martedì, dicembre 20, 2011

Collaborazione: Ecos38

"Ecos del Balón", il miglior sito spagnolo di calcio, mi ha invitato a partecipare all'ultima puntata di "Ecos38", il Podcast che analizza la giornata di Liga appena conclusa. Con Miguel Quintana, Marc Roca, Alejandro Arroyo e Carlos Rosende commentiamo le gare più importanti della giornata: Sporting-Espanyol, Osasuna-Villarreal, Sevilla-Real Madrid, Atlético Madrid-Betis, Athletic Bilbao-Zaragoza e Valencia-Málaga (io intervengo su queste ultime tre).

Qui sotto trovate il link. Il programma poteste ascoltarlo direttamente nella pagina oppure scaricarlo.

http://www.ecosdelbalon.com/2011/12/19/mundial-de-clubes-2230h-38-ecos-2300h/

L'Utopia si avvicina.


Il bello del calcio è anche il contatto fisico. Sentire l’avversario vicino, sudare e lottare con lui per uno stesso pallone, e poi, perché no?, provocarlo, dargli calcetti, trattenerlo, sussurrargli apprezzamenti su sua madre…tutto ciò ha sempre costituito parte del fascino di questo sport, e in particolare dei difensori sudamericani.
Perciò, quanto andato in scena ieri allo Yokohama Stadium va considerato un affronto alla tradizione di questo gioco: scesi in campo come tutti i fine settimana, i signori Bruno Rodrigo, Edu Dracena e Durval hanno avuto come unico fugace contatto con l’avversario la stretta di mano prima del fischio d’inizio. Dopo invece il tempo lo hanno passato a chiedersi chi diavolo dovessero mai marcare. E non appena cominciavano a considerare l’ipotesi di ritirarsi dal campo per mancanza di lavoro, ecco che il Barcelona aveva già segnato.

Se il Barça generalmente le semifinali le supera in modo discutibile (Ovrebo e l’espulsione di Pepe), ad ogni finale invece ci tiene a fare le cose in grande. Roma 2009 e Londra 2011 sono non a caso fra le gare migliori di tutta la gestione Guardiola, e la partita di ieri non fa eccezione, se non per la qualità minore (ma tutt’altro che bassa!) di un avversario forse poco abituato al giorno dopo giorno degli avversari europei e spagnoli del Barça, che ne seguono l’evoluzione da vicino e quindi non esitano a modificare il loro assetto abituale pur di trovare la giusta contromisura difensiva.
Il Santos non è sembrato nutrire eccessivamente questa preoccupazione, e si è presentato con le sue due punte più trequartista per giocarsela senza tante storie. Premettendo che non sono un esperto della squadra brasiliana, forse mantenere il terzetto offensivo non è stata la migliore idea.
Paulo Henrique "Ganso", della cui ostentata e anticonformistica lentezza mi dichiaro fan, può costituire un’arma difensiva in partite nelle quali la sua capacità di tenere palla permette alla squadra di raccogliersi nella metacampo avversaria, ma contro il Barça questa non è una strategia realistica. Privato di tale contesto, Ganso rimane soltanto un tizio che trotterella, e che difficilmente può darti qualcosa in ripiegamento o costituire un serio ostacolo alle linee di passaggio blaugrana nel primo pressing.
Se a questo aggiungiamo che il Barça col 3-4-3 già di suo è difficilmente difendibile sui cambi di gioco (perché le opzioni di passaggio da difendere in zona centrale son talmente tante che cambiando fronte un centrocampista catalano si trova quasi sempre libero), dover coprire in ampiezza con soli 3 mediani, una volta tagliati fuori Ganso-Neymar-Borges, diventa quasi impossibile. Forse un 4-4-1-1 più bloccato, con Ganso staccato dal centrocampo a supporto del solo Neymar avrebbe potuto limitare i danni. Forse.

