mercoledì, dicembre 22, 2010

Il miglior Valencia di quest'anno...

…vale soltanto uno 0-0, e il ritorno al Madrigal sarà durissimo, però le cose vanno dette: il derby della Comunitat lo ha dominato dall’inizio alla fine la squadra sulla carta inferiore, e il risultato avrebbe dovuto essere ben diverso (soprattutto considerando il palo di Mata e l’occasione sciupata da Pablo Hernández a tu per tu col portiere Juan Carlos). Il dato puramente quantitativo del possesso-palla di per sé non dice niente, però che in una partita il Villarreal riesca a farne meno dell’avversario (escludendo il Barça) dice invece parecchio. Il Submarino non ci ha capito granché di questa partita, e Emery l’ha incartato per bene a partire dalla sua formazione apparentemente assurda.
Quando prima dell’inizio ho visto i cinque difensori (ripetendo pari pari l’assetto proposto nella partita di campionato in casa del Villarreal) e la coppia Albelda-Maduro in mezzo al campo i pruriti omicidi sono stati una conseguenza inevitabile, ma son bastati cinque minuti per vedere come non si trattasse di una mossa per limitare i danni, ma per affrontare entrambe le fasi in condizioni di superiorità. Il grado di controllo raggiunto nella partita di ieri ha sorpreso chi era abituato al Valencia né carne né pesce di questi tre anni.
Partiamo dal fatto che i difensori centrali del Valencia (ieri Stankevicius-Dealbert-Ricardo Costa, da destra verso sinistra) non sono proprio delle cime in fatto di letture tattiche, nell’anticipo, nella copertura e anche nella marcatura, e quindi notiamo banalmente che se uno di questi centrali sbaglia averne uno in più di scorta pronto a rimediare aumenta la sensazione di sicurezza; a questa premessa aggiungiamo che il piano di Emery è risultato perfetto nel togliere i suoi punti di riferimento classici, che conosciamo sino alla noia. Superiorità nel mezzo coi due falsi esterni Cani e Cazorla che stringono centralmente per appoggiare i centrali Bruno e Borja Valero (Senna entra a inizio ripresa al posto di Cani, ma poi deve uscire per infortunio), e fasce occupate a sorpresa dalle sovrapposizioni dei terzini o dagli spostamenti degli attaccanti. Ma il Villarreal ieri non ha mai potuto proporre con continuità questi movimenti, e anzi Rossi e Nilmar son risultati piuttosto isolati dal resto della squadra.
Infatti, Miguel e Mathieu (spaventoso il dispendio atletico di quest’ultimo) seguivano in maniera assai aggressiva Cazorla e Cani, senza aprire varchi centralmente o alle loro spalle, perché la presenza di tre difensori centrali evitava la parità numerica con Rossi e Nilmar e consentiva pronti spostamenti laterali. Il Villarreal non può disegnare quel quadrato con cui di solito mette in mezzo il centrocampo avversario, e il Valencia non solo si dimostra reattivo, ma anche propositivo.
Andando oltre le impressioni superficiali, a volte cinque difensori possono risultare un vantaggio anche in chiave offensiva. Il Valencia non ha una circolazione di palla particolarmente brillante, ma sicuramente più sciolta. Per i tre difensori centrali è più facile allargarsi ed evitare il possibile pressing dei due attaccanti del Villarreal, poi ci sono più linee di passaggio.
Miguel e Mathieu partono molto alti, fanno tutta la fascia e così permettono a Mata e Pablo Hernández di venire più in mezzo e risultare più imprevedibili. Anche in questo caso, a volte un trequartista in meno può far funzionare meglio la trequarti. Visto il rendimento offerto finora dal Chori Domínguez con la maglia del Valencia, non è un grosso rimpianto non disporre di un essere umano che stazioni in quella zona e magari rubi spazio a Mata per i suoi tagli. Mata che risulta molto pericoloso smarcandosi fra le linee o andando a braccare i palloni alle spalle dell’unica punta (il combattivo Aduriz, poi sostituito da Soldado nella ripresa), e anche Pablo gode di una certa libertà. Il Valencia fa tutto quello che deve essere fatto (non convincono le risposte di Garrido coi cambi), ma gli manca il gol, e così perde anche un po’ di brio nel finale, affidandosi maggiormente alle iniziative individuali di Joaquín (ispiratissimo questa stagione), subentrato a Pablo H.
Bella partita, ma vale il discorso di sempre: al di là dei rimedi una tantum, il problema è trovare un Valencia che sappia imporre una volta per tutte un suo stile di gioco, magari costringendo gli altri ad adeguarvisi.

