sabato, marzo 06, 2010

Fai sul serio, José Antonio?

Non è uno scherzo, ma un fatto. José Antonio Reyes il fannullone, José Antonio Reyes l’eterno incompiuto è in questo momento il giocatore più in forma di tutta la Primera División. La prestazione di domenica scorsa contro il Valencia è solo il punto esclamativo di un crescendo costante da quando Quique Sánchez Flores è approdato sulla panchina colchonera.

Reyes aveva inizato la stagione ai minimi storici: la società cerca di sbolognarlo a qualunque costo in estate, senza però trovare interlocutori; Abel Resino non lo considera mai seriamente (Reyes dice di essersi sentito tradito da un tecnico che invece aveva promesso di aiutarlo, e con un opportunismo inversamente proporzionale al buon gusto dichiara subito dopo l’esonero di Abel di sentirsi “ l’uomo più felice del mondo”); i tifosi lo vedono come il fumo negli occhi: mentre si scalda a bordocampo, nella prima partita casalinga del campionato, parte un inequivocabile “Reyes cabrón vete del Calderón” al quale il diretto destinatario risponde con una bella risata.
È anche questo che ha sempre spiazzato del giocatore: vederlo rispondere in questo modo, o anche vederlo scherzare platealmente in campo con gli ex compagni madridisti due anni fa, subentrando in un derby che più lugubre non poteva essere per l’Atlético (tanto per cambiare), può far imbestialire il tifoso che ci vede una mancanza di determinazione e di serietà, ma può anche leggersi secondo la filosofia di un ragazzo che questa roba qua l’ha sempre interpretata come un gioco, non una guerra.
Un ragazzo il cui pregio e limite è sempre stata l’emotività, base dell’ispirazione che è il fattore decisivo nel suo calcio. Quique lo ha saputo prendere per il verso giusto, e il risultato è ora che Reyes immagina e osa sempre di più ad ogni partita, e soprattutto mette in pratica quello che immagina. E sono ovazioni dal Vicente Calderón.

Quique lo ha inquadrato in una posizione di esterno destro che ne esalta l’anima creativa senza ingabbiarlo. Per quanto sia il ruolo in cui ha giocato praticamente tutta la carriera, è difficile considerarlo un esterno puro, tantomeno un’ala. Rimane nel suo gioco qualcosa della seconda punta, il ruolo in cui esordì al Sevilla, quello che a mio parere ne potrebbe valorizzare al meglio il potenziale, pur essendo tutti i suoi allenatori di avviso contrario. Fu Joaquín Caparrós a convertirlo definitivamente in esterno sinistro, con una motivazione difficile da attaccare: “se te ne dribbli quattro o cinque al centro, immaginati quello che puoi combinare con un solo avversario”. Un solo avversario, e con molte più probabilità di prendere palla fronte alla porta.
Tuttavia, Reyes non sente come altri giocatori di ruolo l’azione lungo la linea del fallo laterale e la ricerca del fondo. A lui, se possibile, piace svariare un po’ di più. Fintare sui due lati (cosa più facile partendo in posizione accentrata, per l’appunto da seconda punta) e rientrare sul sinistro per rifinire o tirare in porta. Partendo da destra (dove aveva iniziato a schierarlo Capello già nel 2006-2007 madridista, stagione-summa delle inclinazioni del giocatore: 99% delle gare senza combinare nulla di nulla, e poi nell’ultima col Mallorca entra e vince da solo partita e campionato…) può sentire maggiormente questa libertà rispetto alla fascia sinistra, e lo stesso gioco di rimessa dell’Atlético gli dà campo per spaziare e assumere di fatto la guida delle transizioni offensive biancorosse.
Le qualità tecniche poi, le diamo per scontate: è evidente che un Reyes al massimo nel suo ruolo ha pochi confronti, per l’esplosività, la coordinazione dei movimenti e il fantastico controllo di palla in corsa. Più estroso di Jesús Navas (che però lo supera nettamente per completezza tattica e regolarità di rendimento), un’altra dimensione rispetto a Pablo Hernández, molto più rapido di Riera, infinitamente più “giocatore” di Diego Capel. Nessuno degli esterni sperimentati finora da Del Bosque costituirebbe un ostacolo insormontabile per un Reyes che davvero si mettesse in testa di essere il migliore. Pur non rientrando fra le priorità della nazionale, è giusto che Vicente lo tenga d’occhio da qui a giugno, ma tenendolo sulla corda fino all’ultimo, perché solo così avremmo un Reyes motivato e quindi ispirato.

A dire il vero, un esterno spagnolo che regge il confronto con Reyes sul piano tecnico ci sarebbe, ed è Joaquín. Da sponde nemiche (Sevilla-Betis), i due hanno percorso in comune una traiettoria che in maniera sin troppo pedante li ha portati ad avvalorare lo stereotipo del talento andaluso dedito all’arte per l’arte e riluttante alle faccende di tutti i giorni (nel caso di Reyes poi, gitano d’origine, razione doppia di stereotipi). È come se, fra le generazioni vincenti dei Xavi e Casillas da un lato, e dei Sergio Ramos e Iniesta dall’altro (Iniesta in realtà è coetaneo di Reyes, ma ha trovato spazio più tardi ai massimi livelli), una generazione altrettanto talentuosa, quella dei Reyes, Joaquín e Vicente, fosse, pure per motivi diversi, andata completamente persa. Recuperarne almeno uno alla causa sarebbe un guadagno enorme.

Etichette: ,

2 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Bellissimo post Valentino, soprattutto la parte finale. Da simpatizzante del Valencia, poi, trovo davvero un peccato che due talenti puri come Vicente e Joaquin (in particolare il primo, che se non è mai del tutto esploso non lo ha fatto certo per sue colpe) non siano riusciti a dimostrare tutto ciò che le loro potenzialità facevano auspicare. Aspetto ovviamente un tuo post sul sorpasso del Real.
Tommaso.

12:55 AM  
Anonymous Hincha Madridista said...

Ottima analisi come al solito, Reyes è un giocatore che a me è sempre piaciuto molto ma che purtroppo tende ad alienarsi le simpatie di pubblico e allenatori per un'indolenza terribile (che tanto mi ricorda Guti, anche se ha qualità tecniche superiori al madridista). Forse in una squadra come l'Atletico potrebbe anche risollevarsi come sta facendo in questa parte di stagione e diventare un giocatore importante anche magari in previsione Mondiale, i mezzi ci sarebbero tutti. In effetti stupisce come tra i 30enni della nazionale e i 25enni o under25 ci sia un buco generazionale di troppi talenti bruciati (quanti ragazzi anche della cantera madridista sono scomparasi pur essendo molto promettenti?).

3:23 PM  

Posta un commento

<< Home