Ipotesi che lasciano il tempo che trova viste le dimensioni della superiorità culè, e la non eccezionale rigidità difensiva dell’avversario non ha fatto che esaltare l’idea di Guardiola. A ragione si parla di idea, e non di modulo, perché è impossibile schematizzare, fissare in qualche formula numerica come gioca questa squadra. Non esiste lo schema, esiste il sistema di gioco, e all’interno del sistema non esistono i ruoli ma solo e soltanto il concetto di spazio. In fondo è quello che ha sempre contato, che gli spazi vengano coperti da tutta la squadra, e non conta a chi tocca rubare palla, a chi crossare e a chi concludere. Quelle sono forzature che non rendono giustizia alla complessità di un gioco nel quale non esiste una separazione netta fra difesa e attacco e ogni fase prepara l’altra.
Quindi tre difensori, cui non per questo viene impedito di aggiungersi al centrocampo in fase di costruzione, due ali in partenza molto larghe (ma un po’ meno rigide rispetto ai primi tentativi con questo modulo: ora nelle sporadiche occasioni in cui tagliano dentro sono Messi da un lato e Iniesta dall’altro ad allargarsi un po’, senza dimenticare gli spostamenti di Cesc) e il resto un caos super-organizzato del quale il Santos non ha capito nulla. 3-4-3? 3-3-4? 3-7-0 come dice Muricy Ramalho? Che importa, gli spazi erano comunque tutti loro.
Emblematiche le azioni del primo e del secondo gol: non si tratta di un semplice vezzo per dire “quanto sono figo che gioco senza ruoli”, è che se l’avversario non sa mai chi occuperà quello spazio, se nessuno lo presidia staticamente ma c’è comunque sempre qualcuno che vi si inserisce, difendere diventa un rompicapo.

Si può leggere la storia stessa della gestione di Guardiola come la corsa verso un livello sempre superiore di astrazione, anno dopo anno. Senza mai fare il passo più lungo della gamba, ma avvicinandosi pian piano all’utopia.
Ereditate le mollezze degli ultimi anni di Rijkaard, la prima preoccupazione fu quella del pressing e della profondità. Confrontato con quello di adesso, il Barça tanto mitizzato del Triplete era una macchina dalla complessità minima. Squadra che nell’elaborazione del gioco si limitava sostanzialmente al lato destro: Alves terzino, Xavi mezzala e Messi attaccante esterno. Da questa parte si dettano i tempi, si fraseggia più fitto, si attira l’avversario e si crea lo spazio per poi concludere sul lato sinistro, che si limita più ad attaccare lo spazio senza palla (Henry, Abidal). La variante per creare superiorità è Iniesta mezzala sinistra, che però fa più la differenza con le sue accelerazioni palla al piede che all’interno di un circuito sviluppato come quello del lato destro.
Un assaggio di quello che verrà lo si ha però nella funzione dei difensori, il cui ruolo specifico sfuma fino ad assumere le sembianze di centrocampisti aggiunti: Piqué e Márquez non solo cambiano gioco verso le ali come avveniva con Rijkaard, ma in maniera sempre più pronunciata fanno filtrare passaggi verso la trequarti e portano palla fino a dividere l’attenzione dei mediani avversari e liberare più spazi per Messi, Iniesta e Xavi.

La stagione dopo la tattica è molto condizionata dal problema-Ibrahimović, il cui inserimento si rivela infelice, costringendo Guardiola a soluzioni provvisorie come il 4-2-3-1 per liberare Messi nella celebre quaterna all’Arsenal e nelle altre ordinarie follie dell’argentino. È nella stagione scorsa, la 2010-2011, che Guardiola tenta un passo avanti sulla strada dell’astrazione con due mosse soltanto intraviste nelle stagioni precedenti.
La prima è l’ormai famosa "salida lavolpista". Di cosa si tratta? Ad inizio azione, il vertice basso del centrocampo retrocede fra i due difensori centrali per avere la superiorità sul pressing avversario, che solitamente prevede due attaccanti. Nel mentre, la posizione molto avanzata dei terzini permette alle due ali di accentrarsi e quindi guadagnare opzioni di passaggio in mezzo. Guardiola insiste su questo meccanismo nel primo mese, ma poi si accorge che non funziona, perché Busquets retrocede ma non dà un reale vantaggio sulla prima linea avversaria, fatica a superarla e ad aggiungersi poi a centrocampo, che è il momento in cui si concretizzerebbe il reale vantaggio di questo stratagemma. Pep torna sui suoi passi, e a una normale “salida” nella quale ai due difensori si avvicina di volta in volta una delle due mezzeali per ricevere.
Se Busquets “falso difensore” non ha successo, ha un successo clamoroso invece Messi falso centravanti in pianta stabile. Storia arcinota: nello spazio fra le linee i movimenti dell’argentino non solo risultano di difficile lettura, ma calamitano gli avversari liberando i compagni. A differenza dell’anno del Triplete, Messi al centro attiva entrambi i lati. In tutto il fronte offensivo, il Barça crea agevolmente situazioni di superiorità.
Infine, siamo alla cronaca. L’ultima evoluzione è il "3-3-quello-che-vi-pare". Cesc diventa un secondo falso centravanti, Iniesta un po’ mezzala un po’ trequartista un po’esterno, Alves terzino ala e centrocampista nel corso della stessa partita. Tutti, non più solo Messi, diventano un “falso qualcosa”. È la bugia meglio raccontata al mondo.

