrahimovic disputava una gara favolosa su tutto il fronte d’attacco. Se non ci sono i movimenti senza palla negli altri reparti, hai voglia a sbizzarrirti coi difensori, la manovra rimarrà sempre orizzontale: non esiste e non esisterà mai una formuletta magica che, di per sé, ti garantisca il successo.


SEZIONE VIDEO

Data l’incompetenza del sottoscritto nella produzione di video, mi affido all’eccellente contributo di un altro blogger per illustrare i movimenti descritti nell’articolo: Matías Manna, argentino appassionato di Guardiola e del modello di gioco blaugrana, autore del blog “Paradigma Guardiola”, mi concede gentilmente la pubblicazione di due video che si concentrano proprio sulla fase di inizio dell’azione blaugrana.



Il primo video si riferisce proprio al Barça-Zaragoza di domenica scorsa (difesa blaugrana da destra a sinistra: Puyol-Piqué-Chigrinskiy-Maxwell): video breve ma significativo. Si nota chiaramente la disposizione a tre e si coglie anche la situazione di superiorità che questa crea.
Il Zaragoza in fase di non possesso sta difendendo con due attaccanti sulla stessa linea, Arizmendi e Ander Herrera: il campo però si fa per loro “troppo largo”. Fermate il video a 0:29: Piqué prende palla, è libero, l’esterno sinistro del Zaragoza (Jorge López) deve tenere d’occhio Puyol e così è il centrale sinistro del centrocampo ospite (Aguilar) a farsi attrarre da Piqué. Il resto lo fa la qualità tecnica che permette a Piqué di verticalizzare su Xavi. Questi riceve fronte alla porta e può scegliere la migliore opzione: l’azione è già in discesa. Nell’azione se vogliamo c’è un piccolo errore di Aguilar, ma è un meccanismo consueto nelle partite del Barça.



Il secondo video invece è tratto dalla passata stagione, nello specifico dalle partite casalinghe di Champions contro Lione e Bayern Monaco e di Liga contro il Sevilla.
In tutte queste partite il Barça gioca con Márquez centrale destro e Piqué centrale sinistro. Gli avversari invece si dispongono in fase di non possesso con un solo attaccante e un trequartista alle spalle. Nel video sono evidenti la grande qualità di Márquez e Piqué nel muovere il pallone, sia in verticale che da un lato all’altro del campo, e creare situazioni di superiorità.

Solo alcune fra le tante:
0:14. Piqué supera Benzema, attira un centrocampista (0:17), si smarca Iniesta.
0:37. C’è solo Benzema nell’attacco, Piqué avanza facilmente oltre la metacampo, il Barça guadagna metri e schiaccia l’avversario ai limiti della propria area.
1: 47. L’avanzata di Piqué sul centro sinistra oltre la metacampo crea superiorità, il Lione viene attratto tutto da quel lato. Cambio di gioco e uno contro uno subito a disposizione sulla fascia opposta.
3: 32. Avanza Piqué, Iniesta si libera tra le linee.

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giovedì, ottobre 29, 2009

La classe non è acqua.

"Marca", 28 ottobre



"Marca", 29 ottobre

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martedì, ottobre 27, 2009

Auguri Quique, auguri di cuore!

Il professorino alla prova del Patético: questo il succo dell’operazione che ha portato all’approdo di Quique Sánchez Flores sulla panchina del club più sgangherato, paradossale e tragicomico della Liga. Se ne vedranno delle belle, e non perché improvvisamente il Vicente Calderón comincerà a gustarsi triangolazioni di rabona, ma perché stuzzicante si annuncia l’incontro fra uno dei tecnici più rigidi del calcio spagnolo, uno che aspira ad inquadrare e tenere sotto controllo tutto, e una realtà dove l’imponderabile rappresenta invece la regola.

Intanto apprezziamo il coraggio di Quique, visto che persino le premesse del suo ingaggio fanno capire quanto le idee siano poco chiare in seno alla dirigenza dell’Atlético: dopo l’ennesima disfatta, a Stamford Bridge, già dopo la partita García Pitarch contattava al telefono Michael Laudrup, il quale declinava saggiamente l’offerta una volta constatata l’assenza dei margini minimi di serietà (ovvero, contratto solo per sei mesi, nessun progetto a lungo termine, perché come dice anche il presidente Cerezo “nel calcio esiste solo l’attualità dei risultati”… viva la sincerità…); quindi dopo Laudrup toccava a Spalletti, che però si dichiarava disposto ad accettare soltanto per una cifra superiore a quella offertagli dallo Zenit con il quale avrebbe un precontratto; infine, soltanto infine, ecco il nostro Quique. Tanto per sottolineare la coerenza fra gli stili di gioco di allenatori avvicendatisi sui titoli dei giornali nel giro di poche ore…

La drammatica carenza di pianificazione l’aveva scontata anche Abel, colpevole ma certo non in esclusiva nel fallimento sulla panchina del club della sua vita: va riconosciuta la signorilità del tecnico di Toledo nell’aver evitato polemiche aperte col direttore sportivo García Pitarch per la sciagurata campagna acquisti estiva, condizionata certo dalla situazione disastrosa di bilancio ma anche da libere scelte di puro autolesionismo: tralasciando l’eterna questione del regista tanto desiderato da Abel, la cessione di Heitinga l’ultimo giorno di mercato, senza tempo per cercare un rimpiazzo e lasciando una difesa a corto di effettivi oltre che relativamente debole nelle individualità, parla da sola.