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domenica, dicembre 05, 2010

Il centrocampo è roba di Messi.

Tralasciando la pagliacciata che ha preceduto la gara (dilettante la società Barcelona, che poteva prendere l’aereo il giorno prima come tutti gli altri invece di pretendere il rinvio, incommentabile la RFEF, che fino al primo pomeriggio assicurava il Barça che la partita sarebbe stata spostata; inflessibile l’Osasuna, che rinviando a domenica temeva di non poter recuperare in tempo per il suo impegno infrasettimanale di Champions), che rivela per l’ennesima volta lo spessore organizzativo del calcio dei campioni del mondo, al Reyno de Navarra si è visto quello che avrebbe dovuto fare il Real Madrid e che invece non ha nemmeno provato. Pressing. Sui difensori del Barça. Sui primi passaggi.

Camacho ci ha provato riproponendo l’assetto già visto sul campo dell’Athletic, 4-2-3-1 ma senza punte di ruolo, simile alla Roma di Spalletti ma a partire da una concezione ostruzionistica (per quanto non rinunciataria). Già alla Catedral i navarri avevano tenuto testa fino al gol allo scadere di Gurpegi, negando all’Athletic quel calcio un po’ più elaborato che avevamo elogiato un paio di settimane fa.
Stavolta cambia la disposizione delle pedine: Soriano, che di ruolo sarebbe un mediano, continua a fare la seconda punta come praticamente in tutta la stagione, ma Camuñas e Masoud invertono le posizioni rispetto all’uscita precedente: il primo è il “centravanti”, l’iraniano parte a sinistra. Inamovibile Juanfran sulla destra invece.
Un gran lavoro quello dell’Osasuna nelle prime battute, per disciplina tattica e intensità: Soriano, Camuñas e l’esterno della fascia più vicina chiudono le linee di passaggio alla difesa a tre con cui il Barça inizia l’azione (su Alves, che parte più alto, scala invece Monreal, terzino sinistro rojillo), e per i blaugrana con i primi passaggi sporcati diventa difficile trovare il filo che li può portare ad avanzare in blocco per poi difendersi stabilmente nella metacampo avversaria. Il pregio dello schieramento dell’Osasuna sta anche nella densità di linee di passaggio, con tanti centrocampisti di natura, e la totale libertà di sorprendere che hanno i due falsi attaccanti e i due esterni incrociando. D’altro canto però, manca mordente: Soriano conclude con un debole pallonetto un regalo di Valdés, e l’altra possibilità interessante è un rigore reclamato da Juanfran (non clamoroso, ma si poteva anche dare). Troppo poco per una squadra che incontestabilmente sta facendo la partita, sempre vicina all’area avversaria.
Il Barça in confusione mostra però capacità di risposta. Una partita come questa, sofferta, testimonia se possibile ancora di più il gran momento di forma blaugrana rispetto alla goleada abnorme epocale ma comunque in discesa del Clásico. Questa squadra, senza scadere nella supponenza, sa sempre che arriverà il suo momento.
La svolta si ha con un cambio tattico in corsa: Pedro passa a sinistra, Villa teoricamente a destra ma molto accentrato (come nella partita casalinga col Sevilla). Così facendo, Pedro va uno contro uno con Nelson, ma al tempo stesso Villa tiene occupati i due centrali. Questo facilita la circolazione di palla, perché Nelson occupato da Pedro è più distante da Juanfran (che sale a pressare su Abidal quando il Barça fa girare palla da quel lato), e i centrali occupati da Villa hanno più difficoltà a raddoppiare su Messi. Ciò mette in pericolo la superiorità manifestata a inizio partita dal doble pivote dell’Osasuna Puñal-Nekounam. Nello spazio fra Nelson e Juanfran si allarga intelligentemente Iniesta, mentre alle spalle del doble pivote sbuca Messi. Un Messi ancora una volta più centrocampista che attaccante, e ancora una volta decisivo. Il Barça pian piano si impadronisce del centrocampo, e proprio l’argentino serve l’assist del vantaggio a Pedro. Nella ripresa invece, con l’Osasuna costretto a un’altra partita (e infatti entrano attaccanti di ruolo: Pandiani e Lekić, i due disponibili in assenza di Aranda), Messi detta la profondità come un centravanti puro e chiude la gara, col rigore del 3-0 che è solo una formalità per la classifica cannonieri.