FOTO: elpais.com

Etichette: , ,

domenica, dicembre 11, 2011

La rincorsa continua.


Non è ancora il momento. Non si sa quanto per calcolo, non si sa quanto per spavalderia, José Mourinho stavolta ha deciso di giocarsela completamente alla pari. Cioè mettere in campo tutte le proprie carte, giocare con la stessa formazione che userebbe contro un Mallorca o un Racing, senza accorgimenti ad hoc come il Pepe a centrocampo della scorsa stagione. A viso aperto, pensava che il suo Madrid avesse raggiunto una maturità tecnica e psicologica tale da imporsi anche sul Barça. Facile dire a posteriori che si era sbagliato, trascurando che il primo tempo un po’ di ragione gliela stava dando, però alla lunga il Barça si è dimostrato ancora una volta più forte.

Maggior qualità (e per avere più qualità di questo Real Madrid ce ne vuole!) e maggior tenuta, più che dal punto di vista atletico dal punto di vista psicologico: subire gol al primo minuto, in quel modo poi, poteva aprire la strada ad un’umiliazione vera e propria (una delle tante che le due squadre si sono scambiate reciprocamente nella storia del Clásico), ma i blaugrana sono rimasti in partita fino a rimontare al Bernabeu. Ad oggi è difficile pensare a sviluppi del genere a parti invertite al Camp Nou: alla fine si è rischiato addirittura il quarto gol. Sarebbe stato tremendamente bugiardo, ma la sensazione concreta c’è stata, e testimonia della padronanza mostrata nella ripresa da un Barça pure tutt’altro che perfetto.

Alla vigilia c’era grande curiosità per le formazioni, da un lato per per vedere quale declinazione potesse assumere il modulo flessibile di Guardiola, dall’altra per vedere se Mourinho in qualche modo avrebbe “imbastardito” in chiave più difensiva il Madrid strabiliante di quest’ultimo periodo.

Alla fine la formazione del Barça è stata quella prevista nei commenti su questo blog da Flavio, ma la posizione in campo è stata diversa da come molti si aspettavano. Si pensava che Guardiola non avrebbe rischiato la difesa a 3 ma al tempo stesso non avrebbe voluto perdere i quattro palleggiatori in mezzo al campo: quindi Iniesta a sinistra nel tridente per poter stringere in appoggio alla manovra e liberare gli inserimenti di Cesc, “falso centravanti” insieme a Messi. Al tempo stesso Alexis Sánchez sarebbe rimasto largo a destra per tenere impegnato Marcelo e impedirgli sia di raddoppiare al centro sui trequartisti blaugrana, sia di avanzare alla sua maniera.

Invece niente: Iniesta va a sinistra sì, ma Cesc fa più chiaramente il centrocampista, e al centro dell’attacco ci gioca Alexis, muovendosi fra Pepe e Ramos. A destra ci va teoricamente Messi, ma la fascia in più di un momento risulta scoperta, costringendo Xavi ad allargarsi, movimento storicamente non alla portata del giocatore di Terrassa.

Dall’altra parte invece Karanka aveva annunciato il giorno prima un 4-3-3, e subito ci si era fatti un’immagine chiara di quella che sarebbe stata la condotta tattica del Real Madrid. Con 6 punti di vantaggio, perché rischiare di allungarsi per andare a pressare i difensori del Barça? Meglio aspettare all’altezza del cerchio di centrocampo, con tre centrali, due per limitare Xavi e Iniesta/Cesc, l’altro “libero” alle spalle che vigila lo spazio tra le linee, per impedire che Messi riceva e costringa magari uno dei due difensori centrali ad uscire (proprio quello che succederà sul gol dell’1-1). Invece no, Khedira a sorpresa fuori e dentro Özil, 4-2-3-1 duro e puro, a centrocampo doble pivote Lass-Xabi Alonso senza nessun terzo uomo a protezione della difesa. Coentrão a destra lo si era già visto a Gijón, ma la scelta compiuta da Mourinho, a scapito di Arbeloa, sorprende comunque.