Chi segue questo blog conosce il rapporto travagliato fra il sottoscritto e Quique Sánchez Flores, ma posso dire che pur preannunciandosi assai difficile il compito (e per qualunque tecnico del mondo lo sarebbe), Quique potrebbe fare al caso dell’Atlético. Se al Valencia dato il potenziale gli rimproveravo la rigidità e l’incapacità di osare, all’Atlético invece serve prima di tutto ordine, elaborare uno spartito all’interno del quale potersi muovere e sentirsi comodo. Quique è un allenatore spiccatamente tattico, e la sua ossessione per le distanze fra i reparti e il mantenimento della porta inviolata servono come il pane a una squadra che negli ultimi tre anni, da Aguirre a Resino, ha sempre fatto una tremenda fatica a muoversi come un tutt’uno nelle due fasi, vanificando soprattutto sul versante difensivo quei gol che il duo Agüero e Forlán riusciva pure a estrarre da una manovra prossima al nulla.

Proprio l’attacco esplosivo (ora nemmeno più tanto, visto che ultimamente anche il Kun e Forlán hanno finito col farsi trascinare nella depressione generale), allargato ai contributi di Simão all’ala e alle incursioni di Maxi Rodríguez, ha rappresentato al tempo stesso il punto di forza e l’inizio dei problemi che hanno colpito i colchoneros.
In non pochi momenti l’Atlético si è trovato con di fatto quattro attaccanti separati dal resto della squadra. Questo ha compromesso il proposito di Abel di giocare con la difesa altissima come al Levante e al Castellón: a palla scoperta, senza pressing dell’attacco (Kun soprattutto non ci sente da quell’orecchio), con un centrocampo in inferiorità e facile da saltare, la difesa si è trovata esposta ad ogni verticalizzazione avversaria, e il resto lo hanno fatto i macroscopici errori individuali dei vari Pablo, Perea e Juanito. Compresi quelli sui calci piazzati, da anni una croce di questa squadra.
Il centrocampo sguarnito toglie anche appoggi e opzioni di passaggio in fase di costruzione del gioco: Abel non aveva visto male a togliere Maxi (col quale peraltro si trovava ai ferri corti) dall’undici titolare, vista la presenza sempre più impalpabile nello sviluppo della manovra dell’argentino, giocatore quasi esclusivamente limitato agli inserimenti in area avversaria. Cléber Santana finto esterno destro consentiva un uomo in più nel mezzo e maggiori possibilità di fraseggio, oltre a maggior libertà per Jurado.

L’ex madridista rappresenta un caso a parte: rimasto a disposizione di Abel in estate nonostante la volontà di cederlo espressa dalla società, ha finito col diventare un pezzo unico nella rosa. È l’unico vero creativo del centrocampo, l’unico capace di superare la seconda linea avversaria e uscire dalla perenne orizzontalità degli Assunção e Raúl García, e si è trovato ad assumere una condizione di semi-indispensabilità che va forse oltre le sue reali possibilità. Proprio per ritagliargli uno spazio Abel aveva architettato il modulo con Cléber finto esterno destro nella partita di Oporto, un 4-5-1/4-4-2 in cui Forlán si svuotava i polmoni fra la fascia destra e il supporto al Kun. Ma, chiamato alla grande prova, Jurado ha confermato ancora una volta i limiti di personalità, ed è un peccato per uno dei centrocampisti più tecnici del panorama spagnolo.
Questo ibrido fra 4-5-1 e 4-4-2 teoricamente è il modulo che meglio bilancia le qualità dei giocatori presenti in rosa: non rinunci all’irrinunciabile duo d’attacco e a Simão, ma al tempo stesso ti assicuri l’uomo in più in zona centrale in mediana e anche Jurado nel cuore del gioco e non esiliato a destra. Partire dal sacrificio di Maxi sembrava la strada migliore anche per Abel, ma si era già in avanzato stato di decomposizione.