Il Real Madrid si riprende ma non è ancora guarito del tutto. Una brutta partita, equilibrata (ma più verso il basso che verso l’alto), e nel quale la stessa formazione di Mourinho denuncia i postumi del Clásico: il tecnico portoghese in conferenza stampa ammette che l’inserimento del terzo centrocampista centrale, Lass, invece di Benzema (che sarebbe l’unico sostituto in rosa per l’infortunato Higuaín: una brutta bocciatura per il francese, c’è poco da dire), era dettato più dall’esigenza di evitare qualunque rischio difensivo che altro, perché la sua squadra non sarebbe stata dell’animo giusto per rimontare in caso di vantaggio del Valencia.
E quindi trivote Khedira-Xabi-Lass, una barriera nutrita in caso di perdita del pallone, con Cristiano Ronaldo, Özil e Di María a scambiarsi le posizioni davanti. Il problema però è che i continui interscambi degli attaccanti, la prerogativa del miglior Madrid visto finora, non poggiano su una sufficiente profondità. Arbeloa (terzino destro al posto dello squalificato Ramos, Albiol invece rimpiazza Carvalho) sale più del solito contando sulla barriera del trivote, ma è più un ronzio di moscerini che altro.
Unai Emery dall’altra sa di avere una squadra dall’identità e dal gioco incerti, e nei big-match recenti ha optato perciò per adattamenti sempre più difensivi: il 4-5-1 al Camp Nou, la difesa a 5 sul campo del Villarreal, e ieri un 4-2-3-1 bloccatissimo, col doble pivote Albelda-Maduro più che mai rigido, Tino Costa trequartista e i due esterni Joaquín e Mata che spesso rappresentano l’unico supporto per Soldado. Non una cosa calcisticamente così evoluta, ma mette in difficoltà il Madrid, se non altro per accumulazione di uomini. Perché l’assenza di profondità merengue impedisce di premere sulla difesa valenciana, allontanarla un po’dal centrocampo e generare quindi gli spazi ideali per le incursioni dalla linea dei trequartisti. Questo lavoro lo stava facendo Higuaín prima dell’infortunio (che per quanto riguarda l’apporto al gioco collettivo aveva messo la testa a posto), e attende un surrogato. Visto ieri, il Madrid ha generato invece le proprie occasioni (che comunque non son state poche) più a partire dalle palle perse in disimpegno dal Valencia (troppe) o da episodi.
Mourinho ha cercato questa pressione sulla difesa avversaria inserendo Benzema (che avrebbe caratteristiche diverse, ama venire incontro al portatore di palla, ma è pur sempre un attaccante), ma la svolta della partita è stata la seconda ammonizione (discutibile) ad Albelda. Emery ha reagito con un cambio intelligente, Banega per Mata: la priorità era mantenere densità in mezzo, e in più la pausa dell’argentino permette alla squadra di respirare. Nonostante l’inferiorità numerica, sembra un pareggio abbastanza saldo, ma ancora una palla persa in disimpegno, stavolta da Bruno, avvia il contropiede che finalizza Ronaldo per l’1-0, doppiettista nel finale.

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