L’azione-shock dell’immediato vantaggio madridista fotografa alla perfezione il contesto tattico dei primi 30 minuti. La linea dei 4 fra attaccanti e trequartisti del Madrid aggredisce le primissime linee di passaggio blaugrana che vanno da Valdés ai difensori. Benzema e Özil pressano Puyol e Busquets (retrocesso fra i centrali per dare una mano ad impostare), Cristiano su Alves, mentre anche l’esterno del lato opposto, Di María, stringe verso la zona della palla. Rimarrebbe quindi libero Abidal, e Valdés dovrebbe allargare su di lui per scavalcare questo pressing, come fatto tante volte, ma stavolta qualcuno gli ha messo il piombo nelle scarpe e esce un cosino strozzato che avvia il vantaggio madridista di Benzema, e scatena i sogni di “contro-manita” del pubblico del Bernabéu.

Alla fotografia dell’azione del vantaggio bisogna aggiungere il lavoro di Xabi Alonso e Lass. Mentre trequartisti e attaccanti agiscono sulle linee di passaggio, loro tendono a seguire più l’uomo, rispettivamente Xavi e Fàbregas. Fra Lass e Alonso (premettendo che Coentrão è impegnato da Iniesta e Pepe e Ramos da Alexis), ai loro lati e alle loro spalle, rimane uno spazio potenzialmente a disposizione di Messi. Il rischio del Madrid è quello di dover inevitabilmente lasciare margine di manovra all’argentino, dovendo concentrare il suo pressing già così alto sui difensori e i centrocampisti del Barça. Ma di questo si parlerà più avanti, perché per il momento sono i padroni di casa a fare la partita e intimidire l’avversario (anche se Messi al 6’ approfitta di una dormita di Ramos per costringere Casillas a una gran parata).

Xavi si vede sopraffatto, il pressing lo ricaccia esageratamente indietro e lui non sa che pesci pigliare. Tutto il Barça è contratto, e le iniziative di Messi palla al piede servono al massimo per sopravvivere, non certo per stabilire fasi di possesso prolungate nella metacampo avversaria. Il Barça non può ordinarsi come vorrebbe col pallone, e questo significa un susseguirsi a ritmi altissimi di transizioni da una metacampo all’altra nel quale il Madrid per caratteristiche si trova più comodo.

Infatti arrivano al 18’ un contropiede di Ronaldo (il tiro da fuori però è potente ma centrale) e al 24’ l’occasionissima che forse poteva chiudere tutto. Ancora una palla persa dal Barça mentre prova a distendersi, Marcelo che riparte, salta la debole opposizione di Alves e scucchiaia in profondità sul taglio di Benzema: il francese si porta via sia Puyol che Piqué, apre il Mar Rosso a Cristiano Ronaldo che però dal limite dell’area abbastanza incredibilmente storpia il destro.

Questo è uno dei pochi lampi di Marcelo, e dire che entrambe le squadre, visto come si schierano (il Barça senza attaccanti a coprire la destra, il Madrid con Cristiano che si accentra più che restare largo) avrebbero spazio per sfruttare i loro migliori terzini. Nessuno dei due lo fa, il Barça perché non può (se non riesce a distendersi coi primi passaggi non può dare nemmeno il tempo ad Alves di salire), il Madrid perché non si preoccupa troppo di cercare il suo geniale lateral, peraltro poco ispirato.

Al 29’ però Messi ci ricorda perché è il migliore del mondo. Si diceva di come lui potesse costituire la possibile via di fuga al pressing madridista…ebbene in un’azione concitata, fra Lass e Xabi Alonso che stringono spunta lui, chiede un semplice triangolo, parte e in un colpo solo salta un’intera linea avversaria. Ora è lanciato, ha campo e tempo per scegliere. Quelli che a questo punto qualunque cosa scelgano scelgono male sono i difensori di casa: con Messi che arriva palla al piede e Alexis che detta il movimento alle sue spalle, Ramos è preso tra due fuochi, idem Pepe, a quel punto Messi imbuca millimetrico, Alexis ruba il tempo sulla diagonale a Coentrão e fredda Casillas.

Proprio intorno a questi minuti Guardiola cambia e passa alla difesa a 3. In realtà non è la versione “estrema”, quella che si pensava troppo rischiosa alla vigilia: Alves avanza fino a duellare con Marcelo e lasciare tutto lo spazio centrale a Messi, Xavi, Fàbregas e Iniesta (quando si aggiunge), ma più che come ala rimane come quarto di centrocampo, risparmiando a Xavi gli spostamenti laterali in chiusura. Al tempo stesso Busquets si sobbarca un notevole lavoro, dovendo fare al tempo stesso il primo centrocampista e il quarto difensore. Ciò consente a Puyol di scalare per fare praticamente il terzino destro, e tutto il Barça può concentrare maggiormente le proprie attenzioni difensive verso quel lato, perché dall’altro il rischio del due contro uno contro Abidal è molto più ridotto. C’è un Di María generosissimo, a tratti incontenibile palla al piede, ma in più di un’occasione confusionario nelle rifiniture, ma c’è solo lui: Coentrão da terzino destro deve fare un po’ più di fatica per controllare e portare palla, e non può dare profondità.