La priorità, dopo il lavoro psicologico (perché l’Atlético attuale è una squadra a pezzi prima di tutto dal punto di vista del morale) sarà quella di costruire una fase difensiva solida. Niente più chimere come la difesa alta o il fuorigioco sistematico: tendenzialmente Quique preferisce schierare la propria squadra in una fetta di terreno che va dalla propria trequarti, dove si attesta la linea difensiva (più vicina all’area di rigore che alla linea di metacampo), al cerchio di centrocampo, dove dovrebbero iniziare il pressing i due attaccanti.
Cercare di raccogliere in pochi metri la squadra, lavorando sulle distanze e le coperture, richiederà un’applicazione maggiore agli attaccanti di quella dimostrata finora (eccetto Forlán), mentre il fatto di giocare più coperti e con meno metri da percorrere alle loro spalle potrebbe limitare gli errori di difensori lenti e imprecisi come Pablo e Juanito.
Una volta recuperata la palla, si punterà quasi tutto sul contropiede: caratteristica che limitava all’epoca il Valencia di Quique e che a maggior ragione dovremmo vedere in una squadra come l’Atlético che deve prima di tutto ricostruire le fondamenta difensive e che non possiede nemmeno tutti i giocatori adatti per praticare un calcio d’iniziativa. Quasi certamente continueremo a vedere un Atlético con difficoltà atroci in casa contro squadre piccole con la difesa schierata.

Il modulo preferito di Quique è il 4-4-2, e c’è curiosità per quelle che saranno le sue scelte, soprattutto a centrocampo. Jurado sì o no? In quale posizione? Cléber Santana o Raúl García? Maxi verrà rilanciato?
In difesa la rosa offre pochissime possibilità: il più dignitoso dei centrali è Ujfalusi, e la tentazione sarebbe quella di scavalcare in un colpo solo Pablo, Perea e Juanito e giocarsela col canterano Domínguez o anche con l’altro giovane, l’uruguaiano Cabrera (che Abel aveva prematuramente bocciato dopo averlo impiegato in pretemporada da terzino sinistro con cattivi esiti).
Il vero disastro però sono i terzini: a sinistra con Pernía infortunato c’è solo Antonio López (e non ha affatto convinto l’adattamento a questa posizione di Domínguez: mancano il passo e i movimenti dell’uomo di fascia), mentre a destra l’unico di ruolo, Valera, vale al massimo come rincalzo; il pessimo posizionamento di Perea fa meno danni sulla fascia che al centro però manca qualità per supportare l’azione; Ujfalusi è anche qui il più affidabile, per senso tattico e tempi di sovrapposizione, ma utilizzarlo sulla fascia sguarnisce il centro.
L’ultima incognita è quella che incuriosisce di più, ovvero Reyes, il Grande Fannullone del calcio spagnolo. Apertamente contestato dal suo pubblico alla prima giornata (“Reyes cabrón, vete del Calderón”… almeno lui la prendeva a ridere), ora trova un tecnico che certamente non gli è indifferente: Quique lo ha già avuto al Benfica, parla di lui come di un giocatore speciale ma sottolinea come in Portogallo abbia offerto un rendimento inferiore a quello che gli chiedeva… potrebbe essere un’ulteriore opportunità di rilancio fra le anche troppe che il calcio ha già offerto all’andaluso.

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BLOG RIAPERTO.

Rieccomi qua. Alla fine ho deciso di non abbandonare: mi hanno convinto la passione di chi legge e commenta questo blog, che non finirò mai di ringraziare per la stima e l'affetto dimostratomi, e la mia passione: anche se da sole le versioni ipervitaminizzate di Rangers e Celtic Glasgow non bastano per fare un grande campionato, anche se la Liga a livello europeo fatica a riguadagnare terreno, noi restiamo qui a raccontarla.

Il blog torna ma cambia la formula: non ci saranno più i resoconti sistematici delle partite della giornata, non ci saranno più tabellini, pagelle, classifiche e "altre partite". Il problema era che questi post mi inchiodavano troppo all'attualità, portando via troppo tempo anche per cose non proprio appaganti come le trascrizioni dei risultati.
Naturalmente non smetterò di commentare le partite, ma si tratterà di commenti al volo, tendenzialmente più brevi. Perderete qualche informazione (come detto, non ci saranno nè tabellini nè pagelle), ma guadagnerete in tempestività: senza la necessità di dover preparare un post più lungo potrò scrivere delle partite poco dopo che si saranno concluse.
Al resto penso di poter sopperire con maggiori approfondimenti durante la settimana: facendo un esempio, nel commentare una partita potrei tenervi all'oscuro del giocatore Tizio che ha fatto una bella partita e del perchè abbia giocato una bella partita, però in un paio di settimane potreste trovare un post approfondito tutto dedicato a Tizio.
Cercherò di incrementare perciò gli articoli di approfondimento dedicati a squadre e singoli giocatori: questo mi permette di svincolarmi dalla stretta attualità senza allontanarmene troppo, e al tempo stesso di organizzare il lavoro più liberamente.
La forma sarà più libera ma il contenuto resterà lo stesso: approfondimenti sul calcio spagnolo, cercare di spiegare le cose che vedo in campo nei limiti delle mie conoscenze (che non sono quelle di un allenatore). Il gioco prima di tutto.
Oltre ai contenuti soliti un paio di sorprese caratterizzeranno questo nuovo corso del blog...

Insomma, ci vuole una mente bella contorta per amare un calcio dove il tiro da centrocampo risulta un'opzione più accettata del tiro dentro l'area di rigore, e modestamente penso di essere all'altezza...


Da metacampo!
Nayim
Seedorf
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Roger 1
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Villa
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