Al 52’ la svolta: fortunatissima la deviazione di Marcelo sul destro al volo di Xavi da fuori area, palla in rete e gara in discesa per il Barça. Più che avere un calo atletico, il Real Madrid accusa la mazzata psicologica, e il campo si fa sempre più largo e sempre più lungo con quelli là che fanno girare palla senza nessuna fretta. Da un lato all’altro, e poi sbuca sempre qualcuno tra le linee. Se Messi è il giocatore decisivo, quello che tira fuori di peso dalle sabbie mobili del primo tempo, in questa fase si esalta Iniesta, che porta a spasso Coentrão (imbarazzante un controllo a seguire/dribbling lungo la linea del fallo laterale eseguito pizzicando la palla con la punta per scavalcare la scivolata del portoghese) e ogni volta che stringe chiede triangolo finta gira su se stesso risulta illeggibile per Lass.

Si avvicina con facilità sempre maggiore all’area merengue il Barça, anche se Cristiano Ronaldo si mangia un gol bello grosso al 64’, solo in area per il colpo di testa, sbucato fra i difensori blaugrana evidentemente usciti male per il fuorigioco dopo il calcio d’angolo. Un minuto dopo però il Barça trova addirittura il terzo gol, con un contropiede avviato da un Iniesta ormai col pilota automatico e rifinito da Messi, che libera Alves al cross per Cesc Fàbregas, che il suo inserimento in area (ancora una volta Coentrão fregato sulla diagonale) non lo fa mai mancare, in una partita che a dire il vero è stata quella più da centrocampista giocata finora. Più ordinata che ispirata.

Il Madrid reagisce inserendo Khedira ma soprattutto Kaká e Higuaín. Il leader offensivo (con Cristiano Ronaldo in latitanza) rimane Benzema, il migliore in campo del Madrid. Fenomenale il francese, sia in appoggio che in profondità: al 72’ ridicolizza Puyol, prima tagliando alle sue spalle sul lancio di Marcelo, poi rientrando e mandandolo culo a terra per liberare un destro che tuttavia finisce troppo largo a lato del secondo palo. Più ancora che Puyol (che in partite come queste un livello di competitività sufficiente te lo garantisce sempre) lo ha sofferto però Piqué, che quasi mai riesce ad anticipare e decifrarne i movimenti.

All’83’, su contropiede nato da un passaggio sbagliato da Xavi (mai brillante, mai veramente in partita, ha potuto respirare col pallone soltanto quando Messi e Iniesta gli hanno spianato la strada), c’è anche un sinistro di Kaká parato alla meglio da Valdés, ma ormai il Barça ha il pieno controllo.

Real Madrid: Iker Casillas; Coentrao, Pepe, Ramos, Marcelo; Xabi Alonso, Lass (Khedira, min.63), Özil (Kaká, min.58); Di María (Higuaín, min.68), Cristiano y Benzema.

Barcelona: Víctor Valdés; Alves, Piqué, Puyol, Abidal; Busquets, Xavi, Iniesta (Pedro, min.89); Alexis (Villa, min.84), Cesc Fábregas (Keita, min. 78) y Messi.


Goles: 1-0. Min.1. Víctor Valdés falla en un pase sencillo con el pie en su área y Benzema abre el marcador a los 25 segundos. 1-1. Min. 29. Alexis, de fuerte disparo, cruza el balón a Iker y empata a pase de Leo Messi.1-2. Min. 52. Marcelo desvía una volea de Xavi y marca en propia meta. 1-3. Min. 66. Cesc, de cabeza, a pase de Alves desde la derecha.

Árbitro: David Fernández Borbalán (Comité andaluz). Mostró cartulina amarilla a Xabi Alonso (26'), Lass (61'), Pepe (62'), Sergio Ramos (69'), del Real Madrid y a Alexis (27'), Messi (36'), Piqué (48'), del Barcelona.

83.500 espectadores en el Santiago Bernabéu.


foto: el pais.com

Etichette: , ,